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L'Intervista

Andrea Ingiulla: «Io non mi rassegno, farò una bella battaglia di democrazia»

«Siamo alternativi alla politica dei “capitani di ventura”, la città è una giungla: sicurezza punto cruciale»

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Amministrative 2023: un appuntamento che si avvicina. Cominciamo il nostro giro di interviste con Andrea Ingiulla, candidato a sindaco del Partito Democratico. Un colloquio serrato con lo sfidante di Antonio Bonanno, la cui firma è nota ai nostri lettori per i contributi proposti sulla rubrica “Detto tra blog”.

Ingiulla, quindi possiamo affermarlo: un collaboratore di Biancavilla Oggi è candidato sindaco…

Ne sono molto onorato. Ho scritto diversi interventi su Biancavilla Oggi, soprattutto sull’urbanistica e sul Piano Regolatore, ma anche sulla movida e qualche riflessione politica.

Il primo articolo a sua firma, apparso sul nostro giornale, è datato 2 luglio 2018. Se lo ricorda il titolo? “A Biancavilla la sinistra è scomparsa e la Politica ormai è morta da anni”. Un’analisi vera quanto spietata.

Vero. Partiamo da lì.

Partiamo da lì, dal più basso risultato della storia racimolato dalla sinistra.

Cinque anni fa abbiamo avuto il candidato sindaco del Centrosinistra, Carmelo Mignemi, che poi ha dichiarato di non essere un uomo di sinistra. Tutti quelli che erano con la Giunta Glorioso si sono spostati in blocco sul candidato Antonio Bonanno. In quell’articolo di Biancavilla Oggi non a caso parlavo di “capitani di ventura”. La politica a Biancavilla si è ridotta a questo: ci sono gruppi organizzati che si spostano a seconda degli interessi (legittimi) da uno schieramento all’altro con i loro pacchetti di voti.

Perché la scelta di candidarsi come primo cittadino?

Non posso rassegnarmi all’idea che la politica sia diventata quella cosa che descrivevo nel 2018. E i cinque anni passati sono stati un “vivere alla giornata”. Mi è capitato di parlare anche con qualche consigliere di maggioranza, avendo conferma che si va al palazzo comunale senza sapere che fare. Non c’è una progettualità, non c’è l’idealità di una volta. Un tempo c’erano dei personaggi politici (i vari D’Asero, Calaciura…) che, al di là delle rivalità, erano punti di riferimento. Oggi esiste il portatore di voti, che s’inventa e diventa “personaggio politico”, fa e disfa qualsiasi cosa. Non penso di rassegnarmi ad una condizione del genere.

E quindi, ecco proporsi alla guida della città.

Il percorso parte da più lontano, da quando cioè abbiamo allestito il progetto del movimento civico “Biancavilla che vogliamo”. Abbiamo ragionato su alcuni temi, ognuno (da Alfio Distefano del Pd a Dino Asero del M5s o a persone comuni) ha dato il proprio contributo. È scattata in me, così, la voglia di esserci per contrastare un clima di rassegnazione spaventoso. Diamo un’alternativa a chi non si rivede in questo modo di fare politica.

Di solito sono i familiari più stretti ad essere restii. Sua moglie e i suoi figli cos’hanno detto quando hanno realizzato che lei si sarebbe candidato?

La mia famiglia vive questo mio impegno come una bella battaglia di democrazia. Non abbiamo nulla da temere. Se i cittadini sono soddisfatti dell’amministrazione Bonanno, lo riconfermino e auguri. Noi faremo la nostra campagna di democrazia.

Dopo l’annuncio della sua candidatura, le ha chiamato il sindaco Antonio Bonanno?

Sì, certamente. Mi ha mandato un messaggio per augurarmi una buona campagna elettorale. E io ho ricambiato l’augurio.

Lei, dunque, candidato della sinistra. Ma con un passato di assessore nella Giunta del primo sindaco di destra di Biancavilla, Mario Cantarella. È un’esperienza che rivendica, rinnega oppure oggi è motivo di imbarazzo?

Non la rinnego affatto. Anzi, la ringrazio per la domanda perché mi consente di ripercorrere la mia storia politica. Io nasco socialista: a 26 anni ero segretario del Psi di Biancavilla. Ho cominciato all’università, quasi vicino alla laurea. Mio padre, bracciante agricolo, era di tradizione socialista. Ai tempi della scuola, tra Rosa Luxemburg rivoluzionaria ed il revisionismo di Bernstein, mi sentivo più un moderato riformista…

Da Eduard Bernstein a Mario Cantarella come ci arriva?

