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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

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«W Maria» tra distrazioni e frastuoni: non è più tempo di preghiere sottovoce

Biancavilla in festa per la Madonna dell’Elemosina: breve “cronaca” alternativa di una persona devota

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© Foto di Michele Furneri

Una piazza distratta. Non piena, ma disattenta. Troppe cose, tutte insieme. Luci, campane, il vescovo che fa la sua preghiera, invoca umiltà all’interno della Chiesa, chiede pace e rispetto nelle famiglie, auspica maggiore armonia col creato e con Dio… Nel frattempo, ancora campane, banda, musiche assordanti da potenti altoparlanti (ma di canti sacri!!!).

Il sindaco fa nuovamente il suo saluto, non era preparato forse. I cantanti… devono cantare l’Ave Maria: «Prova… prova. Scccc… si sente».

Scout che salutano, confrati che non sanno quale strada prendere: scorciatoia o giro lungo, visto che sono quasi le nove e mezzo? Alla fine, giro lungo perché la sfilata deve passare sotto l’arco di luminarie.

Intanto, dall’altoparlante: «W Maria…». Ah, vero: la Sacra Icona, che da diversi secoli (forse non proprio da 500 anni, ma questo è un dettaglio) fa la storia religiosa del nostro paese, è lì davanti al sagrato. Una volta, questo sarebbe stato il momento per rivolgere a Lei una preghiera. Sottovoce. Col cuore. Semplicemente. Una preghiera.

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