Chiesa
San Giuseppe a Biancavilla tra riti, memorie e tradizioni popolari
Il 19 marzo d’altri tempi: “i virgineddi”, “i vastunedda”, “a ntinna”, il riso con ceci e finocchietti

A Biancavilla la devozione a San Giuseppe è testimoniata principalmente dalla chiesetta a lui dedicata (antica cappella dei baroni Piccione, costruita nel XVII secolo all’interno della corte del proprio palazzo, nel cuore del paese antico). Ma anche dal maestoso altare, a destra del transetto della Chiesa Madre (davanti al quale, in tempi passati, molte coppie desideravano sposarsi).
L’architetto Carlo Sada colloca una sua statua tra quelle dei santi tutelari della città nel primo cornicione laterale del campanile, prospiciente la grande piazza.
A lui (raffigurato insieme a Maria e Gesù) sono dedicate numerose edicole votive ricavate nella facciata principale delle case, segno della devozione di molte famiglie che vi si rivolgevano per ottenere protezione nelle immancabili vicissitudini quotidiane.
Dopo la proclamazione a patrono della Chiesa universale, a Biancavilla sorse la Pia Unione di San Giuseppe, che ne curò la festa. Sebbene oggi non sia più esistente, si presume che molti riti giunti fino a noi, siano stati incrementati proprio da questa aggregazione.
La festa di San Giuseppe che non c’è più
Nel nostro paese si svolgeva anche una rinomata festa in onore di San Giuseppe il 16 maggio: manifestazione agricola nel centro della primavera etnea, con una ricca fiera, il suo clou era rappresentato dalla processione dei simulacri della Sacra Famiglia lungo il tradizionale tragitto (‘u giru de’ santi).
Le statue venivano adornate di mazzi di fave che erano stati portati dai fedeli durante il giorno, da spighe di grano e da rose. Le messe che si celebravano in Chiesa Madre erano gremite fin dalle prime luci dell’alba. I devoti, per ex voto, portavano pane, pasta, riso, fave e altri legumi assieme a candele e fiori. Al termine della festa religiosa, veniva organizzata ‘a ntinna, l’atteso albero della cuccagna.
Il tutto sparì all’inizio degli anni ‘60, quando le statue presenti in Chiesa Madre furono interdette dalla curia di Catania. Un nuovo gruppo statuario (quello attualmente presente) fu offerto per grazia ricevuta dai coniugi Antonio Zappalà e Grazia Sangiorgio.
La tradizione de ‘i Virgineddi
Nella tradizione popolare erano in uso alcune pratiche che si compivano per devozione al Santo Patriarca. Il 19 marzo o il 16 maggio si invitava a pranzo un certo numero di giovinette (generalmente 12) chiamate ‘i virgineddi (le verginelle).
Dopo la messa in chiesa, a queste ragazze venivano offerte numerose portate (fino a tredici), dall’antipasto al dolce, proprio per sciogliere un voto fatto a San Giuseppe, protettore delle nubili. Spesso veniva invitato anche il prete, che generalmente dopo aver benedetto la tavola, non restava, ma portava con sé ogni ben di Dio.
Il riso di San Giuseppe
Altra usanza, arrivata anche ai giorni nostri, è quella di preparare del riso (cereale un tempo ritenuto poverissimo) con i finocchietti selvatici e i legumi che poi viene offerto alle famiglie del vicinato.
Nella chiesetta di San Giuseppe, in Chiesa Madre e presso l’Unione Operai, in piazza Roma, è tradizione distribuire il pane che viene benedetto dal sacerdote. Oggi il gesto è ripreso in tutte le parrocchie e anche presso molte famiglie.
I Vastunedda di San Giuseppe
Originale fino a qualche decennio fa era la tradizione dei Vastunedda di San’Gnuseppi. Quando un neonato cominciava a stare sui suoi piedi (fase preparatoria per camminare autonomamente), la mamma o una parente prossima (nonna o zia), preparava per nove giorni di seguito una pagnotta. A questa si dava la grossolana forma di bastone per offrirla al primo che visitava la propria casa in quella giornata e al quale veniva chiesto di recitare una preghiera affinché il bambino potesse al più presto camminare.
Il “bastone di San Giuseppe” racchiude in sé un duplice significato: il gesto di carità manifestato nell’offerta del pane al primo ospite della giornata e la preghiera al santo con la quale si chiede di aiutare il piccolo a muovere i primi passi e soprattutto di accompagnarlo nel cammino della vita. Una frase, molto eloquente a tal proposito, è citata nel disco sopra l’altare del santo in Chiesa Madre: Fac nos Dive Joseph patrocinio tuo tutam ducurrere vitam.
Una delle tante preghiere che circolavano una volta tra gli abitanti del nostro paese, recitava: San Gnuseppi gluriusu / ‘u ma cori è assai cunfusu / ppi Gesù c’aviti ‘mmrazza / cunciditimi sta razzia. / Cunciditimmilla a mia / vui ca siti spusu di Maria.
Tale preghiera per ottenere una grazia era seguita anche dal voto di compiere un’opera di carità, generalmente quella di preparare e distribuire il riso con ceci o macco di fave e i finocchietti selvatici che crescono abbondanti nelle campagne attorno al paese. Oppure quello di cogghiri ‘na missa (raccogliere i soldi per far celebrare una messa), in onore al Santo.

