Connettiti con

Cultura

È sempre così: per ogni mamma, i figli sono la “curinedda” del nostro cuore

Il termine esprime tenerezza e amore: deriva dal greco con il significato di “germoglio”

Pubblicato

il

Fra le parole che le mamme usavano a Biancavilla per esprimere amore e tenerezza verso i figli e le figlie c’è curina, variamente declinato in espressioni come curineḍḍa!, curina dô ma cori!, curineḍḍa dâ mamma! ecc., tutte col significato di “amore mio!”, “cuore mio!”, “gioia dell’anima mia!” e sim.

Con questo tipo di significati la nostra parola è usata nei romanzi e racconti di Silvana Grasso, di cui diamo qualche esempio:

Ah Sasà! che hai combinato figlio mio?! Ah Sasà curina del mio cuore! E come ti salvo io?! …Recitava muto Cornelio (L’albero di Giuda, 1997).

Il Paradiso era per lui sentire il fischio d’un treno e un altro e un altro ancora nella curìna dell’anima (Disìo, 2005).

Le tasche delle sue giacche sciauriàvano di zagara anche dopo il bucato o forse era tutt’uno col naso quell’odore, tale intramato nella sua pelle, nella curìna dell’anima che nulla ci poteva, nemmeno il bagno nella vasca d’alluminio quando, una volta al mese, la signorina Anselma gli faceva la doccia calandogli di sopra alcuni secchi d’acqua calda. (dalla raccolta La ddraunàra, 2020).

Ma prima di assumere questo significato traslato (metaforico), la curina indica “la parte più interna e più tenera del cesto di una pianta”, in una parola “il garzuolo, il grumolo”, ad esempio della lattuga, la parte più interna e tenera che si preferisce per le insalate.

Estendendo l’indagine ad altre parti della Sicilia, troviamo che curina può indicare il “germoglio appena spuntato dal terreno”, le “foglie della palma nana, quelle più tenere e bianche” che nel Trapanese vengono tagliate, pulite dalle spine e fatte essiccare nella stagione estiva. Con esse si creano delle corde che gli artigiani locali intrecciano per la realizzazione di scope, ventagli, tappeti e borse (Custonaciweb). Per estensione indica la “treccia di capelli di una ragazza”. In area etnea orientale curina di parma si dice di una “ragazza buona, dal carattere mite”.

Altri significati figurati registrati qua e là in Sicilia considerano curina la “parte migliore di qualunque cosa”. Gli sbergi di curina sono, quindi, le “nocepesche di migliore qualità” e la frase èssiri di la curina può significare, a secondo delle località e delle fonti, a) “essere il preferito”, b) “essere molto scaltro, malizioso”, c) “essere uno dei principali esponenti della combriccola”. Arriviamo, per questa strada, infine, a un significato del tutto negativo con la locuzione laṭṛu di curina “ladro matricolato”.

Dal nome deriva (per parasintesi) il verbo scurinari. Usato transitivamente significa “togliere la parte più interna e più tenera, ad es. a una lattuga, a un finocchio ecc.”; negli usi intransitivi il verbo vale “germogliare delle piante a fusto non legnoso” e “crescere ben diritto, del castagno”. Dal verbo derivano l’agg. scurinatu “di castagno perfettamente diritto” e il nome scurinata “farina separata dal fiore”

Oltre che in Sicilia, curina o una var. è diffuso in Calabria, dove indica il “grumolo di lattiga o cavolo”, il “garzuolo”, il “cuore di una pianta” o la “cima di un monte”; in Basilicata dove il “lino pettinato”; il deriv, napoletano corìnola è la “roccata di lino”. Nella Calabria sett. troviamo ancora scurinare “cimare le piante” e il deriv. scurinatu “senza cima”, “disgraziato”.

Per chi si voglia cimentare, infine, nella ricerca dell’origine della parola, è certamente forte la tentazione di fare derivare curina da cori “cuore”. In realtà, la nostra voce deriva dal greco κορύνη (korýnē), usato da Teofrasto (371-278 a.C.) nel De historia plantarum col significato di “germoglio”.

