Connettiti con

Cultura

Nino Milazzo, il legame con Biancavilla di un testimone e cronista del ‘900

Il ricordo del nostro collaboratore che vanta un lungo rapporto di amicizia con il grande giornalista

Pubblicato

il

Voleva essere ricordato semplicemente come un giornalista. Ma per Nino Milazzo, che se ne è andato all’età di 91 anni, la notizia era tutt’altro che un fatto di consumo. Si faceva presa di coscienza, punto di discrimine, impegno morale.  

Nato a Biancavilla nell’inverno del 1930, dove la madre aveva deciso di portare a compimento la gravidanza col conforto materno, Antonino visse l’adolescenza in un’Italia piagata dalla violenza bellica. Tra i suoi ricordi indelebili una rappresaglia nazista al nord e una tradotta che dal passo del Brennero riportava gli italiani sopravvissuti ai lager. Rientrato in Sicilia ad Adrano, dove aveva iniziato gli studi secondari, rimase impressionato dal dispiegamento di forze per la cattura del brigante Vincenzo Stimoli.

Al giornalismo – raccontava – approdò casualmente: il cugino cronista doveva prendere un permesso di due settimane per il viaggio di nozze e, non avendo trovato nessun’altro che potesse sostituirlo, gli chiese tale cortesia per due settimane. Era il primo di una serie di aneddoti. Da quel momento il corpo 8 divenne il carattere della sua vita. Approdò a “La Sicilia” dapprima come cronista sportivo, poi inviato (memorabili i reportage sul disastro del Frejus del ‘59) e infine redattore. Suoi i commenti ai grandi eventi del ‘900: dall’assassinio di Martin Luther King al sequestro Moro; dal massacro di Monaco alla guerra del Kippur.

Per Milazzo, osservatore acuto del mondo che cambiava, gli esteri divennero l’argomento principe. Intervistò in esclusiva l’attivista russa Elena Georgievna Bonnėr (moglie di Sacharov) e Gheddafi in tenda a Tripoli, prima di un lungo viaggio reportage negli Usa. Per due stagioni fu al “Corriere della Sera” (il primo articolo da titolare fu uno di Pasolini al quale mise i capoversi e qualche virgola), la seconda da vicedirettore (forse punto più alto di un prestigioso cursus honorum) e qui fu tra i più stretti collaboratori di Enzo Biagi, con il quale andava in montagna. Una volta anche con Montanelli e Gasmann.

Un tarlo gli rimase per tutta la vita: aver voluto che il suo amico Pippo Fava fosse intervistato televisivamente da Biagi. Alcuni giorni dopo, Fava moriva crivellato di proiettili. Nota la polemica con Giorgio Bocca e i dissapori con Vittorio Feltri. Oriana Fallaci apprezzò di lui la conoscenza del mondo extraeuropeo. Alla sua scuola si sono formati alcuni tra i più importanti giornalisti, nota la sua amicizia con Ferruccio De Bortoli, che ricordava al suo timido ingresso in via Solferino e con Francesco Merlo.

Tratto distintivo, l’eleganza che – come nella vita – si riverberava nella scrittura. Appassionato della prosa di Bufalino (ricordava un pomeriggio con lui sull’Etna) e Bettiza.

Nino Milazzo e la “sua” Biancavilla

Con Biancavilla non recise mai il cordone ombelicale. D’estate tornava alle Vigne a trovare gli amici del “Circolo Castriota”, che lo annovera tra i soci onorari.  Nel 2011 fu chiamato a dirigere il Comitato per i Beni e le Attività Culturali del Comune.

È in questa stagione che vide la luce il nuovo Annuario, a oggi l’ultimo stampato, che include tra gli altri i contributi di Giuseppe Coco e Antonio Tabucchi. Memorabile la presentazione della “Antologia della Memoria”, in cui si confrontò con Giuseppe Giarrizzo a Villa delle Favare, e l’omaggio che proprio a Milazzo, in quella sede, gli tributò Enzo Bianco.

Di lui una mattina mi sorprese una telefonata. Mi trovavo a Roma. Alcune sere prima il desiderio di far diventare l’Annuario un periodico di divulgazione ampia e di qualità non aveva trovato il consenso di tutti. Rimasi colpito dalla sua affabilità e il suo volere che tutti noi che ci apprestavamo a vivere quell’esperienza potessimo condividere qualcosa a partire dal “tu”, nonostante la grande escursione generazionale e di vita. Come a dire che la carta scritta è nulla se non c’è un’affinità umana di intenti a sorreggerla.

