Cultura
“Sminnari”, uno sfregio che non ha attinenza con il martirio di Sant’Agata
Un verbo usato dai poeti siciliani e, cosa sorprendente, presente anche nella letteratura contemporanea
Per esprimere il concetto di “sfregiare, sconciare; sciupare, rendere inservibile, rovinare, ad esempio un vestito, nel tagliarlo, nel confezionarlo o anche macchiandolo”, usiamo a Biancavilla e in tutta la Sicilia il verbo sminnari. Così, diciamo: a sarta mi sminnàu a vistina “la sarta mi ha rovinato il vestito”, si-vvai ni ḍḍu varveri ti smenna i capiḍḍi “se vai da quel barbiere, ti rovina il taglio dei capelli”, ccu na cutiḍḍata cci sminnàu a facci “con una coltellata gli ha deturpato il volto” ecc.
Altri significati registrati dalla lessicografia sono, per esempio, a) “malmenare, conciare per le feste qualcuno”, b) eufem. “deflorare una ragazza”. Si usa anche nella forma pronominale sminnàrisi: sminnàrisi a saluti ‘rovinarsi la salute’, u vistitu si sminnàu l’abito si è rovinato.
Un verbo nella letteratura contemporanea
Mentre non stupisce che il nostro verbo sia stato usato dai poeti siciliani, meno scontato è trovarlo nei romanzi di scrittrici e scrittori contemporanee/-i. Tutte/i mosse/-i dall’«urgenza di rinsaldare, attraverso la lingua, il legame con la cultura che essa esprime ed evoca (più o meno apertamente) in chi legge».
Ecco dunque un florilegio di usi letterari di sminnare:
Qualche minuto dopo, da un angolo buio della cabina dove si trovavano, qualcuno disse: «Talìa a quello com’ è sminnato!» (Roberto Alajmo, Notizia del disastro).
[…] li tastiàvo i capelli che mi facevano simile alla zia Annina, quasi che la supplica del mio cuore potesse pitturarli di nero marrone castano invece che rossi. O più, sminnàrli proprio dalla radica come si faceva con la gramigna (Silvana Grasso, Disìo).
In tanti anni nessuno in paese aveva mai capito chi, di notte, sminnava aranci e mandarini e lumìe del fiore di zagara. Ci avevano perso la testa a capirne il mistero, ma niente. Non c’era ragione di crapuliare il fiore di zagara, se non la pazzia o il capriccio (Silvana Grasso, Pazza è la luna).
Da anni Anselma non lo faceva più il liquore di zagara, era troppo vecchia e poi non ci vedeva, ma Nicolino continuava lo stesso, anche se con minore frequenza notturna, in febbraio e marzo a sminnare zagare dagli aranceti, a riempirsene le tasche, il maglione (Silvana Grasso, Manitta da La ddraunàra).
“Siamo in pieno boom edilizio, al Comune le licenze si vendono sotto gli occhi di tutti. Stanno sminnando Palermo”, commentava la signora Elina, e lamentava la perdita del lungomare tra il porto e il Castello a mare, alla Cala (Simonetta Agnello Hornby, Via XX Settembre).
Sentivo mia madre e mia nonna urlare e battere i pugni contro il legno della porta, pregandolo di smettere, di fermarsi, altrimenti mi “sminnava” (Sara Grimaldi, Giochi di bambina).
Dal verbo deriva il nome smennu “sfregio, ferita deturpante”, “deformità”, “difetto, imperfezione”, “diffamazione, calunnia”.
Le “minne” della Santa? Solo suggestione
Per quanto riguarda, infine, l’origine del verbo, non si tratta certo di un derivato di minna “mammella” (magari sotto la suggestione del martirio di sant’Agata), da cui deriva, invece, l’omonimo sminnari. Verbo che significa “svezzare un bambino”, letteralmente “togliergli l’abitudine di succhiare dalla mammella”, ma di un derivato del siciliano menna o mennu, ormai scomparso dall’uso, registrato dalla nostra lessicografia col significato di ‘menda, difetto, imperfezione’: mèntiri u mennu a tutti cosi “trovare da ridire su tutto”. Il nome, a sua volta, risale al latino menda(m) o mendu(m) “macchia sul corpo, difetto fisico” e “sbaglio, errore”. Da qui anche l’italiano menda, emendare, emendamento ecc., voci della filologia e dell’attività legislativa del parlamento.
