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Cultura

“Fuochi di Bengala”, un pezzo futurista di Antonio Bruno agli Uffizi di Firenze

Nella mostra sulla cultura del primo ‘900, anche il volume che consacrò il poeta biancavillese

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© Foto Biancavilla Oggi

Una copia di “Fuochi di Bengala”, libro che consacrò il poeta Antonio Bruno nel ristretto novero dei futuristi, è esposta nelle Gallerie degli Uffizi di Firenze per la mostra “Riviste. La cultura in Italia nel primo ‘900”, inaugurata dal ministro Sangiuliano e visitabile fino al 17 settembre. Sono esposti alcuni dei periodici che hanno segnato una tappa fondamentale nella storia culturale, nel costume e nell’opinione degli italiani vissuti all’inizio del Novecento. Oltre al “Leonardo” che nel 1903 dà vita al sodalizio di Papini e Prezzolini e getta le basi per “La Voce”, ci sono l’interventista “Lacerba”, le antifasciste “L’ordine Nuovo” e “Il Baretti”, per finire con “La Ronda”, “Solaria” e le più schierate e disobbedienti “L’Italiano” e “Il Selvaggio”.

Ampio spazio è riservato a “L’Italia Futurista”, il periodico che a Firenze nel 1916 segnò un rinnovamento del movimento di Marinetti (sono in mostra alcune lettere inviate a Primo Conti), e la presa di distanza con il gruppo milanese anche in senso letterario.

Antonio Bruno, biancavillese nato nel 1891, si era trasferito stabilmente a Firenze nella camera n. 10 de l’”Hotel de Rome” con affaccio su Piazza della Repubblica, dove avevano sede gli storici caffè letterari “Le Giubbe Rosse” e “Gambrinus”, con l’unico intento di seguire i futuristi, cosa che gli sarà rimproverata peraltro da Giovanni Centorbi, antico sodale fin dai banchi del Convitto Cutelli di Catania.

Da subito entrò nella redazione del quindicinale, ne “La pattuglia azzurra”, gruppo direzionale sotto la protezione di Emilio Settimelli, prefatore di “Fuochi di Bengala”. Il volume, apparso nella tarda estate del 1917, con la copertina di Arnaldo Ginna è esposto insieme a testi cardinali della poesia italiana quali i “Canti Orfici” di Dino Campana (1916) e “Ossi di seppia” di Eugenio Montale (1925).

È un prosimetro in cui sono raccolti testi che Bruno aveva pubblicato sul periodico catanese “Pickwick”, pagine di diario con riflessioni di costume sulla provincia etnea e componimenti paroliberi, tra cui “Dolly ma ma Dolly” dedicato alla sua chanteuse e musa fiorentina Ada Novelli. L’originalità della poesia del Nostro sta nel far convivere le esperienze poetiche moderne, sperimentate nelle capitali d’Europa, con l’impeto delle avanguardie futurista e dadaista. Ne risulta un verso “serico” con punte tonali di dirompente intensità. In Canada l’ultima sessione del congresso degli italianisti ha previsto uno studio proprio sulla lirica del Bruno.

Una proposta al Comune

Nasce – qui su Biancavilla Oggi – una considerazione a margine. La Biblioteca di Biancavilla custodisce una copia fior di stampa dei ricercatissimi “Fuochi”. Per intenderci, un’altra copia è conservata alla Biblioteca Nazionale di Parigi tra i volumi personali di Apollinaire. Oltre alle pagine autografe, tra cui i diari di Antonio Bruno, custodisce “L’Italia Futurista” e “Lacerba” e centinaia di lettere, da Verga a Marinetti, da Campana a Ungaretti. In questo momento, a Firenze, sono esposte le concomitanti lettere che il poeta de “Il porto sepolto” indirizzò a Papini. In una di queste, dal fronte scrive di aver inviato a Bruno la lirica “I Ritrovi”.

Sono trascorsi dieci anni dalla donazione che ne fece Alfio Fiorentino (forse troppo spesso se ne dimentica il gesto). Si attende ancora una valorizzazione significativa del fondo. Un’iniziativa in grado di creare una rete con istituti di ricerca sulle avanguardie storiche, che coinvolga pure il Ministero.

Si pensi ad una grande mostra su Antonio Bruno e il Novecento figurativo e letterario (custodiamo anche una cartolina collage di Giacomo Balla). Una mostra che offra agli studenti e ai cultori un contatto diretto con una delle esperienze più singolari dell’arte del ‘900. Si renderebbero così fruibili e oggetto di studio, anche in Sicilia, documenti unici per quanti non possono visitare Firenze, Parigi o Yale. Per inciso: la Beinecke Library custodisce le lettere che il poeta biancavillese spedì a Marinetti, da noi, in Biblioteca, ci sono le risposte.