E quella telefonata del “Direttore”, a coglierci con stupore e imbarazzo, fummo in diversi a riceverla. Gustò tanto un gossip nostrano di inizio Novecento raccontato da Biancavilla Oggi e con il quale Vittorio Fiorenza si guadagnò la prima pagina de “La Sicilia”: entusiasta, volle congratularsi personalmente con lui.

Lo scorso 3 giugno andai a trovarlo nella sua casa a Catania. Alle pareti, le foto del suo incontro con Giovanni Paolo II, con Ciampi e sul computer una felice giornata di mare in compagnia di Candido Cannavò. Era provato nel fisico ma lucido. Ne nacque una conversazione anche con Franco Contorbia, massimo storico del giornalismo italiano. È l’ultimo ricordo che ho di lui prima di un abbraccio. I libri ora mostravano una patina di polvere, non c’erano più quotidiani in giro, i gatti andati per sempre.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicità
Fai clic per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cultura

1° Maggio a Biancavilla, l’occupazione delle terre e quelle lotte per i diritti

Il ruolo della Sinistra e del sindacato: memorie storiche da custodire con grandissima cura

Pubblicato

il

Anche Biancavilla vanta una ricca memoria storica sul 1 maggio. Nel nostro comprensorio non sono mancate, nel secolo scorso, iniziative e manifestazioni di lotta per i diritti dei lavoratori.

Spiccano su tutte l’occupazione delle terre e la riforma agraria di cui ci parla Carmelo Bonanno nel recente libro “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia. La ricostruzione dei partiti, le prime elezioni e i protagonisti politici dopo la caduta del fascismo”.

Il volume, edito da Nero su Bianco, raccoglie le testimonianze di alcuni dei protagonisti della vita politica e sindacale locale del Novecento, evidenziando le numerose iniziative volte a spazzare via i residui del sistema feudale di organizzazione delle terre e ad ottenere la loro redistribuzione.

Il mezzo principale per raggiungere tale obiettivo fu l’occupazione delle terre ad opera di un folto gruppo di contadini e braccianti. Tra questi, Giovanbattista e Giosuè Zappalà, Nino Salomone, Placido Gioco, Antonino Ferro, Alfio Grasso, Vincenzo Russo. A spalleggiarli anche diversi operai. Tra loro, Carmelo Barbagallo, Vincenzo Aiello, Domenico Torrisi, Salvatore Russo. Ma anche intellettuali come Francesco Portale, Nello Iannaci e Salvatore Nicotra.

Così, ad essere presi di mira furono anzitutto i terreni del Cavaliere Cultraro in contrada Pietralunga, nel 1948. Più di 400 persone li occuparono per cinque giorni e desistettero soltanto per l’arrivo della polizia, che sgomberò le proprietà.

A questa occupazione ne seguirono altre, tutte sostenute dai partiti della Sinistra dell’epoca (Pci e Psi in testa) e dalla Camera del Lavoro, e col supporto delle cooperative agricole di sinistra.

Le parole del “compagno” Zappalà

Significativa la testimonianza, riportata nel libro di Bonanno, del “compagno” Giosuè Zappalà: «Gli insediamenti furono vissuti con grande entusiasmo e costituirono per noi protagonisti dei veri e propri giorni di festa in cui potevamo manifestare la libertà che per tanti anni ci era stata negata. Le terre, i cui proprietari erano ricchi borghesi e aristocratici, spesso si trovavano in condizioni precarie, erano difficilmente produttive e necessitavano di grandi lavori di aratura, semina e manutenzione. Noi braccianti, perciò, con grande impegno e dedizione, spinti, oltre che dalla passione per il nostro lavoro, anche e soprattutto dalle condizioni di vita misere di quei tempi, ci occupammo, fin quando ci fu concesso, dell’opera di bonifica. Erano terre che di fatto costituivano per moltissimi l’unica fonte di reddito disponibile».

Tali iniziative, innestatesi nel corso del processo di riforma agraria che portò al superamento del sistema di governo delle terre sino ad allora vigente, condussero però a risultati contraddittori, poiché alcuni contadini ottennero terre produttive mentre altri terre scadenti. Ciò acuì il clima di invidia e inimicizia tra i protagonisti di quelle lotte e condusse alla rottura definitiva della coesione e della solidarietà della categoria.

Ciò non toglie che queste iniziative e manifestazioni segnarono un passaggio molto importante nella storia politica, socio-economica e sindacale locale e posero le basi per la “conquista” del palazzo municipale nel 1956 con l’elezione di Peppino Pace, primo sindaco comunista di Biancavilla.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Continua a leggere
Pubblicità

DOSSIER MAFIA

I più letti