Dopo il tracollo socialista, nel 1994 sostenemmo Pietro Manna e nei “Progressisti per Biancavilla” ci fu un nostro candidato (il geologo Placido Ventura). Poi, i gruppi di Rifondazione Comunista e dei socialisti entrarono in collisione con il sindaco Manna. Nel ’98 fui candidato alla Provincia come indipendente nella lista di Rc e appoggiai Giuseppe Furnari alle Amministrative. Alla fine del secondo mandato di Manna, nel 2003, coerenti con la linea di opposizione a quell’esperienza e, quindi, alla candidatura di Pippo Glorioso a sindaco, noi socialisti formammo una lista civica, collocandoci nello schieramento di Centrodestra che sosteneva Mario Cantarella.

Una lunga storia su cui possiamo aprire un’infinità di link.

Certo che è una storia lunga. Con Mario Cantarella c’era e c’è tutt’ora un rapporto di stima personale incredibile. Con lui sono stato assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici per tre anni e mezzo. Un’esperienza molto prolifica.

Torniamo all’età contemporanea. Il vento politico in questa stagione soffia forte a destra e la sinistra deve fare tanto tanto gioco di recupero. Ogni sindaco uscente parte avvantaggiato e la sua maggioranza non ha perso pezzi, ma li ha pure acquisiti. E quindi, “chi te lo fa fare?”: quanti le hanno rivolto questa domanda?

Un sacco di persone, un sacco di volte. Tutti mi dicono “hai coraggio”, ma faccio una campagna di democrazia, lo ribadisco.

“Il coraggio di crederci” è il suo slogan. Non è casuale: sente la necessità di motivare le truppe.

Certo che sì. Sono convinto che a Biancavilla ci sia una maggioranza silenziosa di persone con l’intenzione di restare a casa, indifferente, o di accodarsi al cugino che si presenta. Invece è necessario porsi il problema di chi governerà per i prossimi cinque anni.

Dalla sua parte, oltre al Pd, quante liste avrà?

Oltre al Partito Democratico, ci sarà sicuramente la lista civica “Biancavilla che vogliamo”, nata da quegli incontri tematici che abbiamo organizzato. E poi vedremo quale sarà la posizione dei Cinque Stelle. Se riusciranno a fare una lista, mi auguro che vengano con me.

Perché i Cinque Stelle – nati a Biancavilla con una vocazione anti-Pd – dovrebbero accodarsi con la vostra parte, dove si trova intatto lo stesso gruppo dirigente degli anni passati?

A Biancavilla la scelta è tra la coalizione Bonanno, un “fritto misto”, accozzaglia, maggioranza variabile che dir si voglia, ed un fronte alternativo rappresentato dal nostro schieramento. Altrimenti rassegnarsi all’irrilevanza.

Ma la storia del Pd e dei 5s, a Biancavilla, è la storia di due universi paralleli. Come si cancellano fatti e percorsi, politici e personali, di radicale antagonismo? L’unico collante si riduce all’essere anti-Bonanno?

No, non è solo questo. Nel percorso di costruzione del nostro movimento civico ci siamo trovati a discutere con loro degli stessi temi e con le stesse posizioni. Non si può rimanere cristallizzati nella stesse posizioni. Il momento storico impone essere coalizzati contro questa destra. Grillo era quello del “vaffa” contro tutti, ma poi si è alleato.

Per un momento viaggiamo con la mente fino al 29 maggio: immaginiamo lei sul palchetto di piazza Roma a festeggiare la sua elezione. La vediamo in fascia tricolore: auguri per l’inaugurazione di una nuova stagione amministrativa. Immaginiamo ora lo scenario opposto: Bonanno vince e lei è chiamato a guidare l’opposizione. Può assumere, fin da adesso, l’impegno di garantire la sua presenza in aula, senza turnover, studiando le carte, avanzando controproposte e facendo le pulci a chi amministra?

Certamente sì. L’obiettivo minimo – se dovesse andare male la mia elezione a sindaco – è quello di ricostruire una opposizione a Biancavilla, che per motivi vari non c’è stata. E fare una politica seria e sana.

