Cronaca
Iniezioni nell’ambulanza della morte, Garofalo condannato all’ergastolo
Verdetto della Corte d’assise di Catania: stabilita provvisionale di 400mila euro per le parti civili


Davide Garofalo è stato condannato al carcere a vita. L’uomo, 46 anni, è stato riconosciuto colpevole di tre omicidi, aggravati dal metodo mafioso, nell’ambito dell’inchiesta “Ambulanza della morte”. La pena all’ergastolo, con isolamento diurno per un anno e due mesi, è stata inflitta dalla prima sezione della Corte d’assise di Catania (presidente Sebastiano Mignemi).
Un verdetto rigoroso (dopo due ore e mezza di camera di consiglio), ancor più se si considera che il pubblico ministero, Andrea Bonomo, aveva chiesto 30 anni di reclusione.
Garofalo è stato condannato anche al pagamento di una provvisionale di 400mila euro complessive, a titolo di risarcimento danni per le parti civili. Di questi, 360mila ai familiari delle vittime. Altri 40mila ad enti ed associazioni costituite, tra cui l’Asp di Catania ed il Comune di Biancavilla.
L’imputato dovrà pagare pure le spese processuali delle parti civili costituite nel processo, scaturito da un servizio della trasmissione di Italia 1, “Le Iene”.
L’inchiesta ha coinvolto anche un secondo imputato, Agatino Scalisi, accusato di un omicidio, che ha seguito il rito abbreviato e per il quale si attende ancora la sentenza.
La tecnica, contesta la Procura di Catania, era quella di sottoporre a pazienti terminali un’iniezione d’aria nelle vene, nel tragitto su un’ambulanza privata dall’ospedale a casa, procurando il loro decesso per embolia gassosa e sostenendo che erano morti per cause naturali. L’obiettivo cinico era lucrare 200-300 euro di “provvigione” sulle spese funerarie. Un modus operandi che avrebbe avuto l’avallo dei gruppi mafiosi di Adrano e Biancavilla.
Il caso ha avuto l’apporto determinante dei fratelli Luca e Giuseppe Arena, che erano titolari con il padre di un’impresa funebre. Due testimoni di giustizia, ormai lontani da Biancavilla, cui ha fatto affidamento la Procura di Catania, ritenendoli credibili fin da subito. Il loro contributo è stato altrettanto determinante per i blitz antiracket “Onda d’urto” del 2016 e “Reset” del 2017.
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Cronaca
Amianto, casalinga morta a 55 anni: chiesto risarcimento di 500mila euro
Causa contro il Comune ma è difficile provare responsabilità, il sindaco: «Ci sono gli indennizzi»


Non era mai accaduto da quando Biancavilla sa di convivere con la minaccia del minerale-killer: la fluoroedenite di monte Calvario, simile all’amianto, fonte di un inquinamento naturale che ha determinato decine di morti per tumore alla pleura. Ma adesso, al palazzo comunale, una famiglia che ha perso una persona cara a causa del mesotelioma chiede ora un risarcimento di 500mila euro.
Sono passati 26 anni dall’evidenza dei dati epidemiologici e 21 dalla scoperta e identificazione della fibra, riconosciuta a livello internazionale come “nuovo minerale” con proprietà altamente cancerogene. In tutti questi anni, nessuno aveva tentato una causa al Comune. Eppure, di morti per questa neoplasia che non lascia scampo, Biancavilla ne conta dal 1988 ad oggi circa 70, anche se la stima è che quelli reali siano almeno il doppio.
La causa civile al Tribunale di Catania
Tra questi, una donna di 55 anni, casalinga, deceduta nel 2012. Sono stati il marito e due figli ad avviare il procedimento alla sezione civile del Tribunale di Catania, adducendo una responsabilità con culpa in omittendo. Si punta il dito sul Comune per presunte omissioni nell’obbligo di tutelare la salute pubblica, soprattutto dopo che cause ed effetti dell’incidenza eccessiva di mesotelioma a Biancavilla sono stati ampiamente documentati dalla letteratura scientifica.
Una causa legittima, ma dal verdetto non così scontato per la famiglia biancavillese. La mobilitazione istituzionale, a partire dal 1997, per affrontare la problematica, non è mai mancata. Tenendo conto, poi, del lunghissimo periodo di incubazione tipico di questa patologia tumorale, i decessi finora avvenuti sono da considerare conseguenze di un’esposizione al rischio cominciata ben prima della fine degli anni ’90, quando il paese ha preso coscienza dell’esistenza del minerale-killer. Ad ogni modo, l’esito della causa civile dovrebbe arrivare il prossimo ottobre.
Aperta la strada dell’indennizzo una tantum
Se la strada dei risarcimenti si presume dallo sbocco incerto, quella da percorrere per vittime e famigliari delle vittime riguarda gli indennizzi. Fino a pochi anni fa anche questa possibilità – riservata solo a lavoratori esposti al rischio amianto – era impensabile da applicare alla realtà di Biancavilla. Ma interventi parlamentari e ministeriali hanno riconosciuto l’unicità del caso Biancavilla. Un cambio di rotta possibile anche dopo che la fluoroedenite è stata riconosciuta cancerogena dall’International Agency for Research on Cancer, riunita a Lione con 21 esperti di 10 paesi europei.
«Si sta lavorando – conferma a Biancavilla Oggi il sindaco Antonio Bonanno – agli indennizzi ai familiari delle vittime dell’esposizione ambientale. Vittime che per la prima volta vengono equiparate a coloro che si sono ammalati per esposizione lavorativa». Per queste ragioni, «ci stiamo interfacciando con l’Animil», l’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro.
«È stato possibile – sottolinea il primo cittadino – aumentare i fondi nell’ultima finanziaria. Nel decreto Milleproroghe sono state facilitate, inoltre, le procedure per ottenere un indennizzo una tantum, quantificato in 15mila euro, la cui erogazione compete all’Inail».
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