Cultura
Biancavilla nel Risorgimento con Angelo Biondi e Placido Milone patrioti
Un’epoca di tensioni sociali e lotte di classe: nuovo libro di Alfio Grasso per “Nero su Bianco Edizioni”
Un nuovo ed importante studio su un’epoca di tensioni e lotte di classe, che collocano Biancavilla tra le città siciliane più irrequiete. A condurlo è Alfio Grasso, che per “Nero su Bianco Edizioni” ha indagato fatti e personaggi del periodo che va dal 1820 al 1860. Un racconto avvincente sulle dinamiche sociali, politiche, economiche e la ricostruzione di eventi e personalità.
Spiccano quelle di Angelo Biondi e Placido Milone, con il loro impegno umano, ideale e politico per la causa risorgimentale, nel nobile intento di liberare la Sicilia dal dominio borbonico e conquistare l’Unità d’Italia.
Si intitola “Patrioti del Risorgimento di Biancavilla” il volume dato alle stampe dalla casa editrice diretta da Vittorio Fiorenza.
Attraverso documenti d’archivio e studi storici (a partire dalla monumentale monografia di Giuseppe Giarrizzo), l’autore offre un’analisi accurata, evidenziando di volta in volta contraddizioni e opportunismi nelle scelte operate da chi, di quegli anni tumultuosi, fu protagonista.
Scelte che definirono il carattere identitario dell’intera comunità biancavillese, formandone gli elementi distintivi, in modo così profondo da resistere ancora oggi.
All’età di 93 anni, Alfio Grasso conferma con questo suo ennesimo volume la sua passione per la ricerca storica, che affianca sempre ad un’attenta argomentazione.
Per Nero su Bianco Edizioni, Alfio Grasso ha pubblicato anche “Biancavilla contro il Duce. 23 dicembre 1923, la prima sommossa popolare antifascista” (2021), “Antonio Bruno, letterato e politico” (2020) e “Antichi versi contadini. L’agricoltura nella poesia dialettale di Placido Cavallaro (1784-1866)” (2018).
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Cultura
W San Placido: il santo del popolo che almeno per un giorno ci rende comunità
Il Patrono di Biancavilla: di fronte a tradizioni ridotte a farsa, l’unica certezza resta quella del 5 ottobre
In un tempo di storiografie deboli, di identità incerte, di farse battezzate a tradizioni, il biancavillese ha in sé una sola certezza: il 5 ottobre viene san Placido. E non se ne fa, se il programma civile (dopo quello delle funzioni) quest’anno si intesta con un generico e mostoso “Ottobre in festa” (bisognerebbe capire cosa abbia fatto derogare all’attesa e gioiosa “Festa di San Placido” l’ibrida locuzione dall’indifferente gusto oltralpino, considerando che gli eventi in programma iniziano a fine settembre e non vanno oltre la prima settimana del mese successivo).
Ma San Placido, si sa, è festa di città. La festa. Di questa città. Il Benedettino non è santo di giaculatorie, litanie e piagnistei. È quasi impossibile, infatti, trovare un concittadino che conosca due righe, due, di una qualche preghiera dedicata al Patrono. Non a caso l’omonima novella di Federico De Roberto, ambientata a Biancavilla, ha avvio nel palazzo comunale e non in chiesa (si veda il volume pubblicato da Nero su Bianco Edizioni). Infatti, a differenza degli altri protettori, il martire è il cuore collettivo della società che si rigenera: il solo che per esistere non ha bisogno di ancoraggi alla fondazione.
Una festa di tutti, nessuno escluso
Santo ghibellino e socialista, di popolo: mette tutti d’accordo. Nessuno si sente escluso dalla festa. Tra un pasto luculliano e un vestito nuovo, una luminaria e uno sparo, una bancarella e un cantante, una crispella e un pezzo di torrone, in un giro di giostra, ce n’è per tutti. Si capisce che il culto di Placido risulta funzionale a un certo clericalismo, mentre non si dà per scontato il contrario.
Duole, però, che le tradizionali mongolfiere siano sparite al seguito della corsa dei cavalli, e la fiera del bestiame non ritorna a prendere posto, seppure rivista, nel calendario: quanto sarebbe atteso per i più piccoli, ad apertura di festività, un evento di promozione all’adozione degli animali e di conoscenza delle specie protette del Parco dell’Etna, quando le politiche degli ultimi governi si muovono a favore di educazione e terapia con gli animali.
Il Santo “civile” lontano da ori e pompe
È figura identitaria pop quella di Placido. Rifugge da ori e da pompe. Accondiscende alle messe, ma resta il Santo civile. E mantiene carattere del divino nella più occidentale delle tradizioni: quella di avere vizi umanissimi, ricorrere a una padella per difendere la sua salsiccia, facendo nero l’omologo adranita, e si tiene caro il territorio dal quale non accenna ad allontanarsi, pena mollare una gran pedata ai limitrofi trafugatori. Quanti nonni raccontano, ancora, queste vicende ai nostri occhi incantati di pargoli di sempre.
Santo del mito, più che del rito. Nel mutamento demografico e nell’ibridismo culturale, la sua festa – cerniera tra le stagioni e spartiacque dell’agenda nostrana – si perpetua e ci fa comunità. Per un giorno. E dai vecchi barbanera della Penisola ai calendari rurali riemerge Biancavilla nel novero delle feste nazionali, per il suo San Placido. Lo stesso al quale era intestata la prima banca popolare di microcredito: “Cassa rurale San Placido”.
Ma oggi, per una decina di minuti, per noi, i botti non saranno quelli dei notiziari atroci, della gragnuola che si abbatte nel medio oriente e nell’est dell’Europa. La disperazione anche per quest’anno è rimandata. E sarà bello trovarci ancora a mezzogiorno, senza classi, senza titoli, senza miseria all’uscita festosa del monaco rubicondo, con l’istinto condiviso di afferrare un rettangolino di carta colorata e leggerci: “W San Placido”!
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