PER SAPERNE DI PIU’

“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia

ORDINA ONLINE

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicità
Fai clic per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cultura

1° Maggio a Biancavilla, l’occupazione delle terre e quelle lotte per i diritti

Il ruolo della Sinistra e del sindacato: memorie storiche da custodire con grandissima cura

Pubblicato

il

Anche Biancavilla vanta una ricca memoria storica sul 1 maggio. Nel nostro comprensorio non sono mancate, nel secolo scorso, iniziative e manifestazioni di lotta per i diritti dei lavoratori.

Spiccano su tutte l’occupazione delle terre e la riforma agraria di cui ci parla Carmelo Bonanno nel recente libro “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia. La ricostruzione dei partiti, le prime elezioni e i protagonisti politici dopo la caduta del fascismo”.

Il volume, edito da Nero su Bianco, raccoglie le testimonianze di alcuni dei protagonisti della vita politica e sindacale locale del Novecento, evidenziando le numerose iniziative volte a spazzare via i residui del sistema feudale di organizzazione delle terre e ad ottenere la loro redistribuzione.

Il mezzo principale per raggiungere tale obiettivo fu l’occupazione delle terre ad opera di un folto gruppo di contadini e braccianti. Tra questi, Giovanbattista e Giosuè Zappalà, Nino Salomone, Placido Gioco, Antonino Ferro, Alfio Grasso, Vincenzo Russo. A spalleggiarli anche diversi operai. Tra loro, Carmelo Barbagallo, Vincenzo Aiello, Domenico Torrisi, Salvatore Russo. Ma anche intellettuali come Francesco Portale, Nello Iannaci e Salvatore Nicotra.

Così, ad essere presi di mira furono anzitutto i terreni del Cavaliere Cultraro in contrada Pietralunga, nel 1948. Più di 400 persone li occuparono per cinque giorni e desistettero soltanto per l’arrivo della polizia, che sgomberò le proprietà.

A questa occupazione ne seguirono altre, tutte sostenute dai partiti della Sinistra dell’epoca (Pci e Psi in testa) e dalla Camera del Lavoro, e col supporto delle cooperative agricole di sinistra.

Le parole del “compagno” Zappalà

Significativa la testimonianza, riportata nel libro di Bonanno, del “compagno” Giosuè Zappalà: «Gli insediamenti furono vissuti con grande entusiasmo e costituirono per noi protagonisti dei veri e propri giorni di festa in cui potevamo manifestare la libertà che per tanti anni ci era stata negata. Le terre, i cui proprietari erano ricchi borghesi e aristocratici, spesso si trovavano in condizioni precarie, erano difficilmente produttive e necessitavano di grandi lavori di aratura, semina e manutenzione. Noi braccianti, perciò, con grande impegno e dedizione, spinti, oltre che dalla passione per il nostro lavoro, anche e soprattutto dalle condizioni di vita misere di quei tempi, ci occupammo, fin quando ci fu concesso, dell’opera di bonifica. Erano terre che di fatto costituivano per moltissimi l’unica fonte di reddito disponibile».

Tali iniziative, innestatesi nel corso del processo di riforma agraria che portò al superamento del sistema di governo delle terre sino ad allora vigente, condussero però a risultati contraddittori, poiché alcuni contadini ottennero terre produttive mentre altri terre scadenti. Ciò acuì il clima di invidia e inimicizia tra i protagonisti di quelle lotte e condusse alla rottura definitiva della coesione e della solidarietà della categoria.

Ciò non toglie che queste iniziative e manifestazioni segnarono un passaggio molto importante nella storia politica, socio-economica e sindacale locale e posero le basi per la “conquista” del palazzo municipale nel 1956 con l’elezione di Peppino Pace, primo sindaco comunista di Biancavilla.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Continua a leggere
Pubblicità

DOSSIER MAFIA

I più letti