Cronaca
Pellegriti: «Collaboro con la giustizia per dare un futuro ai miei figli…»
Dal suo arresto nel blitz “The Wall” all’operazione “Ultimo atto”: un romanzo criminale

«Ho deciso di collaborare perché voglio dare un futuro migliore ai miei figli ed alla mia famiglia e voglio chiudere con la vita fatta sino ad oggi, anche perché deluso dall’organizzazione criminale e dalle persone che ne fanno parte…».
I verbali di Vincenzo Pellegriti, determinato a saltare la barricata e mettersi dalla parte della giustizia e dello Stato, cominciano con questa motivazione. Era il settembre 2019 e l’uomo – vecchia conoscenza delle forze dell’ordine fin dal blitz The Wall del 2008 – era stato arrestato qualche settimana prima nell’operazione Callicari. Operazione che aveva scoperto diverse piazze di spaccio di marijuana e cocaina a Biancavilla: questo è sempre stato l’ambito di attività di Pellegriti.
Così racconta i suoi esordi agli inquirenti: «Io, negli ultimi anni ’90 e fino al 2000, vivevo a Milano, dove facevo il muratore. Lì rividi Vincenzo Cardillo di Biancavilla, che ben conosco da bambino, che mi propose di tornare a Biancavilla e di cominciare a spacciare stupefacenti per conto del clan, di cui faceva parte. Io, quindi, dal 2001 o 2002 circa, cominciai a fare parte attivamente del clan, che posso dire sin d’ora è sempre stato l’unico di Biancavilla e fa parte dei Santapaola di Catania».
Un terremoto nel clan di Biancavilla
“Nuovo collaboratore di giustizia fa tremare il clan di Biancavilla“: questo il titolo di Biancavilla Oggi scelto per dare notizia dell’inizio della sua collaborazione. Titolo più che mai azzeccato. Lo si comprende soprattutto ora che, dall’operazione Ultimo atto, emerge come in effetti la decisione di Pellegriti – comunicata ai biancavillesi dal nipote del boss catanese Marco Strano – avesse creato allarme.
La reazione di incredulità e preoccupazione è cristallizzata in un’intercettazione di uno dei biancavillesi: «Mi ha detto, ma lo sai che Vincenzo u chiovu sta… ma che stai dicendo? Così… te lo giuro sulla cosa più cara, mi si è drizzato il pelo tanto». E il pensiero era andato subito a Giuseppe Mancari u pipi: «Dico io, a quel vecchio, a quel vecchietto devono far fare una brutta vecchiaia… ma così gliela suca, gli riconfermano l’ergastolo». Era l’inizio della fine. L’epilogo è stato scritto l’altra notte, quando l’elicottero dei carabinieri e le sirene dei loro mezzi hanno annunciato alla città un bell’intervento di “pulizia”.
All’inchiesta hanno dato un apporto significativo diversi pentiti, ma le dichiarazioni di Vincenzo Pellegriti hanno fatto la differenza, proprio perché conoscitore dei nuovi assetti che si era dato il clan di Biancavilla con lo zio Pippo al vertice, affiancato da Giovanni Gioco, altro elemento della vecchia guardia.
Nei verbali di Pellegriti (letti da Biancavilla Oggi) c’è, nero su bianco, il racconto non soltanto degli affari del clan (dalla droga, al pizzo fino al trasporto merci), di cui vi abbiamo già riferito in queste pagine. Ma ci sono pure gli avvicendamenti interni all’organizzazione: da Alfredo Maglia ai fratelli Amoroso, da Alfio Monforte fino a Pippo Mancari. Avvicendamenti intervallati da agguati falliti, omicidi compiuti, progetti di vendetta: un vero e proprio “romanzo criminale”.
Una nuova vita, lontano da Biancavilla
Una parte delle dichiarazioni di Pellegriti è confluita pure nel fascicolo sull’omicidio di Maurizio Maccarrone, avvenuto ad Adrano, con motivazioni “passionali” ma a sfondo mafioso. Omicidio commesso da Massimo Merlo, su ordine del paternese Antonino Magro. Significative le parole di Pellegriti, che descrivono un clima incandescente: «Uscendo nel 2015 da una carcerazione di sette anni, la prima persona che sono andato a ritrovare è stato Massimo Merlo, per farmi spiegare come stavano funzionando le cose in paese e so che lui aveva gli arresti domiciliari. Vado da lui una volta, due volte, tre volte e mi consiglia di non mettermi con nessuno perché era un brutto periodo e si stavano sparando tutti».
Il riferimento era alla scia di sangue, tra il 2013 ed il 2014, con l’eliminazione di Alfredo Maglia ad Adrano e gli omicidi, in 48 ore, di Agatino Bivona in via Fallica e di Nicola Gioco in via Pistoia. Effetti delle fibrillazioni tra le due frange del clan, un tempo solidali e poi ridotte a nemici giurati. Il consiglio di mantenersi in disparte, Pellegriti lo aveva seguito, ma quando una serie di arresti avevano diradato la cappa pesante, si erano formati nuovi equilibri con il riconoscimento di Pippo Mancari quale boss. E quindi Pellegriti aveva ripreso attivamente il traffico di droga e la partecipazione alle richieste di pizzo ai commercianti.
Nel blitz Ultimo atto anche lui sarebbe finito in manette con le accuse di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e di estorsione pluriaggravata. Ma il suo status di collaboratore di giustizia gli ha evitato altri anni di carcere. Ed ora, sottoposto al Servizio Centrale di Protezione, lontano da Biancavilla, conduce una nuova vita. Per lui, i suoi figli, la sua famiglia.
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Cronaca
Stranieri sfruttati sul lavoro: nei guai biancavillese a capo di una cooperativa
L’uomo, presidente del Consiglio di amministrazione, denunciato assieme ad altre due persone

