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La nuova chiesa San Salvatore, il 28 aprile posa della prima pietra

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La posa della prima pietra per la costruzione della nuova chiesa di San Salvatore è stata fissata dalla Curia per il prossimo 28 aprile. Sarà l’inizio dei lavori che dovranno consegnare al quartiere Spartiviale un edificio sacro più funzionale alle esigenze della comunità cattolica, guidata da padre Salvatore Verzì.

Il progetto è firmato dall’ing. Maurizio Erbicella e i finanziamenti sono a carico della Conferenza Episcopale Italiana, con un contributo che dovrebbe arrivare pure dal Comune. Il costo complessivo dell’opera è di 1 milione e 400mila euro.

Biancavilla Oggi pubblica qui di seguito la relazione introduttiva al progetto, con tutti i dettagli che descrivono come sarà la nuova chiesa. Sopra le slide degli esterni e degli interni dell’edificio di culto.

La nuova Chiesa del SS. Salvatore, significativo tassello nel completamento e nella riqualificazione del quartiere marginale e popolare “Spartiviale” di Biancavilla, non vuole cancellare l’identità dell’attuale edificio parrocchiale, ma, anzi, sorgendogli accanto, ne intende rafforzare le ragioni e la forza; infatti, l’attuale anonimo fabbricato (che ospita la casa canonica, un salone parrocchiale che funziona come chiesa provvisoria e le aule per il catechismo e l’oratorio), odierno effettivo polo di riferimento per attività sia pastorali sia sociali e civili, rappresenta memoria viva di come la Chiesa abbia contribuito in modo attivo ai cambiamenti sociali e culturali del quartiere periferico “Spartiviale” di Biancavilla, e, pertanto, rappresenta le radici di coraggio e semplicità su cui si fonderà la nuova Chiesa, le cui scelte progettuali sono improntate alla sobrietà – sia concettuale che costruttiva (adatta al luogo ed alla sua storia) – nel segno della solidarietà e dell’accoglienza che caratterizzano la vita di questa parrocchia.

La nuova Chiesa s’innalzerà nella porzione più a sud del lotto, di proprietà della parrocchia e già destinato dagli strumenti urbanistici ad attrezzature religiose, prospiciente tre fronti:

–          via Giacomo Matteotti, verso piazza Falcone-Borsellino, attrezzata con un’area gioco per bambini;

–          viale Europa, verso vetusti complessi di edilizia economica e popolare ex L.167/62;

–          via Savona, verso un capannone per attività produttiva a carattere artigianale.

Considerata la non unitarietà del tessuto urbano e la valenza del flusso di circolazione sull’arteria di viale Europa, la nuova Chiesa è stata pensata come un marcatore paesaggistico della presenza ecclesiale, ben riconoscibile per chi transita, riferimento simbolico non solo per gli abitanti del quartiere. La Chiesa è disposta in fregio al viale, con l’asse longitudinale parallelo al viale stesso e il sagrato posto all’angolo dell’isolato, connotandosi in un continuum col parco d’angolo sull’altro fronte di strada. L’edificio si struttura come una presenza amichevole e aperta agli abitanti, grazie ad un’architettura semplice ed organica. L’edificio dialoga con l’ambiente circostante e ciò lo esemplifica l’ampio parco di fronte la chiesa, naturale estensione del sagrato e insieme luogo della socialità; un alto campanile ne segna la presenza nel territorio.

Il volume della chiesa è alto e compatto (con coperture a falde inclinate), connesso a un altro minore destinato ai servizi parrocchiali (con copertura piana).

Forme architettoniche semplici generate da una matrice geometrica quadrata che ha il compito di contrapporre al caos urbano circostante l’idea dell’ordine. Quattro volumi a pianta quadrangolare si fondono creando un unico organismo edilizio, al cui interno si colloca l’unico spazio dell’aula liturgica, caratterizzato esternamente da quattro falde di copertura, due inclinate in un senso e due nell’altro, tutt’e quattro poste a differenti quote d’imposta, con altezze crescenti nella direzione ingresso-altare; stessa modulazione delle altezze avviene per i soffitti all’interno dell’aula liturgica. Ad essi si aggrega, attiguo al portale d’ingresso, un quinto modesto volume afferente al luogo del battesimo, contraddistinto nella falda di copertura da una finestra a forma di croce, attraverso cui la luce zenitale si specchia sul sottostante fonte battesimale.

Altro elemento compositivo, cui è affidata l’architettura della chiesa, è l’alto campanile posto lateralmente, lungo il prospetto sul viale Europa, staccato dal volume della chiesa ma pensato come elemento facente parte di un disegno unitario ed anche come elemento di riferimento per la comunità.

La chiesa si annuncia ai fedeli partendo dal sagrato. La facciata principale è caratterizzata da uno dei principali segni di riconoscibilità della tradizione cristiana: il portale d’ingresso.