Ecco, appunto: l’opposizione a Bonanno è stata inesistente, non ha prodotto alcun atto di dissenso e di contrapposizione degno di nota, ha rinunciato persino a presentare emendamenti ai bilanci (cosa inaudita) e tra le sue fila ci sono consiglieri con l’Oscar del più alto assenteismo della storia consiliare. Le ho fatto un elenco oggettivo (e assai incompleto), non è un’opinione.

Sono stato il primo a dire che non c’era la voce dell’opposizione a Biancavilla. Dobbiamo dire, però, che da quando è subentrato in Consiglio Alfio Distefano le cose sono cambiate in termini di attivismo, di interrogazioni e mozioni presentate, di partecipazione alle sedute. Chi non l’ha fatto, forse avrà avuto propri impegni…

Al punto da assentarsi per buona parte delle sedute in cinque anni? Esiste l’istituto delle dimissioni.

La penso esattamente come lei, su questo non ho dubbi. Se io avessi impegni tali da non potere svolgere il mio mandato, mi dimetterei e lascerei spazio ad altri.

La questione “sicurezza” lei la mette in alto alle priorità. Con una coincidenza svizzera sia lei che Bonanno, nello stesso istante, avete chiesto l’intervento del prefetto. Da un esponente del Pd ci si aspetta tutt’altro approccio rispetto ai temi (ordine e sicurezza), tipici della narrazione di Fratelli d’Italia e Lega. O no?

Io penso che non siano valori di destra, ma rappresentino beni trasversali che appartengono a tutti. Dovremmo pensare, allora, che la mancanza di sicurezza in un paese amministrato dalla destra sia una contraddizione in termini.

Biancavilla paese insicuro oggi? I primi a sorprendersi sono stati i carabinieri, mostrando come il numero di reati, statistiche alla mano, sia calato vertiginosamente rispetto al recente passato. In anni non lontani, la mafia aveva ripreso a sparare in strada, i furti in abitazione avevano connotati da “arancia meccanica” e i bancomat venivano sradicati con assalti in stile “libico”. Accadeva nella #bellabiancavilla, senza nessuna forza politica a porre la “questione sicurezza”.

Sono impegnato in prima persona e oggi avverto tale “questione”, lanciando l’allarme. Se io e il sindaco, in modo del tutto casuale, nello stesso momento, ci siamo rivolti al prefetto come naturale interlocutore è perché c’è un’esigenza di un maggiore controllo del territorio. La “questione” che pongo io va al di là della “spaccata” ripetuta, subita da un negozio. È da tempo che parlo di una tematica che mi sta a cuore. Il problema vero è la giungla in cui si trova la città dopo una certa ora. Si tratta di un fenomeno legato alla vita notturna dei giovani.  

Le risse, la movida disordinata, l’inciviltà diffusa hanno attraversato tutti i colori delle Giunte comunali. Questioni politiche e amministrative, ma prima ancora sono questioni sociali che richiamano ad un dramma educativo, nel quale famiglie, scuole, parrocchie, oratori sono attori e non spettatori. Quale è la sua ricetta?

Il problema che noi abbiamo sviscerato parte proprio dalla povertà educativa dei giovani. Non si risolve tutto con un’ordinanza, ma con una serie di interventi che partano dalle scuole e dalle parrocchie per una vera sensibilizzazione. Ma a questa vanno aggiunti il controllo e la repressione. Dopo le 21, qui non c’è un’anima viva. E se si lascia un paese abbandonato a se stesso, è chiaro che questi fenomeni di inciviltà e violenza è più facile che si verifichino.

Quali interventi, in concreto, dunque?

La deterrenza è data dalla presenza dello Stato, in questo caso del Comune. Quando i carabinieri fanno i controlli, lo vediamo cosa esce fuori: gente senza patente, senza assicurazione. Se ci sono problemi di personale, si prendano vigili urbani “a scavalco” e si paga loro lo straordinario. Oppure si faccia una diversa organizzazione dei turni della polizia locale. Si faccia un’isola pedonale per alleggerire la pressione del centro storico nelle serate di maggiore afflusso. Prima o dopo, insomma, questo fenomeno bisogna regolamentarlo e quantomeno arginarlo perché ci sia un ambiente vivibile.

Ingiulla, ci indichi altri due pilastri portanti del suo programma.

