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Editoriali

I meme “contro” Antonio Bonanno che oscurano dai radar… Andrea Ingiulla

Analisi della comunicazione elettorale, tra demonizzazione dell’avversario e strategia del vittimismo

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Per chi come noi ama e auspica le campagne elettorali con spargimento di sangue, produrre meme “contro” Antonio Bonanno è il minimo sindacale. Tutto fa brodo. Anzi, era assai prevedibile trasformare lo slogan scelto dall’esponente di Fratelli d’Italia, declinandolo in mille varianti: Bonanno c’è Guevara, Bonanno c’è la fa, C’è Gigi?, Sindaco c’è voto per te… Ed ecco pure la trovata del segretario del Pd, Giuseppe Pappalardo, che alimenta i social, pubblicando un fotomontaggio di un manifesto che ricalca quello del sindaco, ma con la scritta C’è… munnizza peri peri. Ci sta.

Così come ci sta la reazione dello stesso Bonanno («Una scelta che offende me e soprattutto la città…»), il quale, fingendo una lesa maestà, non fa altro che dare ancora più eco ad una “sparata” che costringe tutti a parlare di lui.

«La migliore pubblicità è quella che ti fanno e innescano gli avversari», recita in fondo una regola elementare della propaganda politica. Il punto è proprio questo: i manifesti del sindaco, copiati e storpiati dal segretario del Partito Democratico, a chi giovano? Quale effetto provocano?

Non c’è bisogno di consultare i manuali di comunicazione politica e di psicologia della comunicazione per comprendere che l’azione – puerile e goliardica, su cui si può e si deve sorridere – mette al centro dell’attenzione Bonanno: lui e solo lui.

L’intervento finto-indignato del primo cittadino suscita automatica empatia e solletica la liturgia della solidarietà: anche questi sono meccanismi sentimentali di basilare psicologia delle masse. E chiunque condivida e ingigantisca il messaggio distorto da Pappalardo non fa altro che alimentare la popolarità del primo cittadino. Un effetto contrario all’intento, quello del mancato candidato barbagalliano. Ecco perché lo stesso sindaco scrive un post che, di fatto, approfitta di quell’azione, piegandola e girandola a suo favore.

È singolare analizzare come in questa vicenda di inizio campagna elettorale, l’esponente Pd e il sindaco utilizzino due strategie prese rispettivamente a prestito dalle culture politiche a loro opposte. Pappalardo agisce con la demonizzazione e lo sfottò dell’avversario nelle tipiche modalità della cultura berlusconiana. Bonanno risponde con il vittimismo, che è un antico tic caratteriale di una certa sinistra.

Ma non addentriamoci con troppa serietà ad una questione che è certamente banale. In questa giornata del manifesto-bluff, l’unico che è scomparso dai radar della politica e delle pagine social è Andrea Ingiulla. E con lui le sue proposte politiche alternative, che invece meriterebbero diffusione e valorizzazione da parte del Pd. È questo il risultato di una propaganda senza regia, basata sull’assenza di un piano di comunicazione politica. La comunicazione è una materia seria: andrebbe affidata ad esperti e non lasciata all’improvvisazione controproducente con lo stile dei bimbi-minkia del photoshop.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Editoriali

Biancavilla non legge, chiude l’edicola di Danilo Galati: una pessima notizia

«La gente non compra i giornali, preferendo informarsi sui social, e con il Covid le cose sono peggiorate»

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© Foto Biancavilla Oggi

Ogni saracinesca che si abbassa in modo definitivo, qualunque sia l’attività, è sempre una perdita. Ma è la legge del libero mercato, in cui commerciante o imprenditore scelgono di operare con la consapevolezza dei rischi. Quando, però, la chiusura riguarda un’edicola, ogni considerazione non può essere ricondotta alle fredde regole del profitto. A Biancavilla chiude “Cart & Game”, l’edicola-libreria a due passi dal plesso elementare “Guglielmo Marconi”, gestita con professionalità e passione da Danilo Galati. Qualità che evidentemente non sono bastate a resistere nel tumultuoso settore dell’editoria e dell’informazione cartacea, segnato nell’ultimo ventennio da radicali e drammatiche trasformazioni.

