Cronaca
“Ambulanza della morte”, ergastolo confermato in Appello a Garofalo
L’imputato accusato degli omicidi di Salvatore Gagliano, Agatina Triscari e Salvatore Cadile

Pena confermata in secondo grado per Davide Garofalo. Carcere a vita per l’imputato del caso “Ambulanza della morte”. La sentenza di ergastolo è della terza sezione della Corte d’Assise d’appello di Catania. In questo passaggio, però, a Garofalo –assistito dall’avv. Turi Liotta– è stata riconosciuta una riduzione da 14 a 11 mesi di isolamento diurno in carcere.
L’accusa nei suoi confronti ha riguardato tre omicidi. Salvatore Gagliano, Agatina Triscari e Salvatore Cadile: le vittime. Tutti malati terminali che, dimessi dall’ospedale, sarebbero morti per mano di Garofalo, in ambulanza, nel tragitto verso le loro abitazioni. Altra accusa è di estorsione, aggravata dal metodo mafioso, nei confronti dell’impresa di pompe funebri di Orazio Arena e dei figli Giuseppe e Luca. Questi ultimi, testimoni di giustizia determinanti per l’apertura del caso, con l’input del programma Mediaset de “Le Iene”.
Un secondo imputato, Agatino Scalisi, avrebbe agito assieme a Garofalo. Con rito abbreviato, Scalisi è già stato condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Maria Giardina. L’arresto di Scalisi è avvenuto nel dicembre 2021. Si attende sentenza di secondo grado.
In entrambi i procedimenti, parti civili costituite, oltre ai familiari delle vittime, anche il Comune di Biancavilla, l’Asp di Catania, la famiglia Arena ed alcune associazioni.
La tecnica, contesta la Procura di Catania ai due imputati, era quella di sottoporre a pazienti terminali un’iniezione d’aria nelle vene, nel tragitto su un’ambulanza privata dall’ospedale a casa, procurando il loro decesso per embolia gassosa e sostenendo che erano morti per cause naturali. L’obiettivo cinico era lucrare 200-300 euro di “provvigione” sulle spese funerarie. Un modus operandi che avrebbe avuto l’avallo dei gruppi mafiosi di Adrano e Biancavilla.
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Cronaca
Aggredisce e minaccia la madre: «Ora t’ammazzo», arrestato un 35enne
Intervento dei carabinieri, a seguito di un’accorata richiesta di aiuto di una donna maltrattata

La telefonata ai carabinieri è arrivata da una casalinga 63enne. Un’accorata richiesta di aiuto. Ancora una volta, la donna era stata picchiata dal figlio, che pretendeva denaro per l’acquisto di alcol, droga o giocare ai video poker. Immediato l’intervento dei militari: arrestato un 35enne per maltrattamenti contro familiari ed estorsione.
Appena arrivati nell’abitazione, i carabinieri hanno trovato la donna attorniata dai familiari, marito e tre figli, tra cui il 35enne. La donna, che sin dà subito è apparsa emotivamente provata, pur non volendo affidarsi alle cure dei sanitari, nonostante mostrasse i segni delle percosse, soprattutto sulle braccia e sul collo, ha comunque deciso di confidarsi con i militari, raccontando quanto appena accaduto.
Dalla ricostruzione dei fatti, è quindi emerso come il figlio avrebbe da lei preteso l’ennesima somma di denaro, questa volta di 30 euro, che sarebbe riuscito ad ottenere solo dopo averla aggredita. In quel frangente, provvidenziale sarebbe stato l’intervento del padre 70enne, che in difesa della moglie, sarebbe intervenuto bloccando l’uomo.
Il 35enne, a quel punto, soddisfatto, dopo essere uscito per alcune ore, sarebbe rincasato solo in serata, completamente ubriaco, dando il via ad un nuovo litigio. Dopo aver fatto cadere una bottiglia di birra sul pavimento, si sarebbe infatti nuovamente scagliato contro la povera madre, dandole la colpa dell’accaduto. La reazione dell’uomo sarebbe stata minacciosa: «Colpa tua se la birra mi è caduta a terra, ora t’ammazzo». E poi si sarebbe scagliato contro una porta, danneggiandola insieme ad altre suppellettili.
Effettivamente, anche alla presenza dei militari, il 35enne non si è calmato, proseguendo anzi con le minacce alla madre: «Appena torno (dal carcere) t’ammazzo».
La donna aveva già presentato una denuncia nei confronti del figlio per analoghi fatti. Motivo per cui, i carabinieri hanno stavolta arrestato il 35enne, trasferendolo nel carcere di piazza Lanza, a Catania.
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