P.S. Per apprezzare la differenza tra sminnari “sfregiare, deturpare” (da menna) e sminnari “svezzare” (da minna), si provi a coniugare i due verbi. Risultano omonimi all’infinito, ma non nel presente indicativo: iù smennu, tu smenni ecc. da una parte, e iù sminnu, tu sminni ecc., dall’altra.
P.P.S. Un’altra parola che potrebbe essere associata a sminnari, ma solo per il significato, è sminnittïari “sfregiare, sconciare”, “fare scempio”, “sciupare, sprecare”, “dilapidare” ecc. Anche questo verbo, come i precedenti, deriva da un nome, in questo caso minnitta che non significa *“piccola mammella”, ma “vendetta”, “sperpero, spreco”, “strage, sterminio”; nella frase fari minnitta di na cosa “fare scempio di qualcosa”; riferito a qualcuno, minnitta vale “persona crudele”. La base di minnitta è dunque il lat. VINDICTA “vendetta”.
PER SAPERNE DI PIU’
“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia
ORDINA ONLINE
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cultura
Premio Scanderbeg assegnato ad Alfio Grasso su proposta di “Biancavilla Oggi”
Riconoscimento dato per il suo impegno culturale: preziosissimi i volumi pubblicati con “Nero su Bianco”
Ad Alfio Grasso, studioso di storia locale, autore della nostra casa editrice “Nero su Bianco“, già dirigente sindacale e più volte amministratore comunale (fino a ricoprire la carica di sindaco per il Partito Comunista Italiano), è stato assegnato il Premio Scanderbeg.
La manifestazione, voluta e organizzata dalla presidenza del Consiglio Comunale di Biancavilla, si è tenuta a Villa delle Favare con la conduzione di Ruggero Sardo. Il riconoscimento si avvale anche delle indicazioni delle testate giornalistiche locali. Quello di Alfio Grasso è il nome avanzato per quest’edizione da Biancavilla Oggi: subito accolto dagli organizzatori.
Dal palco allestito nella corte di Villa delle Favare, Grasso si è detto «orgoglioso di essere biancavillese e felice di avere pubblicato con “Nero Su Bianco”, casa editrice biancavillese dell’amico Vittorio Fiorenza».
Una vita tra politica e impegno culturale
Già professore a contratto nelle Facoltà di Agraria delle Università di Palermo e Reggio Calabria, Alfio Grasso ha svolto attività politica a Biancavilla come dirigente del Partito Comunista Italiano, ricoprendo la carica di consigliere comunale, di assessore e di sindaco.
È stato presidente dell’Associazione regionale delle cooperative agricole e delle cooperative di produzione lavoro. Ha guidato il Centro regionale di studi e formazione cooperativa. È stato componente del Consiglio di Amministrazione dell’Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Sicilia.
Vanta una lunga collaborazione con riviste giuridiche e di agraria: ha scritto per il “Novissimo Digesto Italiano” (Utet) e per la “Rivista di storia dell’agricoltura” dell’Accademia dei Georgofili di Firenze. È autore di diversi volumi sul cooperativismo in agricoltura.
Notevole e apprezzatissimo il suo contributo dato per gli studi di storia locale. Per la nostra casa editrice, Alfio Grasso ha pubblicato “Patrioti del Risorgimento a Biancavilla. Angelo Biondi e Placido Milone, indiscussi protagonisti” (2024), “Biancavilla contro il Duce. 23 dicembre 1923, la prima sommossa popolare antifascista” (2021), “Antonio Bruno, letterato e politico” (2020) e “Antichi versi contadini. L’agricoltura nella poesia dialettale di Placido Cavallaro (1784-1866)” (2018).
Gli altri premiati
Oltre a Grasso, i premiati di quest’anno sono stati anche il poeta Giuseppe Tomasello, Simona Alongi, Santo Finocchiaro e Giuseppe Marchese.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
-
Cronaca2 mesi fa
Per l’omicidio di Antonio Andolfi resta in carcere Salvatore Santangelo
-
Cronaca3 mesi fa
Mafia a Biancavilla, Pippo “u pipi” e i suoi picciotti tutti rinviati a giudizio
-
Cronaca3 mesi fa
Omicidio a Biancavilla: la vittima è Antonio Andolfi di appena 20 anni
-
Cronaca2 mesi fa
Salvatore Santangelo accusato anche di tentato omicidio del secondo uomo