All’aula liturgica si accede attraverso l’apertura centrale del portale e tramite l’ingresso secondario nell’atrio della sacrestia. Garantiscono un adeguato livello d’illuminazione naturale in tutto l’ambiente quattro vetrate, due sul fronte retrostante l’altare e due sul prospetto laterale su viale Europa, nonché talune finestre strette poste opportunamente nella parte alta delle pareti. Una piccola apertura a forma di croce individua, nel prospetto su viale Europa, lo spazio celebrativo della penitenzieria, luogo del sacramento della riconciliazione.

La definizione dell’impianto liturgico è l’esito di un percorso progettuale articolato e molto ponderato.

Punto focale della progettazione architettonica è stato il paradigma circolare – assembleare – comunitario identificato con l’altare-mensa: il popolo deve poter girare intorno all’altare e circondarlo, avvicinarlo da più parti per la duplice refezione al pane e al calice. All’altare è riservata la polarità primaria dello spazio.

Il luogo della celebrazione si presenta come uno spazio organico e fortemente orientato a partire dal percorso processionale che dall’ingresso conduce all’altare sormontato, alle spalle, dal Crocifisso.

Lo spazio penitenziale e il luogo del tabernacolo sono stati ricavati in zona riservata dell’aula, ma non nascosta, separati dall’aula liturgica da una fascia muraria divisoria curvilinea, attraverso cui si accede, in prossimità del portale d’ingresso, al battistero. Un profilo dorato distingue il varco e segna l’ingresso allo spazio della custodia eucaristica.

All’interno dello spazio aula si propone la sistemazione liturgica con:

–          l’assemblea celebrante raccolta attorno alla mensa eucaristica;

–          due accessi: quello sull’asse principale dell’aula liturgica e quello laterale dal vestibolo della sacrestia (per il celebrante esiste un terzo accesso diretto dalla sacrestia);

–          il polo liturgico-altare, vero centro spaziale dell’edificio sacro, in asse all’ingresso principale della chiesa, che si appoggia sulla pedana, rialzata di un gradino, di un’ampiezza tale da agevolare i movimenti rituali;

–          il polo liturgico-ambone, mensa della Parola, situato all’interno dell’assemblea, impostato sul pavimento al livello dei fedeli, ma che si innalza da esso grazie ai gradini ospitati al suo interno (inteso come tribuna elevata su cui è posto il leggio);

–          il polo liturgico-sede del presidente, affiancata dai seggi dei ministri ordinati, facente parte dell’assemblea;

–          il luogo del battesimo posto all’ingresso dell’aula a significare l’inizio del cammino di fede nonché la “porta” dei sacramenti;

–          il polo liturgico-tabernacolo conservato in spazio destinato alla riserva eucaristica, per la comunione agli ammalati e la preghiera personale.

–          Alla sinistra del portale, davanti alla porta d’ingresso secondaria, un pannello separatorio, incurvato anch’esso alla maniera dell’assemblea, identifica lo spazio dedicato al Santissimo Salvatore, contraddistinto dall’immagine del volto di Cristo.

–          Una parete separa lo spazio riservato alla custodia eucaristica, adatto all’adorazione e alla preghiera personale, dalla penitenzieria attrezzata con spazio di attesa fornito di panca e divisorio in graticcio di legno che cela il confessionale.

–          Lo spazio dedicato alla statua della Madonna è ricavato lungo la fascia muraria divisoria curvilinea, tra l’apertura sulla penitenzieria e quella sul battistero.

–          Nel luogo della riserva eucaristica, si propone, per la parete di fondo, un grande rettangolo verticale in mosaico oro sul quale si staglia il tabernacolo posto innanzi.

–          Il portale, “porta del gregge”, rappresenta l’elemento significativo del Cristo; l’ispirazione del suo segno simbolico sono il Salmo 42: “Desiderio del Signore e del suo Tempio” – “come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio”; e Ap. 22, 17: “Chi ha sete, venga; chi vuole prenda in dono l’acqua della vita”.

–          Le quattro vetrate presenti in facciata, tutte opacizzate con intensità degradante sfumata verso il basso (vetri con grado di trasparenza maggiore nella direzione della città in cui siamo chiamati a vivere, minore verso il regno dei cieli), riflettono la presenza luminosa della chiesa nel quartiere. L’intento è di mostrarla e di aprirla al quartiere, distinguendola per tale peculiarità dagli edifici vicini e rendendola ancora più visibile di notte con l’illuminazione interna (opportune luci crepuscolari illumineranno sempre il fonte battesimale e la custodia eucaristica).

Un unico percorso pedonale continuo collega perimetralmente tutte le parti del complesso parrocchiale e, ricongiungendosi sui due fronti del sagrato, ne evidenzia la vocazione di Chiesa ospitale e aperta a tutti.

