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Cronaca

Una vecchia conoscenza del clan di Biancavilla con il barattolo di cocaina

La denuncia dopo una serie di appostamenti notturni nelle campagne di Santa Maria di Licodia

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Sta a Santa Maria di Licodia, ha 73 anni ed è conosciuto dai carabinieri perché indicato come organico al vecchio clan Toscano – Mazzaglia – Tomasello di Biancavilla. Il suo nome non è stato reso noto, ma si ritrova indagato a piede libero per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.

L’uomo – sorpreso dai militari della sezione operativa della Compagnia di Paternò e Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori di Sicilia – nascondeva un quantitativo di cocaina nel suo terreno di contrada Spinelli.

Un risultato investigativo frutto di numerosi servizi di osservazione e pedinamento, anche con l’ausilio di strumentazioni ottiche notturne. Nell’ultimo pedinamento, i militari hanno visto il 73enne arrivare con il suo fuoristrada, percorrere alcuni metri a piedi per poi fermarsi vicino ad un muretto. Era lì il nascondiglio della sostanza stupefacente.

Inconsapevole della presenza dei militari, l’uomo si è chinato, ha spostato una pietra, ha estratto da una cavità un barattolo di vetro, prelevando qualcosa. È scattato in quell’istante l’intervento dei carabinieri per bloccare il 73enne, che nella concitazione ha tentato di disfarsi della bustina, lanciandola tra la fitta vegetazione. Azione quanto mai vana, poiché la stessa è stata subito recuperata dai militari, che hanno appurato contenesse cocaina.

Passata al setaccio tutta la parete, i carabinieri hanno notato una pietra movibile, sotto la quale era appunto nascosto il barattolo, al cui interno sono state trovate altre bustine di cocaina. Perquisito, l’uomo aveva in tasca 130 euro, somma anch’essa sequestrata perché ritenuta provento dell’attività di spaccio.

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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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