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Norma Cossetto, stuprata e uccisa: da Biancavilla contributo al ricordo

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Norma Cossetto, studentessa universitaria istriana, nel settembre del 1943 venne torturata, violentata e gettata in uno degli inghiottitoi carsici che i partigiani iugoslavi, spesso con la collaborazione dei parigiani comunisti italiani, usarono per uccidere migliaia di persone. La sua storia nel Giorno del Ricordo, è stata considerata emblematica per descrivere i drammi e le sofferenze dell’Istria e della Venezia Giulia.

Norma Cossetto era una splendida ragazza di 25 anni di Santa Domenica di Visinada, laureanda in lettere e filosofia presso l’Università di Padova. In quel periodo girava in bicicletta per i comuni dell’Istria per preparare il materiale per la sua tesi di laurea, che aveva per titolo “l’Istria Rossa” (terra rossa per la bauxite).

Il 25 settembre 1943 un gruppo di partigiani irruppe in casa Cossetto razziando ogni cosa. Entrarono perfino nelle camere sparando sopra i letti per spaventare le persone. Il giorno successivo prelevarono Norma. Venne condotta prima nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i capibanda si divertirono a tormentarla, promettendole libertà e mansioni direttive, se avesse accettato di collaborata e di aggregarsi alle loro imprese. Al netto rifiuto, la chiusero nella ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo assieme ad altri parenti, conoscenti ed amici.

Dopo una sosta di un paio di giorni, vennero tutti trasferiti durante la notte e trasportati con un camion nella scuola di Antignana, dove Norma iniziò il suo vero martirio. Fissata ad un tavolo con alcune corde, venne violentata da diciassette aguzzini, quindi gettata nella foiba poco distante, sulla catasta degli altri cadaveri degli istriani. Una signora di Antigniana che abitava di fronte, sentendo dal primo pomeriggio urla e lamenti, verso sera, appena buio, osò avvicinarsi alle imposte socchiuse. Vide la ragazza legata al tavolo e la udì, distintamente, invocare pietà:

Il 13 ottobre 1943 a S. Domenico tornarono i tedeschi i quali, su richiesta di Lucia, sorella di Norma, catturarono alcuni partigiani che raccontarono la sua tragica fine e quella di suo padre. Il 10 dicembre 1943 i Vigili del Fuoco di Pola, al comando del Maresciallo Harzarich, recuperarono la salma: era caduta nuda supina, con le braccia legate con un fil di ferro, su un cumolo di altri cadaveri aggrovigliati; aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate.

Emanuele Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite da armi da taglio; altrettanto riscontrò sui cadaveri degli altri. Norna aveva le mani legate in avanti, mentre le altre vittime erano legate dietro. Da prigionieri partigiani, presi in seguito da militari italiani istriani, si seppe che Norma, durante la prigionia venne violentata da molti.

La salma di Norma fu composta nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Castellerier. Dei suoi diciassette torturatori, sei furono arrestati e obbligati a vegliare la salma, composta al centro, di quel corpo che essi avevano seviziato sessantasette giorni prima, nell’attesa angosciosa della morte certa. Soli, con la loro vittima, con il peso enorme dei loro rimorsi, tre impazzirono e all’alba caddero con gli altri, fucilati a colpi di mitra.

A Norna Cossette il 9 dicembre 2005 dal Presidente Ciampi fu conferita la medaglio d’oro al valore civile. Alla memoria.

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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

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