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L'Intervento

“Divorzio all’italiana”, la provincia e la “povera assassina” di Biancavilla

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di Pietrangelo Buttafuoco

Ho passato l’estate a gareggiare con mio cugino Fausto Ventura in tema di “Divorzio all’italiana”, il film di Pietro Germi. È stato, il nostro, un match di situazioni sulla pellicola a suo tempo baciata dal premio Oscar.

Quel film è un capolavoro sulla mutazione dei costumi ed è sempre attuale se una moglie –a Biancavilla, ai piedi dell’Etna– per liberarsi del marito lo ammazza a colpi di bastone. La povera assassina scrive a sua volta una sceneggiatura tutta di provincia e di efferatezza ma con un capovolgimento semantico, se non proprio sanguinario.

Se, infatti, nel film di Germi il barone Cefalù spinge la moglie all’adulterio e per poterle sparare e così ritrovare, con l’onore, l’opportunità di sposarsi la nipote (lui è Marcello Mastroianni, la ragazza è Stefania Sandrelli), nella realtà di Biancavilla, invece, la povera assassina racconta di ladri sopraggiunti nottetempo per mettere in atto il maschicidio, una variante del rimosso che non ha appeal nella lingua ufficiale dell’ideologia.

Non è mai la carne il sangue a chiamare pietà perché –ed è una legge culturale, non di carità– è l’ideologia a stabilire il parametro: si piange il feticcio, mai la donna. Come quando si riscrive la toponomastica. Tutto quel rivoluzionare le targhe nelle strade e nelle piazze –è successo in Francia, un blitz delle femministe– non è stata una dedica alle donne, ma un attributo al feticcio.

I mariti fatti fuori non hanno cantori. È l’ideologia a nutrire la prosa commossa. Il diritto di Biancavilla, infatti, non è stato propriamente l’altra faccia del femminicidio, piuttosto una mostruosità mancante di una semplice domanda: protetta dalla legge, la povera assassina, non faceva prima, e meglio –rifugiando nel commissariato più vicino– a chiedere il divorzio?

Era, “Divorzio all’italiana”, il modo più efficace per spiegare l’amarsi e il separarsi tra uomini e donne in una società dove non c’era ancora il divorzio e uccidere nientemeno, nella quiete della provincia e più remota, più che come un paradosso, restava come un’ovvia eventualità.

Sono passati più di cinquant’anni dal film e se si uccide ancora per separarsi è segno che la provincia se la cova ancora la violenza.

Senza scomodare l’ideologia resta eterno il dettato di Georges Simeon: “Me ne sono andato via da quei posti per raccontare quei delitti che, altrimenti, restando, avrei commesso io”.

Tutto è nel dettaglio. La povera assassina mette in opera il maschicidio e poi, affidandosi alla pietas dei poliziotti, chiede loro: “Ma ora che si sa tutto, è il caso che io vada al funerale?”.

Ho ancora negli occhi la balconata bassa, una sorta di galleria, nel palazzo di Ispica dove Pietro Germi asserragliò le comparse per mettere in scena lo sguardo bieco della gente in attesa di un esito tra il barone Cefalù, cornuto per strategia, e la signora moglie, buttana inconsapevole e destinata a crepare.

Tutti abbiamo un pezzo di carne da cui liberarci. Ho raccolto il racconto di un uomo che ha interiorizzato la violenza vista da bambino. Se n’è andato via per non diventare come suo padre, violento con la madre. Marito e padre di ben quattro bimbe a volte si sveglia la notte e trema all’idea di essere uguale a chi, a lui –a tutti noi– è lontano ma uguale. E l’andarsene non è mai feticcio, è ferita.

(Tratto da “Il Fatto Quotidiano” del 31 agosto 2015)

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Enza Ingrassia

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«Nel ricordo di Borsellino, l’impegno è combattere la mentalità mafiosa»

Ci scrive l’assessore Vincenzo Randazzo: una riflessione su via D’Amelio che riguarda Biancavilla

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Gentile direttore di Biancavilla Oggi,

oggi si ricorda la tragica morte del giudice Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, tra i quali una donna. L’amministrazione comunale ha organizzato una fiaccolata che da Villa delle Favare giungerà a Piazza Falcone e Borsellino. A questa iniziativa partecipano, oltre alle diverse associazioni di volontariato, anche i ragazzi e i giovani dei diversi Grest. Una manifestazione importante per condividere il ricordo di uno degli eventi più tragici della storia italiana e caratterizzata dalla seria e concreta lotta contro il sistema mafioso, ma soprattutto contro la sua mentalità.

Ecco il punto: il messaggio di Paolo Borsellino e il suo volontario sacrificio hanno dell’attualità ancora un valore? Le nuove generazioni li recepiscono? Qualche dubbio mi sorge se guardo ai modelli sociali e culturali prevalenti: individualismo esasperato, esagerata messa in mostra di atteggiamenti malandrineschi, menefreghismo, esibizione del proprio desiderio di dominio, farsi ragione con la violenza… Appunto, mentalità mafiosa, che non poche volte determina risse.

