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L'Intervento

L’appello del centro Calypso: «Un lavoro per due donne abusate»

«Cari biancavillesi, qualcuno di buon cuore può offrire un posto a due nostre utenti?»

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di PILAR CASTIGLIA

Aiutare le donne vittime di violenza significa sostenerle sin dal momento della denuncia e seguirle in tutto il loro percorso di uscita dal tunnel della violenza e di presa di consapevolezza di se stesse, delle proprie potenzialità e delle proprie risorse.

Le donne vittime di violenza hanno gravissimi problemi di autostima, nel senso che esse ritengono di non valere nulla, di non meritare amore, di non meritare riscatto, di non meritare una vita serena, di non meritare una vita senza violenze.

Accompagnare le donne nel percorso di ripresa dell’autostima è come andare su un’altalena perché la denuncia è solo il primo atto, la prima mossa, ma dopo la denuncia viene tutto il resto: una vita nuova, una vita diversa, una vita fatta di alti e bassi, di cadute e di riprese, un’altalena appunto.

La solitudine, la paura, il senso di colpa per avere denunciato il proprio marito, il padre dei propri figli, la paura del giudizio degli altri, la vergogna, le accuse della famiglia di lui e molto spesso anche quelle della propria famiglia di origine: queste sono le tappe che aspettano a una donna che ha il coraggio di denunciare. Oltre il danno, la beffa! Si, parliamoci chiaro: oltre il danno la beffa!

Proprio in questi giorni, a Biancavilla, la madre di un soggetto denunciato di recente per i maltrattamenti alla propria moglie, ha tentato di convincere la propria nuora, approfittando del momento di fragilità e di confusione che oggi vive, di avere sbagliato a denunciare e di essere vittima di un’associazione a delinquere costituita da me, dai carabinieri e dalla pedagogista del centro Calypso che staremmo facendo di tutto per distruggere una famiglia!!

Eh certo, per una madre è più facile dare la colpa agli altri, è più facile criticare l’operato dei Carabinieri e del Centro Antiviolenza piuttosto che ammettere di avere cresciuto un figlio violento e ammettere che forse la colpa è anche un po’ nostra!

Ma come! Ogni giorno leggiamo ovunque lamentele di tutti coloro che dicono che i Carabinieri non intervengono se non ci scappa il morto (classica frase che almeno una volta ognuno di noi ha sentito!) e poi, quado i Carabinieri intervengono in modo tempestivo ed esemplare a tutela di una donna e dei suoi figli vittime di violenza, lo fanno perché vogliono distruggere una famiglia, con l’aiuto del centro Calypso… mah!

Mi viene da dire: da cotanta madre… cotanto figlio!

Ma non è questo il punto, il punto è che le l’inferno delle donne vittime di violenza non finisce con la denuncia e ciò a causa dei pregiudizi da cui è intrisa la nostra società, della cattiveria, della mancanza di consapevolezza.

E ciò che peggiora la situazione è la mancanza di lavoro delle donne.

Purtroppo, a Biancavilla, ci sono ancora fin troppe giovani donne che rinunciano a lavorare per fare le mogli e le madri a tempo pieno; una scelta questa certamente rispettabile, ma una scelta altamente pericolosa laddove queste donne dovessero cambiare vita, così come cambiano purtroppo vita quando una donna si trova a dovere vivere la sfortunata esperienza di lasciare il marito perché violento.

Perché dico questo?

Perché spero in una presa di posizione e una presa di coscienza da parte dei biancavillesi e spero che qualche nostro paesano consapevole e di buon cuore offra un lavoro alle donne che si rivolgono a Calypso di modo che esse lavorando possano mantenere se stesse e i propri figli e possano iniziare ad essere autonome, a non dipendere da nessuno, a costruirsi quell’autostima che non hanno mai avuto.

E allora, caro Vittorio Fiorenza, aiutaci a diffondere un appello di solidarietà, un appello di civiltà, un appello di fratellanza e di sorellanza, un appello di amore: Calypso chiede a tutti i nostri compaesani che possano offrire un lavoro alle utenti del centro –due in particolare– di contattare la redazione di Biancavilla Oggi (su facebook e scrivendo a redazione@biancavillaoggi.it) al fine di tendere una mano a donne che hanno avuto il coraggio di denunciare le violenze subite per salvare se stesse e i propri figli.

Tutti, dico tutti, dobbiamo impegnarci nella battaglia di civiltà contro la violenza sulle donne che, lo ribadisco sempre, non è una battaglia delle donne contro gli uomini, ma è una battaglia di amore e di rispetto che uomini e donne insieme devono combattere, anche offrendo un posto di lavoro, offrendo una nuova opportunità alle donne che denunciano costituendo un esempio per tutti noi. Grazie a chi vorrà raccogliere questo appello e grazie a Vittorio Fiorenza e a Biancavilla Oggi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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«Nel ricordo di Borsellino, l’impegno è combattere la mentalità mafiosa»

Ci scrive l’assessore Vincenzo Randazzo: una riflessione su via D’Amelio che riguarda Biancavilla

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Gentile direttore di Biancavilla Oggi,

oggi si ricorda la tragica morte del giudice Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, tra i quali una donna. L’amministrazione comunale ha organizzato una fiaccolata che da Villa delle Favare giungerà a Piazza Falcone e Borsellino. A questa iniziativa partecipano, oltre alle diverse associazioni di volontariato, anche i ragazzi e i giovani dei diversi Grest. Una manifestazione importante per condividere il ricordo di uno degli eventi più tragici della storia italiana e caratterizzata dalla seria e concreta lotta contro il sistema mafioso, ma soprattutto contro la sua mentalità.

Ecco il punto: il messaggio di Paolo Borsellino e il suo volontario sacrificio hanno dell’attualità ancora un valore? Le nuove generazioni li recepiscono? Qualche dubbio mi sorge se guardo ai modelli sociali e culturali prevalenti: individualismo esasperato, esagerata messa in mostra di atteggiamenti malandrineschi, menefreghismo, esibizione del proprio desiderio di dominio, farsi ragione con la violenza… Appunto, mentalità mafiosa, che non poche volte determina risse.

Tutto questo rende vano quanto Paolo Borsellino ha cercato di insegnare e la cosa che amareggia di più è considerare un fesso il giudice palermitano. E come lui, fessi Falcone, Chinnici, Impastato, Don Puglisi, Livatino, Fava… E tanti che nel combattere la mafia sono caduti. Perdoni, direttore, il mio sfogo, ma tanto tanto tanto è il lavoro che va fatto. Come Amministrazione, certamente. Ma anche come famiglie, come istituzioni in senso lato, come scuola, come gruppi di volontariato… l’obiettivo è contrastare la mentalità mafiosa.

VINCENZO RANDAZZO, Assessore comunale

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