Bisogna pensare il tutto con sistemi di più ampia fruizione, a partire da un catalogo scaricabile con QR code all’ingresso della mostra e on line. Un modo per far dialogare Biancavilla col mondo. E nel contempo, far sapere al mondo che esiste una Biancavilla di terza pagina e non solo di cronaca.

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Cultura

Tra storia e psicologia sociale: Filadelfio Grasso scruta la mente dei briganti

“Nero su Bainco Edizioni”, una nuova prospettiva su una delle pagine più controverse tra ‘800 e ‘900

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Il fenomeno del brigantaggio nel territorio etneo, in particolare nei comuni di Bronte, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Paternò e Belpasso, ma anche – al di là del fiume Simeto – di Centuripe. Un fenomeno storico complesso, ora analizzato da Filadelfio Grasso, studioso e cultore di storia e tradizioni locali, apprezzato collaboratore di Biancavilla Oggi.

La ricerca di Filadelfio Grasso, dottore in Discipline psicologiche e sociali e in Scienze pedagogiche, offre non soltanto un punto di vista diverso, ma anche l’uso della lente della psicologia sociale. “Nella mente dei briganti”, volume pubblicato da Nero su Bianco Edizioni, esplora le radici del fenomeno. Lo fa attraverso il contesto storico dall’Unità d’Italia ai primi del Novecento, le dinamiche sociali e le condizioni economiche che spinsero uomini comuni a ribellarsi contro le ingiustizie, il modo in cui erano visti dalla comunità in cui vivevano.

Filadelfio Grasso, con documenti e testimonianze, focalizza l’attenzione su personaggi legati al nostro territorio. Non soltanto banditi, ma anche personalità emblematiche, travolte dalla rabbia e dalla disperazione in un’Italia postunitaria segnata da ingiustizie e promesse disattese.

Un’opera che va oltre il freddo racconto dei fatti e che indaga il pensiero, le emozioni e le motivazioni interiori dei briganti, offrendo una nuova prospettiva su una delle pagine più controverse e complesse della storia italiana.

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Chiesa

Nella chiesa dell’Annunziata restauri in corso sui preziosi affreschi del ‘700

Interventi sulle opere di Giuseppe Tamo, il parroco Giosuè Messina: «Ripristiniamo l’originaria bellezza»

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All’interno della chiesa dell’Annunziata di Biancavilla sono in corso i lavori di restauro del ciclo di affreschi della navata centrale, della cornice e dei pilastri. Ciclo pittorico di Giuseppe Tamo da Brescia, morto il 27 dicembre 1731 e sepolto proprio nell’edificio sacro.

Gli interventi, cominciati a febbraio, dovrebbero concludersi a giugno, ad opera dei maestri Calvagna di San Gregorio di Catania, che ben conoscono hanno operato all’Annunziata per diversi restauri negli ultimi 30 anni.

Il direttore dei lavori è l’arch. Antonio Caruso, il coordinatore per la sicurezza l’ing. Carmelo Caruso. Si procede sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Agrigento.

«Quest’anno la Pasqua è accompagnata da un elemento che è il ponteggio all’interno della chiesa. Il ponteggio – dice il parroco Giosuè Messina – permette il restauro della navata centrale e delle pareti, per consolidare l’aspetto strutturale della volta e ripristinare la bellezza originaria  dell’apparato decorativo. Chiaramente questo ha comportato una rivisitazione del luogo, soprattutto con l’adeguamento dello spazio per permettere ai fedeli la partecipazione alla santa messa».

«In questa rivisitazione dei luoghi liturgici, l’Addolorata – prosegue padre Messina – quest’anno non ha fatto ingresso all’interno della chiesa a seguito degli spazi limitati, ma abbiamo preparato l’accoglienza in piazza Annunziata, esponendo anche esternamente la statua dell’Ecce Homo. La comunità, insieme ai piccoli, ha preparato un canto e poi il mio messaggio alla piazza. Un messaggio di speranza: le lacrime di Maria sono lacrime di speranza».

I parrocchiani dell’Annunziata stanno sostenendo le spese del restauro, attraverso piccoli lasciti e piccole offerte, per ridare bellezza a questo luogo di culto, tra i più antichi di Biancavilla.

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