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Inaugurato sportello antiracket, sala gremita e pochi commercianti
Presenti il procuratore Patanè e il viceprefetto Fichera. A “Libera Impresa” concessa la stanza più importante di Villa delle Favare. Alla cerimonia, nutrita presenza istituzionale, ma pochi esercenti ed imprenditori locali.
di Vittorio Fiorenza
Una sala affollatissima, a Villa delle Favare. Fasce tricolori, gonfaloni, divise delle forze dell’ordine e rappresentanti istituzionali, a cominciare dal procuratore Michelangelo Patanè e dal viceprefetto di Catania, Domenico Fichera. Non tanti i commercianti e gli imprenditori locali. Anzi, bisogna dirlo: soltanto alcuni si sono presentati per il taglio del nastro dello sportello antiracket e antiusura di “Libera Impresa”. Non è forse un caso che l’associazione presieduta da Rosario Cunsolo sia venuta da “fuori” e che il neo responsabile locale, Leonardo Samperi, non sia un “biancavillese”.
Per la prima volta, a Biancavilla, paese noto alle cronache per fatti di mafia e di estorsioni (gli ultimi episodi, svelati dall’operazione “Garden”, sono del 2013), viene aperto un presidio contro il pizzo, ma non per volontà degli esercenti locali. Un dettaglio “sociologico” che non può certo passare inosservato. Proprio per questo, la folta presenza istituzionale schierata dietro il nastro inaugurale ha sottolineato la speranza che lo sportello possa creare aggregazione e fare trovare quel coraggio necessario per superare l’omertà e liberarsi dall’oppressione mafiosa.
Per la sede di “Libera Impresa”, il sindaco Giuseppe Glorioso ha dato la stanza più importante di Villa delle Favare. Viene realizzata, così, dopo due anni, la decisione unanime presa dal Consiglio Comunale (all’indomani degli omicidi di Agatino Bivona e di Nicola Gioco e al successivo corteo antimafia), su mozione del consigliere Marco Cantarella di Fratelli d’Italia. La stessa assemblea cittadina, in fase di trattazione di bilancio, aveva già previsto lo stanziamento di fondi per l’attività dello sportello antiracket.
L’inaugurazione ha registrato anche la presenza del sindaco Ascenzio Maesano di Aci Catena, comune in cui da un anno opera proficuamente “Libera Impresa” e con cui Biancavilla ha ora stretto un “gemellaggio per la legalità”.
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Ecco la “sala mortuaria” dell’ospedale di Biancavilla: una grave offesa alla dignità
Le condizioni ignobili di un luogo che dovrebbe accogliere con rispetto la persona deceduta e i loro familiari
Muri scrostati e mancanza di pulizia. Uno spazio ristrettissimo. Un ripiano rivestito di marmo (non in acciaio, come dovrebbe essere). Ripiano su cui sono evidenti, come nell’annesso lavandino, residui (organici?) che mostrano una mancanza di sanificazione minima. È qui che vengono appoggiate le salme. Un condizionatore d’aria, in alto sul muro, posto al di sopra di una piccola grata di ferro arrugginito.
È questa la camera mortuaria dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. Ma sembra un ripostiglio, ricavato in una stanzetta di fronte al vecchio pronto soccorso del plesso di via Cristoforo Colombo. Una porta in legno, un catenaccio e una targa: “Sala mortuaria”. Biancavilla Oggi vi mostra come si presenta, nel video che qui pubblichiamo.
Il luogo – a due passi dalla direzione sanitaria – è un’offesa al decoro e alla dignità che bisognerebbe riservare ai pazienti deceduti in reparto. Salme collocate qui, in attesa della vestizione funebre, della sistemazione nella bara e della consegna ai familiari. Un’attesa durante la quale gli operatori delle pompe funebri sono costretti a muoversi in pochissimo spazio. I parenti del paziente deceduto possono soltanto stazionare fuori, all’aperto, dove si trovano alcuni vecchi sedili in plastica.
Un’indecenza, tra muffa e ruggine. Una realtà poco conosciuta della struttura ospedaliera di Biancavilla, ma che rappresenta una triste esperienza per i familiari che hanno dovuto affrontare il decesso di un proprio caro in ospedale. Riesce difficile comprendere come nella nuova struttura ospedaliera non sia stata prevista o non ancora realizzata una sala mortuaria degna ad ospitare la persona deceduta e ad accogliere i familiari. Una questione di civiltà e di umanità. È una pretesa eccessiva?
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