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Il vuoto ideologico e le radici recise: limiti della Sinistra biancavillese

Le parole chiave del Pd? Sono diventate quelle di una certa Destra: decoro, ordine e sicurezza

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Riparto dalle interessanti considerazioni di Rosario Di Grazia a proposito dell’anomalia elettorale biancavillese, raccogliendone il testimone virtuale. Rileggere oggi Calamandrei, come ci invita a fare, genera un immediato senso di sollievo, seguito però da una vertigine, a tal punto è lontana la realtà ideale dallo stato di cose attuale. L’impietosa fotografia di una competizione elettorale “squilibrata” – alla quale si aggiunge la clamorosa débâcle 5 stelle – mi sembra rispecchi in pieno un certo svuotamento ideologico delle (cosiddette) “opposizioni”, se non un vero e proprio “smottamento” verso destra. È un po’ triste vedere infatti come i temi caldi del confronto elettorale ricalchino gli stessi battuti dalla politica nazionale: ordine, sicurezza, decoro.

Tutti temi che, non me ne voglia il neo-candidato Ingiulla (a cui invio anzi i miei migliori auguri), restano punti di forza della Destra, perché esprimono le paure e le priorità di un elettorato conservatore. Ma chi tutela le fasce sociali deboli? Chi difende i Beni Comuni? E una forza politica che manca di queste parole d’ordine, a che titolo si definisce di “centrosinistra”? E in che misura funge da “opposizione”?

Oggi, di fronte alle bandiere della Destra, sotto alle quali si assiepano quelli che Ingiulla stesso definì “gruppi organizzati del consenso elettorale”, non sventola più nessuna bandiera rossa. La sinistra biancavillese – di cui proprio Ingiulla intonava il de profundis nel 2018 – sembra aver perso ogni contatto con le sue radici.

Che la politica locale non risponda alle ideologie è un tema noto. Tuttavia, credo che a furia di dirlo e ridirlo, stia diventando un comodo alibi per tutti. Invece io penso, o perlomeno mi piace pensare, che è proprio nei problemi concreti dell’elettorato che si devono mettere in campo gli ideali.

Ma la politica locale sembra invece vivere d’inerzia, come rassegnata a sé stessa, ormai perfettamente a suo agio in un clima “post-ideologico”. E senza più quel pudore minimo con cui mascherava le sue logiche clientelari.

Voler ricostruire l’opposizione in questo scenario è un compito arduo, e certamente lodevole, ma non può non passare attraverso il recupero fondamentale delle idee. Non basta limitarsi a ricompattare nuovi “gruppi organizzati di consenso” attorno a un nome. Il rischio è quello di far convergere il confronto elettorale non tanto sulle diverse “visioni di mondo”, quanto su una mera contrapposizione personale.

Mi torna alla mente, con una certa nostalgia, la campagna elettorale di 10 anni fa. In molti potranno convenire essere stata fra le più vivaci degli ultimi decenni. All’epoca, il nascente gruppo dei 5 stelle non aveva – questo era chiaro a tutti – nessuna clientela forte alle spalle, nessun “pacchetto” di voti da giocare. In una parola, non aveva alcuna speranza di inserirsi nella sfida fra Glorioso e Bonanno. Ma aveva qualcosa che a questi due mancava: idee nuove, entusiasmo e il coraggio (persino sfacciato) di mettersi in gioco democraticamente. E con la sola forza di queste idee contribuì a rivitalizzare una competizione elettorale altrimenti ingessata.

Resta emblematica la foto che ritrae le due sedie vuote di piazza Roma – quella dell’allora sindaco Glorioso e quella dell’attuale sindaco Bonanno – i quali si rifiutarono all’ultimo di incontrare la cittadinanza e gli altri candidati sindaci per un dibattito pubblico aperto. Qualcuno, evidentemente, aveva paura del confronto democratico. 

E sebbene all’epoca non si volesse/potesse dire, quella squadra ha avuto anche un altro merito che va riconosciuto. Quello di aver riacceso l’attenzione su tematiche profondamente di sinistra, dimenticate o tradite per lungo tempo proprio da chi avrebbe dovuto rappresentarle. Mi riferisco a temi come la difesa dei Beni Comuni, la salute, la sostenibilità ambientale, l’equità sociale.

Ecco alcuni dei grandi temi assenti nell’attuale campagna elettorale. Temi dai quali, chissà, forse Ingiulla potrebbe ripartire, rivolgendosi a quanti hanno a cuore un cambiamento degli equilibri sociali ed economici in paese, piuttosto di guardare a chi ha interesse a mantenere lo status quo.