Tutto questo rende vano quanto Paolo Borsellino ha cercato di insegnare e la cosa che amareggia di più è considerare un fesso il giudice palermitano. E come lui, fessi Falcone, Chinnici, Impastato, Don Puglisi, Livatino, Fava… E tanti che nel combattere la mafia sono caduti. Perdoni, direttore, il mio sfogo, ma tanto tanto tanto è il lavoro che va fatto. Come Amministrazione, certamente. Ma anche come famiglie, come istituzioni in senso lato, come scuola, come gruppi di volontariato… l’obiettivo è contrastare la mentalità mafiosa.

VINCENZO RANDAZZO, Assessore comunale

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Giardina: «Distefano eviti certe sparate e mediti sulla sconfitta disonorevole del Pd»

Prosegue la querelle: dopo l’intervento del presidente del Pd, ospitiamo l’esponente di maggioranza

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© Foto Biancavilla Oggi

Egregio direttore,

anche io chiedo ospitalità – cosa che non ho mai fatto – su Biancavilla Oggi perché costretto a rispondere all’ex collega Alfio Distefano, che stimo e apprezzo come persona, oltre all’immenso rispetto del suo ruolo politico e della sua appartenenza ad un partito lontanissimo dalle mie idee.

Ultimamente, però, forse a causa della durissima sconfitta elettorale, Distefano ha delle uscite pubbliche discutibili, sparate senza essersi prima minimamente documentato. Anche io ho conosciuto l’amarezza della sconfitta per una manciata di voti ma non ho mai avuto reazioni simili. Forse Distefano prova rancore nei confronti dei cittadini, che hanno sonoramente messo ai margini la sua parte politica, in termini di consensi. Il suo obiettivo sembra essere quello di creare panico nei cittadini o esortarli ad un certo disordine sociale. Si veda la sua sparata sul “salasso” della bollettazione Tari 2023. In realtà, non si è accorto che quest’anno la bollettazione è unica mentre l’anno scorso era divisa in acconto e saldo. Tutto questo non fa altro che ridicolizzare il ruolo politico dello stesso Distefano.

L’intervento di Distefano è di pura propaganda elettorale, ad elezioni ormai concluse, camuffato da “diritto di replica” alla cronaca fatta da Biancavilla Oggi. L’ex collega mi accusa di essere un ingordo di poltrone. La mia nomina ad assessore è del 9 giugno 2022. Ero sì consigliere e presidente della 3a commissione consiliare permanente. Ma da come si può leggere nel verbale di convocazione del 7 settembre 2022 non vi era alcun componente di minoranza in commissione. Il ruolo di presidente mi era stato richiesto dai componenti stessi. Quando le commissioni, su richiesta di tutti i consiglieri, sono state rimodulate, alla prima seduta, convocata dal Presidente del Consiglio l’11 ottobre 2022, Distefano è stato subito nominato presidente, in quanto unico componente di minoranza. Quindi la sua richiesta di dimissioni ottemperata da me dopo 10 mesi è una balla bella e buona, proprio da esposto alla Procura.

Vengo poi definito “recordman di poltrone”. Faccio notare, invece, che il 30 dicembre 2022 ho avuto dal sindaco la delega di vice sindaco e, dopo qualche settimana, così come riportato anche su Biancavilla Oggi, ho lasciato la carica di consigliere comunale. Tutto questo per fare notare che le argomentazioni dell’ex consigliere del Pd sono prive di fondamento.

Per quanto riguarda l’assenza fisica e politica del Partito Democratico in Consiglio Comunale, parlano gli atti degli ultimi 5 anni. Da quando Distefano è “salito” in Aula, grazie alle dimissioni di Carmelo Mignemi per incompatibilità con il fratello Vincenzo nominato assessore, ha continuato sulla stessa falsariga. Assente nell’approvazione dei bilanci e degli atti importanti per la città e soprattutto privo di contenuti. Mai un emendamento al Bilancio o al piano triennale delle opere pubbliche. Mai un atto concreto ma solo proposte pretestuose e strampalate. Per esempio, quella di scavare un nuovo pozzo d’acqua per rispettare dei requisiti che dovevano esistere nel 2015.

Al presidente del Pd, Alfio Distefano, ricordo che una delle regole elementari non scritte della Politica è che di fronte ad una sconfitta elettorale, il massimo esponente di un partito rassegni sempre le dimissioni. Di fronte ad una sconfitta disonorevole come quella che la Sinistra ha rimediato a Biancavilla (un autentico cataclisma senza precedenti), oltre alle dimissioni, non dico che bisognerebbe darsi alla fuga, ma almeno rimanere qualche mese in silenzio. Un periodo necessario per comprendere gli errori della batosta inflitta dai biancavillesi e rendersi consapevoli che i cittadini hanno deciso fortemente, democraticamente e liberamente di affidare la città al Centrodestra. Con stima,

VINCENZO GIARDINA

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