«Ormai – racconta Galati a Biancavilla Oggi – la gente non legge più, preferisce informarsi tramite i social, non compra più i giornali e i quotidiani. Dopo il Covid, le cose sono peggiorate. Prima della pandemia c’erano bar e barbieri che tenevano i giornali per metterli a disposizione dei propri clienti. Poi, però, questa abitudine è sparita. L’edicola resta un riferimento soltanto per poche persone con l’abitudine alla lettura o per chi è interessato alle pubblicazioni collezionabili».

Una serie di fattori (non ultimi un’insostenibile tassazione e l’impossibilità a trovare parcheggio nel centro storico) che dopo 12 anni ha spinto Danilo Galati alla drastica decisione. Ci dispiace parecchio, soprattutto in un contesto, quello biancavillese, in cui già altre edicole sono state chiuse: ne rimangono adesso soltanto tre e, presto, potrebbero ridursi a due. Un contesto nel quale, peraltro, spicca l’assenza di una libreria. Un dato sociologico assai indicativo della realtà locale, avvolta nel buio culturale ed intellettuale con una classe dirigente che in ogni ambito (politico, ecclesiastico, scolastico, professionale…) non sente la necessità della lettura, mostrando apatia e indifferenza. Con rare e – ahinoi – insufficienti eccezioni.

La nostra casa editrice Nero su Bianco promuove, da Biancavilla e per Biancavilla, ricerche e progetti culturali nella concretezza di una produzione libraria di qualità. Ma non basta e renderci soddisfatti se ciò che ci circonda tende alla desertificazione.

Ecco perché l’ennesima chiusura di un’edicola a Biancavilla la riteniamo una pessima notizia. Un punto vendita di giornali che scompare significa non solo un punto di ritrovo in meno. Significa anche sottrarre alla comunità un luogo di riferimento culturale e un canale di diffusione di idee e informazione, necessarie alla formazione dell’opinione pubblica e alla vivacità della nostra asfissiata e affaticata democrazia.  

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Editoriali

Europee, snobbata piazza Roma: la politica va in sale festa e case private

I biancavillesi chiamati al voto sono 18.865, ignari di una campagna elettorale svolta tra intimi

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Macché politica di piazza. Altro che politica tra la gente. A Biancavilla, la campagna elettorale per le Europee ha snobbato il cuore della città. Ai piedi del campanile di Carlo Sada – da oltre un secolo faro e testimone della partecipazione democratica – nessun comizio e nessun passaggio di candidati.

Eppure, buona parte delle forze politiche si sono mosse, invitando ed accogliendo diversi aspiranti europarlamentari. Lo hanno fatto, però, tra intimi e portatori di voti, riuniti in sale festa, ville, ristoranti e residenze private. Già, persino abitazioni per fare campagna elettorale.

A Biancavilla si sono visti (in ordine casuale): Marco Falcone, Giuseppe Lupo, Ruggero Razza, Giuseppe Antoci, Massimiliano Giammusso, Antonio Nicita…

Cosa hanno detto, fatto, promesso, denunciato? Non è dato saperlo. Nessun invito ai giornalisti, nessun comunicato stampa.

I biancavillesi chiamati alle urne sono 18.865 (cioè 9070 donne e 9795 uomini). Ignari di una campagna elettorale “privata”, rivolta alle truppe dei partiti e delle correnti di partito. Una campagna staccata dai cittadini. In lontananza, l’immancabile e inconfondibile voce di Alfio Petralia, amplificata dal megafono attaccato alla sua Fiat 500, sembra un’eco proveniente da un passato che assume i toni della malinconia.

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