Potrebbe parlare a quei ragazzi che sono andati via e dar loro un motivo valido per rientrare. Potrebbe parlare alle donne, ancora troppo spesso relegate in casa. O ancora, potrebbe parlare ai migranti, proponendo loro un’inclusione più attiva nella cittadinanza (magari ribadendo, a gran voce, che Biancavilla non si adegua alle vergognose politiche di questo governo!).

Ancora, piuttosto che parlare di sicurezza, potrebbe ricercare le radici del malessere sociale, guardando ai ragazzi come a forze future, e non solo come a pericolosi teppisti. La sicurezza, infatti, è solo fumo negli occhi. È il modo migliore per concentrarsi sugli effetti e mai sulle cause. Ma in questo c’è già la Destra ad essere maestra, come sperare di far meglio di lei?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Bonanno 8 – Ingiulla 1: lo “squilibrio” che non giova alla politica locale

La presentazione delle liste ha mostrato un “deficit democratico”: rileggiamo Calamandrei

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Scaduto il termine per la presentazione di liste e candidati alle elezioni amministrative, a Biancavilla si è ufficialmente delineato un quadro politico locale inedito e, per me, “preoccupante”. Da una parte la candidatura del sindaco uscente, Antonio Bonanno, con ben otto liste a suo sostegno. Dall’altra, la candidatura dello sfidante, Andrea Ingiulla, sostenuto da una sola lista. Qualcosa che a mia memoria non credo sia mai accaduto.

Come e perché si è arrivati a questo punto, quali siano le cause di questo così evidente “squilibrio”, di chi e in che misura ne siano le eventuali “responsabilità” spero siano argomenti oggetto di dibattito pubblico.

Ciò che oggi credo sia importante sottolineare è che questo “squilibrio” non giovi alla democrazia, alla politica e al governo di Biancavilla. Potrebbero sembrare considerazioni banali e scontate. E forse lo sono. Ma non mi risulta che sinora qualcuno si sia o abbia posto questa questione al centro del dibattito politico-amministrativo locale.

Credo allora che possano giovare ad una riflessione, che politici locali, candidati, cittadini e società civile dovrebbero fare, le parole che un maestro della filosofia, del diritto e della politica proferisce a proposito della vita democratica parlamentare. Ma credo possano benissimo trasporsi a tutti i livelli di governo della comunità civile e della sua rappresentanza democratica, e che andrebbero scolpite nelle nostre menti.

«Un Paese è democratico se…»

Così, Piero Calamandrei ci ricorda che «se la opposizione intende l’importanza istituzionale della sua funzione, essa deve sentirsi sempre il centro vivo del parlamento, la sua forza propulsiva e rinnovatrice, lo stimolo che dà senso di responsabilità e dignità politica alla maggioranza che governa» (Il Ponte, 1948).

Perciò «un Paese è democratico non se ha un governo (…) ma lo è solo se ha un’opposizione. Quanto più vigorosa e credibile è l’opposizione, tanto più democratico è il Paese» (A. Martino, Libero, 2007).

Inevitabilmente, quindi, questa sorta di “deficit democratico” porta anche la maggioranza di governo della città, che si avvia ad avere numeri “bulgari”, ad adagiarsi sugli allori della sua superiorità numerica. E a contravvenire a quell’insegnamento che ancora una volta ci dà Calamandrei: «La maggioranza (…) bisogna che sia una libera intesa di uomini pensanti, tenuti insieme da ragionate convinzioni, non solo tolleranti ma desiderosi della discussione e pronti a rifare alla fine di ogni giorno il loro esame di coscienza per verificare se le ragioni sulle quali fino a ieri si son trovati d’accordo continuino a resistere di fronte alle confutazioni degli oppositori».

Queste poche righe spero rendano l’idea di quanto importante sia per il governo della cosa pubblica avere un’opposizione quantitativamente e qualitativamente all’altezza dell’onorevole e oneroso compito di sentinella democratica e del buon governo. E di quanto la presenza di questo tipo di opposizione giovi all’essenza di una maggioranza che sappia ascoltare e apprezzare critiche e osservazioni ricevute e migliorarsi partendo da quelle critiche e osservazioni. Ne guadagna l’opposizione, ne guadagna la maggioranza. Ma soprattutto ne guadagna Biancavilla e, quindi, tutti noi.

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