Un 32enne di Biancavilla, con precedenti penali, è fra i tre denunciati dal Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania nell’ambito di controlli contro lavoro irregolare e caporalato. L’uomo, presidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa agricola, è ritenuto responsabile di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
I controlli hanno portato alla luce un sistema illecito di reclutamento e impiego della manodopera. Le vittime sono due lavoratori stranieri in condizioni di forte vulnerabilità.
Oltre al biancavillese, sono sotto indagine un 38enne marocchino residente ad Adrano, incensurato, che agiva come caporale e intermediario per conto della stessa cooperativa, e un altro 38enne di Scordia, con precedenti, che di fatto collaborava con l’azienda.
Secondo quanto emerso dagli accertamenti, i lavoratori extracomunitari venivano impiegati in condizioni lavorative ritenute altamente degradanti. Evidenziati retribuzioni ben al di sotto di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, turni di lavoro eccessivi e ambienti privi delle minime misure di sicurezza.
L’indagato di origini marocchine è inoltre accusato di estorsione. Avrebbe minacciato uno dei due lavoratori di licenziamento se non gli avesse restituito parte della già esigua paga percepita.
A conclusione delle attività, i due lavoratori sono stati affidati a una struttura protetta, gestita da un’organizzazione internazionale per le migrazioni. Adesso potranno ricevere assistenza e protezione.
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Cronaca
Evade dai domiciliari per le sigarette alla moglie: «È un inferno se non fuma»
Singolare “giustificazione” di un 52enne residente a Biancavilla in giro con la bicicletta a Catania

I carabinieri della stazione di Catania Playa hanno arrestato un pregiudicato 52enne, residente a Biancavilla ma domiciliato a Catania, nella zona di Ippocampo di Mare. L’uomo doveva trovarsi ai domiciliari per reati contro il patrimonio. Però, i militari lo hanno sorpreso mentre, in bici, percorreva via San Francesco La Rena. Ha tentato di passare inosservato con il volto coperto da cappuccio e sciarpa, ma è stato fermato e identificato.
Di fronte alla constatazione della violazione, il 52enne ha cercato di giustificare la sua presenza fuori casa con una spiegazione singolare. Ha sostenuto di essere uscito per acquistare le sigarette alla moglie, una “accanita fumatrice” che, in mancanza di nicotina, si sarebbe irritata al punto da trasformare la giornata in un “inferno domestico”.
Una giustificazione che non ha però evitato l’arresto, eseguito sulla base degli elementi raccolti e ora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, che ha convalidato il provvedimento e disposto il ripristino della misura degli arresti domiciliari.
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