Pulizia del territorio e manutenzione, che mancano del tutto. Mi sono fatto una passeggiata in via Vittorio Emanuele. Il salotto di Biancavilla fa schifo. La sporcizia che c’è è tanta. Strade piene di rifiuti e sudice: macchie di olio, di liquori, di vomito ovunque. Occorrerebbe fare rispettare gli obblighi contrattuali alla ditta. Se si leggono i contratti, la ditta dovrebbe tenere pulita la città, dallo spazzamento allo scerbamento, dai parchi al cimitero. È stata mai applicata una penale? Non credo. La spazzatrice, per ragioni legate all’amianto, non si usa. Oggi la pulizia è affidata alla buona volontà di un netturbino. Ma con scopa e ramazza si può pulire un paese? Perché non usare un’idropulitrice come accade al mercato di Catania? L’opposizione aveva tentato di fare questa proposta, ma i consiglieri non sono stati nemmeno degnati. Altro che destra, siamo di fronte ad un muro di gomma.

Manutenzione, altro capitolo. Altra passeggiata?

Sì, sono stato alla villa comunale. È tutto distrutto. Sapete perché? Perché la villa resta aperta giorno e notte. Non c’è un custode. Della scritta “I love Biancavilla” che era stata installata non c’è traccia. Ma la manutenzione non si riferisce solo alla villa. La mia idea è avere una squadra di manutentori capaci di un pronto intervento. Altro punto riguarda le telecamere per la videosorveglianza perché se non vigiliamo, tutto viene distrutto e possiamo spendere tutti i soldi che vogliamo. Inutilmente.

Volendo lanciare un guanto di sfida al sindaco Bonanno, su quale campo vorrebbe che avvenisse la disputa?

Un campo che mi appassiona particolarmente è legato alla mia formazione professionale: l’urbanistica. Sul Prg c’è un paradosso. Abbiamo fatto un piano nostro, come Comune di Biancavilla, che poi è stato bistrattato dalla Regione. Piuttosto che insorgere il Comune, è successo l’assurdo. Laddove i cittadini sono stati costretti a fare ricorso, il Comune di Biancavilla si è costituito contro, spendendo 30mila euro di avvocato per andare a difendere le ragioni di chi? Dell’assessorato regionale che aveva stravolto il nostro Prg!

Abbiamo sentito lei, sentiremo ovviamente anche Bonanno. Facciamo da staffetta: ponga lei la prima domanda dell’intervista al sindaco.

Visto che avete bocciato le proposte dell’opposizione, quali sono le iniziative concrete che intende adottare per arginare il fenomeno della “mala-movida”?

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Cultura

Carmelo Bonanno: «Biancavilla e quel 2 giugno 1946, il ritorno alla democrazia»

L’autore di Nero su Bianco Edizioni:: «I valori dell’antifascismo e della libertà vanno difesi ogni giorno»

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La caduta del fascismo, la fine della guerra, le macerie materiali e morali. Un paese da ricostruire. Biancavilla vive gli eventi con una partecipazione corale per ricostituire i partiti e svolgere le prime consultazioni elettorali, dopo la dittatura ventennale di Benito Mussolini. Carmelo Bonanno racconta gli eventi dell’immediato dopoguerra nel volume “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia”, pubblicato da Nero su Bianco Edizioni. Una ricerca ricca di testimonianze, che in quel 2 giugno 1946 vede la data cruciale per costruire un futuro carico di speranza, nel segno della libertà e del progresso.

Bonanno, quello è un giorno che ci restituisce la democrazia. Biancavilla come arrivò alle prime elezioni e al referendum del ‘46?

Biancavilla, a differenza dei comuni limitrofi, non conobbe la devastazione del suo territorio perché non subì i pesanti bombardamenti alleati di fine seconda guerra mondiale. Secondo i democristiani dell’epoca il merito fu di padre Antonino Arcidiacono e di altri due suoi amici carissimi che andarono a Piano Rinazze, dove erano stanziati gli Alleati, e mediarono con loro affinché Biancavilla fosse risparmiata. Secondo i comunisti del tempo, invece, furono i tedeschi che, notata la forte opposizione di Biancavilla, preferirono abbandonarla per evitare di rallentare la fuga dalle truppe alleate. Non sappiamo quale delle due versioni corrisponda a verità, magari in entrambe c’è del vero. Resta il fatto che Biancavilla arriva all’appuntamento elettorale in un quadro di maggiore “stabilità”.