Tutti i percorsi che si snodano all’interno e all’esterno della chiesa sono pensati per essere agevolmente fruibili anche da fedeli dalle ridotte o limitate capacità motorie.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Amianto, reportage da Biancavilla tra fatalismo ed enigmi ancora irrisolti

Circa 70 morti per tumore alla pleura, ma è allarme anche per altre patologie: sconosciute le cause

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© Foto Biancavilla Oggi

Il pericolo è nell’aria. Gli avvisi affissi lungo la recinzione metallica sono a caratteri cubitali: “Vietato l’ingresso, attenzione zona a rischio”. Siamo a Biancavilla, 23mila abitanti, ma la cartellonistica è da “Area 51”. E in effetti, l’alieno c’è. È un minerale fibroso altamente cancerogeno – annidato tra i rilievi di rocce vulcaniche qui chiamati di “Monte Calvario” – generato in epoche remotissime dai bollori dell’Etna e dai capricci delle eruzioni laviche. Sconosciuto in natura fino a quando, nel 2001, il prof. Antonio Gianfagna, ricercatore dell’Università “La Sapienza”, ne traccia l’identikit. È una nuova fibra, di colore giallo, simile all’amianto, a cui Gianfagna dà il nome di “fluoro-edenite”, registrandola all’International Mineralogical Association. Per uno scienziato della terra equivale alla scoperta di un pianeta da parte di un astronomo. Lo studioso de La Sapienza, tornato sei anni dopo sul “luogo del delitto”, scopre un secondo minerale ignoto: è la fluoroflogopite.

Eppure, non c’è da gloriarsi se monte Calvario sia diventato un geosito di interesse mondiale e Biancavilla sia finita negli abstract della letteratura scientifica internazionale con la fibrillazione di geologi, epidemiologi ed operatori della sanità pubblica.

Diverse attività di cava presenti nella zona di monte Calvario (un’appendice urbana estesa per 20 ettari), fin dagli anni ’50 hanno frantumato e sbriciolato le rocce laviche. Un ottimo materiale per l’edilizia, ma il risultato è che gran parte degli edifici del paese sia “contaminata” dalla fibra, riconosciuta cancerogena nel 2014 dall’International Agency for Research on Cancer, riunita a Lione con 21 esperti di 10 paesi europei per apporre il timbro dangerous sulla ‘polvere’ di Biancavilla.

«Un’epidemia di tumori pleurici»

«Un caso straordinario di inquinamento naturale dovuto ad un minerale che, disperso nell’aria e inalato, provoca effetti sulla pleura, la membrana di rivestimento dei polmoni», avevano sentenziato già i primi studi alla fine degli anni ‘90. Di morti per mesotelioma pleurico, a Biancavilla, se ne contano ufficialmente 70 negli ultimi 35 anni, ma si stima che i decessi reali siano il doppio.

«Una piccola epidemia di tumori pleurici», l’aveva definita Pietro Comba, quando da dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità era stato tra i primi ad interessarsi del caso. Sì, proprio un’epidemia con percentuali anomale. Nel periodo 1980-2010, per esempio, si sono avuti 6 decessi per mesotelioma in persone al di sotto dei 50 anni contro 0,6 attesi: una mortalità 10 volte superiore. Anche in età giovanile, anche tra le casalinghe: a riprova che il rischio sia ambientale.

Qui, fare una banale manutenzione edile, stare fuori in giornate ventose o semplicemente… respirare costituiscono azioni a rischio. La vittima più giovane finora registrata è una ragazza di 27 anni.

«Mio figlio Dino, morto in 5 mesi»

Nell’elenco dei decessi per mesotelioma c’è anche Dino Ingrassia: è morto nel 2011 ad appena 33 anni, lasciando tre bambini. La mamma, Giusi Tomasello, è tra i pochi ad esporsi. La sua testimonianza umana e civile dà un’anima alle fredde statistiche. All’ingresso della sua abitazione, il manifesto mortuario ricorda il figlio con la sottolineatura “vittima dell’amianto”, la stessa riportata sulla tomba.

«Tosse e stanchezza – ricorda – sono stati i primi sintomi accusati da mio figlio. Pensava fossero passeggeri. Andava a lavorare, prendendo uno sciroppo per poi passare agli antibiotici. Ma già dalla prima visita e dalle radiografie, i medici non ci hanno visto bene e la diagnosi di mesotelioma pleurico è arrivata presto. Non sapevo nemmeno l’esistenza di questa malattia».

