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Cronaca

L’«Agenzia»: la creatura dei clan mafiosi che “cannibalizzava” il trasporto merci

Blitz “Ultimo atto”: una regia criminale sul monopolio dei camion e sul pizzo ai magazzini di arance

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Tutti la chiamavano “agenzia”. Altro non era che il maggiore canale di finanziamento del clan. Anzi, dei clan: quello di Biancavilla e quelli di Adrano. Nell’inchiesta Ultimo atto, che conta 18 indagati (13 dei quali finiti in carcere), una corposa parte riguarda il monopolio del trasporto merci su strada. Tra i provvedimenti contenuti nell’ordinanza della giudice Daniela Monaco Crea, vi è anche il sequestro preventivo (finalizzato alla confisca) della “MM Logistic” e della “MN Trasporti”. La prima è una ditta individuale con sede in via Lisbona ad Adrano. L’altra è una società di contrada ‘Croce al vallone’ a Biancavilla (visibile dalla Ss 284) con 7 dipendenti e un fatturato, dichiarato nel 2021, di oltre 1 milione di euro.

Le attività, ora, proseguono in mano dello Stato. Per anni sono state nel totale controllo delle organizzazioni mafiose, secondo la Dda di Catania, che si è avvalsa di diversi collaboratori di giustizia.

Uno di questi è Giovanni La Rosa: «Questa agenzia sostanzialmente controlla tutti i trasporti su camion a Biancavilla e… ogni camionista deve pagare circa 200 euro per ogni bancale trasportato ed è obbligato a farlo. Dunque, l’agenzia altro non è che una forma di estorsione ai danni dei camionisti, ai quali viene imposto di pagare un dazio se vogliono lavorare a Biancavilla».

A capo del clan biancavillese, gli inquirenti collocano Giuseppe Mancari u pipi, affiancato da Giovanni Gioco. Per il controllo del settore dei trasporti, sono due gli uomini-chiave individuati dagli inquirenti: Carmelo Militello e Ferdinando Palermo. Ma non è un’attività recente, quella della “agenzia”. La Rosa puntualizza che ad averla creata erano stati «molto tempo prima i vecchi mafiosi come Placido Tomasello, Giuseppe Mancari, Giovanni Gioco e Pietro La Rosa».

I pentiti svelano gli affari su gomma

A parlarne è anche un altro pentito, Salvatore Giarrizzo, sottolineando come non vi fosse spazio alla concorrenza, per effetto di un patto siglato tra i vertici criminali dei due comuni. Una vera e propria “cannibalizzazione” del mercato, senza possibilità di scelta di servizi alternativi.

«I proventi – svela Giarrizzo – vengono divisi tra tutte e tre le famiglie coinvolte. La parte di Biancavilla viene prelevata direttamente da U pepe (di cui ora non ricordo il nome), la restante parte viene distribuita tra la famiglia Scalisi e la famiglia Santangelo di Adrano».

Il biancavillese Vincenzo Pellegriti, collaboratore dal settembre 2019, ribadisce che «in sostanza, l’agenzia fa intermediazione per i trasporti con camion ed i camionisti, se vogliono lavorare a Biancavilla, sono obbligati a rivolgersi a tale agenzia, intestata a Carmelo detto a pizza, ma che in realtà è del clan ed i cui proventi vanno almeno per la maggior parte al clan, mentre il citato Carmelo riceve uno stipendio quale prestanome…».

Imposizioni non soltanto ai camionisti, ma pure alle aziende di lavorazione, come riferisce ancora Giovanni La Rosa: «Anche i magazzini di arance e frutta pagavano somme al clan mafioso… in percentuale al peso della frutta da trasportare e che era stata venduta al nord Italia. Gli stessi camion che portavano la frutta al nord, se poi portavano altra merce al ritorno in Sicilia, le ditte che inviavano l’altra merce dovevano pagare un’altra percentuale. In sostanza, l’agenzia era solo una scusa per imporre somme da pagare come estorsioni sia ai camionisti, meglio ai padroni di camion, che ai titolari di magazzini e ditte che utilizzavano i predetti camion…».

Imprese ora nelle mani dello Stato

Parole, quelle dei collaboratori di giustizia, che forniscono un quadro univoco del business dei trasporti (affiancato a quelli classici del traffico di droga e del pizzo ai commercianti). Un quadro arricchito poi dal lavoro sul campo dei carabinieri, con appostamenti ed intercettazioni. Fino al sequestro della “MN Logistic” e della “MN Trasporti”.

Imprese ora affidate ad un amministratore giudiziario, il dott. Fabio Antonio Napoli, che dispone dei conti correnti e di tutti i beni aziendali per un valore complessivo stimato in 5 milioni di euro. Il suo compito è quello di «provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione di essi, anche al fine di incrementarne, se possibile, la redditività».    

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Aggredisce e minaccia la madre: «Ora t’ammazzo», arrestato un 35enne

Intervento dei carabinieri, a seguito di un’accorata richiesta di aiuto di una donna maltrattata

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La telefonata ai carabinieri è arrivata da una casalinga 63enne. Un’accorata richiesta di aiuto. Ancora una volta, la donna era stata picchiata dal figlio, che pretendeva denaro per l’acquisto di alcol, droga o giocare ai video poker. Immediato l’intervento dei militari: arrestato un 35enne per maltrattamenti contro familiari ed estorsione.

Appena arrivati nell’abitazione, i carabinieri hanno trovato la donna attorniata dai familiari, marito e tre figli, tra cui il 35enne. La donna, che sin dà subito è apparsa emotivamente provata, pur non volendo affidarsi alle cure dei sanitari, nonostante mostrasse i segni delle percosse, soprattutto sulle braccia e sul collo, ha comunque deciso di confidarsi con i militari, raccontando quanto appena accaduto.

Dalla ricostruzione dei fatti, è quindi emerso come il figlio avrebbe da lei preteso l’ennesima somma di denaro, questa volta di 30 euro, che sarebbe riuscito ad ottenere solo dopo averla aggredita. In quel frangente, provvidenziale sarebbe stato l’intervento del padre 70enne, che in difesa della moglie, sarebbe intervenuto bloccando l’uomo.

Il 35enne, a quel punto, soddisfatto, dopo essere uscito per alcune ore, sarebbe rincasato solo in serata, completamente ubriaco, dando il via ad un nuovo litigio. Dopo aver fatto cadere una bottiglia di birra sul pavimento, si sarebbe infatti nuovamente scagliato contro la povera madre, dandole la colpa dell’accaduto. La reazione dell’uomo sarebbe stata minacciosa: «Colpa tua se la birra mi è caduta a terra, ora t’ammazzo». E poi si sarebbe scagliato contro una porta, danneggiandola insieme ad altre suppellettili.

Effettivamente, anche alla presenza dei militari, il 35enne non si è calmato, proseguendo anzi con le minacce alla madre: «Appena torno (dal carcere) t’ammazzo».

La donna aveva già presentato una denuncia nei confronti del figlio per analoghi fatti. Motivo per cui, i carabinieri hanno stavolta arrestato il 35enne, trasferendolo nel carcere di piazza Lanza, a Catania.

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