Oggi ricorre anche l’anniversario del referendum istituzionale nel quale gli italiani si espressero a favore della Repubblica come forma di governo, anche se a Biancavilla – come in tutto il Mezzogiorno – la maggioranza scelse la Monarchia…

Sì, ma è anche vero che il risultato repubblicano a Biancavilla fu notevole perché la media siciliana di voti per la Repubblica era del 35% mentre a Biancavilla ottenne quasi il 49%.

Alle Amministrative dell’aprile 1946, a Biancavilla, la Democrazia Cristiana dominò conquistando 24 seggi su 30 in Consiglio Comunale ed eleggendo il farmacista Salvatore Uccellatore come sindaco, confermando poi il netto vantaggio sugli altri partiti anche alle elezioni dell’Assemblea Costituente del 2 giugno successivo. Biancavilla era (ed è) democristiana?

Sì, certo, Eccezion fatta per la parentesi comunista di Peppino Pace, la Dc seppe sempre rigenerarsi e governare, di fatto fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica.

Oltre a padre Arcidiacono e a Salvatore Uccellatore quali furono le altre personalità di spicco della Dc locale in quegli anni iniziali dell’Italia repubblicana?

Ebbero un ruolo importante Filippo Leocata, medico, e Alfio Minissale, ingegnere, impegnato nella formazione della classe dirigente giovanile dello Scudocrociato. 

Che ruolo ebbero il clero e la Chiesa nel successo democristiano?

Un ruolo fondamentale. Esercitato anche attraverso la costituzione di iniziative associative quali quelle dell’Azione Cattolica, degli Uomini Cattolici e delle Donne Cattoliche. E di un comitato in cui ebbero un ruolo di prim’ordine padre Giosuè Calaciura e Salvatore Uccellatore, prodigatisi per venire incontro ai bisogni dei biancavillesi.

E le donne, appunto, che per la prima volta ebbero diritto di voto?

Le donne giocarono un ruolo importante già durante il periodo della guerra: diedero sostegno economico e sociale, anche tramite la Chiesa, ai bisognosi e alle vedove di guerra. La loro azione politica fu funzionale alle loro opere di carità e assistenza, poi ricambiate in voti per la Democrazia Cristiana. Fornirono spesso un contributo decisivo, convincendo le donne a votare Dc in contrapposizione al Pci.

La sinistra biancavillese, “minoritaria” ma comunque con un consenso significativo, percorse una strada ben più accidentata. Perché?

Perché, tra le altre cose, ci fu una “scissione” tra la corrente dibenedettiana e il resto del partito. E i comunisti, scomunicati, subirono una notevole pressione “interna” ed “esterna”. Lo stesso Di Benedetto, di professione riparatore e noleggiatore di biciclette e allora segretario della Camera del lavoro locale, fu accusato – secondo le testimonianze dell’epoca – di aver rubato parte degli pneumatici inviati dal sindacato provinciale. Pneumatici all’epoca utilizzati non solo per le bici ma anche e soprattutto per creare le suole delle scarpe. Da lì capì che era stato preso di mira e che fosse un capro espiatorio e si allontanò dal partito, che di fatto si “riunificò”.

La lotta di classe nel nostro territorio portò anche all’occupazione delle terre. Che risultati ottenne?

Contraddittori. Perché, a seguito dell’assegnazione seguita alla riforma agraria, alcuni ricevettero terre proficue e redditizie. Altri, terre aride e cretose.

Una Biancavilla a maggioranza democristiana ma geograficamente divisa tra il centro “biancofiore” e la periferia comunista. Guidata da personalità carismatiche. Persino con un primato: prima città italiana a rivoltarsi contro i fascisti nella sommossa del 23 dicembre 1923. Una memoria sconosciuta ai più, che oggi ignorano le radici storiche della ricostruzione democratica locale. Che lezione dovremmo trarne a quasi un secolo di distanza?

Non dobbiamo dimenticare da dove proveniamo. Dobbiamo conoscere il nostro passato. Siamo figli della nostra storia. E la storia ci insegna che ci sono dei valori condivisi – l’antifascismo, la libertà, la democrazia – che noi oggi diamo per scontati ma che non lo sono affatto. E la storia serve a ricordarci che queste conquiste vanno difese ogni giorno.

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