La signora parla con voce tremante e gli occhi lucidi: «Mio figlio se n’è andato in meno di 5 mesi e gli ultimi 26 giorni – dopo un intervento chirurgico – li ha passati in Rianimazione all’ospedale “Garibaldi” di Catania. Era nel pieno della vita quando ha lasciato i suoi tre bambini, il più piccolo dei quali di 10 mesi. Ora penso agli altri miei tre figli e ai miei nipoti. Mi preoccupo per loro e, se ci sono giornate ventose, l’angoscia è più forte. Vivo nel terrore e nella paura, mi auguro che monte Calvario, da cui tutto ha avuto origine, venga risanato e reso innocuo».

Monte Calvario, in attesa della bonifica

Ecco, appunto: riflettori accesi su monte Calvario. Se nel 1998, le attività di cava erano state interrotte con ordinanza dell’allora sindaco Pietro Manna, la culla della fluoro-edenite è da bonificare per farne un grande parco verde. I lavori – attesi da 25 anni – sono cominciati formalmente lo scorso febbraio.

Un iter lungo e tortuoso, come ricorda il sindaco Antonio Bonanno, mentre si addentra sui dossier ‘amianto’ sparsi sulla sua scrivania: «Nel 2026 dovremmo vedere quell’area – sorgente di morte e dolore – trasformata in un “parco della vita” fruibile dalla nostra città».

Nell’attesa di poterci andare a passeggiare e che la città abbia il suo polmone sano, tutt’intorno la vita quotidiana procede incurante del nemico invisibile. Un bambino scorrazza in bicicletta, sollevando un polverone ogni volta che passa sul terriccio. Poco più in là, in un magazzino, operai sono alle prese con dei bancali. Dal balcone di casa, una donna scuote la tovaglia tolta dalla tavola, a pranzo terminato. «Io vivo qua da quando sono nato, di qualcosa si deve pur morire», dice un anziano, in linea con il fatalismo dei biancavillesi: se il pericolo non è visibile – è l’assurdo ragionamento dominante – perché allarmarsi?

Oltre 4000 immobili da sanare

Sia chiaro: monte Calvario non è l’ultimo step della bonifica. Secondo l’Ufficio Tecnico Comunale, ci sono 4300 case costruite nel periodo 1956-1998 con materiale di cava. Gli intonaci esterni (complessivamente 2 milioni di metri quadri) andrebbero messi in sicurezza con “vernici incapsulanti”, così come già fatto negli edifici pubblici una quindicina di anni fa.

Sarebbe una bonifica ambientale di un intero centro abitato senza precedenti al mondo, con costi stimati in 150 milioni di euro, a cui aggiungerne altri 2,5 per realizzare una discarica di inerti. Un gigantesco intervento che, sommato ad accorgimenti di prevenzione durante i lavori edili, farebbe scendere verso lo zero il rischio dell’inalazione delle fibre aerodisperse. 

Certo, nel fascicolo di indagine sul minerale-killer ci sono ancora tanti punti oscuri, a cominciare dal dettaglio drammatico che nel centro etneo la mortalità e i ricoveri ospedalieri siano in eccesso non solo per neoplasie alla pleura, ma anche per altre patologie.

L’allarme del rapporto “Sentieri”

Sul banco degli imputati, figura ancora la fibra di monte Calvario. A confermarlo è il sesto rapporto Sentieri sul monitoraggio dei siti italiani contaminati, appena pubblicato dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità.

«Vanno implementati – riporta il capitolo su Biancavilla – studi specifici sul comportamento della fluoro-edenite, in particolare per l’azione fibrogena sul polmone. Sono ignoti, inoltre, gli eventuali effetti di questa fibra a carico di altri apparati, come quello cardiocircolatorio, le cui patologie in questo sito si confermano costantemente in eccesso».

Tumori polmonari, placche pleuriche e patologie dell’apparato respiratorio hanno un’incidenza fuori norma.

«Vanno proseguiti – raccomanda il rapporto – la sorveglianza sanitaria della popolazione di Biancavilla e il monitoraggio ambientale per identificare le fonti di esposizione potenzialmente ancora presenti, indagando i livelli di esposizione in tutte quelle attività che comportino movimentazione del terreno e rilascio di fibre da intonaci e opere murarie».

Biancavilla, un paese-laboratorio

Una storia che non può ancora essere archiviata, dunque. Biancavilla resta un paese-laboratorio con enigmi irrisolti. Così, un altro triste primato del centro etneo – una settantina di soggetti colpiti da sclerosi multipla, cioè il doppio rispetto a quelli attesi – potrebbe essere spiegato scrutando ulteriormente sulla geologia territoriale.

Trattandosi di malattia neurologica, la fluoro-edenite non dovrebbe avere responsabilità. Ma potrebbero influire altri fattori ambientali o sostanze naturali, come ipotizza un primo studio del Policlinico di Catania. Se il minerale-killer è stato scovato, ora tocca dare la caccia ai suoi complici.

(Tratto da S – il mensile d’inchiesa dei siciliani / Marzo 2023 / di Vittorio Fiorenza)

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