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Chiesa
Video-lettera al sindaco dall’oratorio Don Bosco: «Ti affidiamo i nostri sogni»
Amore e speranza per la città, Bonanno: «Il mio impegno perché ognuno sia orgolgioso di Biancavilla»

«Caro sindaco, chi ti scrive siamo noi, i piccoli della parrocchia Annunziata…». Una video-lettera indirizzata al primo cittadino di Biancavilla, Antonio Bonanno, al termine delle attività dell’oratorio inclusivo “Tu X Tutti”. L’hanno scritta i ragazzini dell’oratorio “Don Bosco” dopo tre settimane di incontri (aperti anche ai diversamente abili), laboratori nei quartieri, gite in montagna e al mare. Tutte le attività hanno ruotato attorno al tema centrale del “prendersi cura degli altri”.
E proprio queste riflessioni hanno portato i giovanissimi dell’oratorio a scrivere al sindaco per «raccontare la loro esperienza per le strade» di Biancavilla: «Tu Biancavilla la conosci bene, si sa, o non saresti Sindaco, ma possiamo dirti che per noi è stata una vera scoperta, anzi una riscoperta».
«Avere cura di ciò che ci sta attorno non è solo rispettare il creato e quanto ci è stato donato da Dio ma è anche conoscere questo splendido regalo e soprattutto imparare ad amarlo e a custodirlo», sottolineano i piccoli dell’oratorio.
E proseguono: «Biancavilla è una realtà che cresce come facciamo noi, con noi, ed è per questo che ci siamo finti degli esperti architetti e con l’aiuto di animatori ed educatori abbiamo immaginato un belvedere nuovo come simbolo della nostra città del futuro, pulita e a portata di tutti».
Lo sguardo al futuro
Da qui, lo sguardo rivolto al futuro: «Vogliamo una Biancavilla organizzata, ma soprattutto valorizzata, perché in fondo non possiamo solo essere influencer criticoni e senza sogni. Forse tra noi, piccoli cittadini che crescono, ci sono già dei futuri medici, avvocati e, perché no, prossimi sindaci e assessori. Non vogliamo crescere in un mondo che non ci appartiene ma, al contrario, vogliamo appartenere a questo mondo, ed è per questo che ci rivogliamo a te, caro Sindaco: per affidarti i nostri sogni, le nostre speranze e soprattutto i nostri progetti».
Già, la speranza dei piccoli cittadini di Biancavilla: «Abbiamo in mente una Biancavilla speciale, accogliente e bella, così come l’hanno trovata i nostri antenati quando l’hanno fondata. Se l’hanno chiamata Callìcari, “bella contrada”, ci sarà un motivo. Ecco, caro Sindaco, siamo ai saluti. Visto che tu hai le chiavi della nostra città e hai tante responsabilità nei nostri confronti vogliamo proporti un accordo: tu ci prometti che ti prenderai cura dei nostri alberi, delle nostre panchine, delle nostre strade, ma anche dei nostri anziani e delle nostre mamme, e noi faremo in modo che nella Biancavilla che erediteranno i tuoi figli ci sarà sempre un posto per chi vorrà renderla sostenibile e sicura, diventando proprio noi i suoi angeli custodi. Abbi cura di tutti noi! Con affetto, i tuoi piccoli grandi concittadini».
Bonanno: «Darò il mio impegno massimo»
L’appello dei piccoli dell’oratorio è stato subito accolto dal sindaco Antonio Bonanno, che ha definito la testimonianza “bellissima” e si è emozionato, apprezzando la loro «autentica volontà di essere cittadini attivi di Biancavilla, sempre propositivi e mai brontoloni».
E ha garantito: «Accetto con gioia di rinnovare, come mi chiedete, il mio impegno per la cura di strade, piazze e alberi e per i nostri anziani, le nostre mamme e i nostri piccoli. Darò il mio massimo, ragazzi cari, affinché ciascuno di voi possa essere orgoglioso di vivere in questa città. Grazie, ragazzi. Contate sempre su di me».
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