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Cronaca

Pioggia di pallottole su Nicola Gioco, perquisizioni in diverse abitazioni

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I rilievi in via Pistoia subito dopo l’agguato in cui è morto Nicola Gioco

di Vittorio Fiorenza

Aveva appena imboccato una viuzza, a bordo della sua Mercedes Classe A, quando il killer gli si è materializzato davanti al finestrino, rovesciandogli addosso 7 colpi di pistola, di cui 5 lo hanno centrato al volto, al torace, ad un braccio e al fianco. Con la forza dell’ultimo respiro o forse con uno scatto involontario del piede che pigia sull’acceleratore, l’auto ha continuato a muoversi per una ventina di metri, urtando altri mezzi in sosta, prima di fermarsi. Il corpo crivellato si è riversato sul volante, con l’autoradio che ha continuato a pompare la sua musica.

Dettagli che emergono, dopo l’agguato, nel quale è caduto Nicola Gioco, 21 anni. Una sequenza di spari nella piazza, a due passi dal palazzo comunale, per freddare il giovane, mentre si è scatenato il fuggifuggi tra sguardi terrorizzati. Omicidio di mafia. Inequivocabile. Il secondo nell’arco di 48 ore, che ha fatto calare una cappa di terrore sul centro etneo, innescando, però, ieri pomeriggio, la mobilitazione di diverse pattuglie di carabinieri con 20 militari in campo, anche con unità cinofile e l’utilizzo di un elicottero che ha sorvolato in continuazione i cieli del paese. I carabinieri, l’altra notte, hanno pure effettuato perquisizioni in cerca di armi in 15 abitazioni di pregiudicati e soggetti tenuti d’occhio. Anche alcune riprese di telecamere di videosorveglianza sono al vaglio dei militari: si cerca un’ombra, una sagoma che possa servire alle indagini.

Quel ragazzo, nonostante l’età, era noto alle forze dell’ordine come un “soggetto vivace” per essere stato segnalato per rissa e guida senza patente. Ma sono i suoi legami familiari che parlano da soli. Suo zio era Alfredo Maglia, esponete di spicco del clan biancavillese, assassinato a fine ottobre all’interno del garage di casa sua ad Adrano, dopo qualche anno che era uscito di galera. Altri parenti sono in carcere. Ecco perché Gioco, pur non vantando precedenti penali di rilievo, era ritenuto dagli inquirenti un affiliato. L’esecuzione del giovane è scoccata quando ancora era caldo il cadavere di Agatino Bivona, pure lui ritenuto componente dello storico clan, assassinato due giorni prima con 11 pistolettate, appena uscito da una palestra di via Fallica.

L’ostentata ferocia con cui i due omicidi sono stati commessi sembra avere tutti i contorni della vendetta. Ma da una prospettiva più lunga, con le statistiche criminali che conteggiano sei omicidi in poco più di quattro anni e tre negli ultimi due mesi tra Biancavilla e la vicina Adrano, si intravede una frattura interna alla cosca. In sostanza, elementi di spicco e picciotti un tempo compari d’onore, oggi sono ridotti alla guerra fratricida.

«Abbiamo già individuato l’esatto “inghippo” che sta creando questa escalation criminale, dobbiamo mettere i tasselli al posto giusto per dare una adeguata risposta di intervento», assicurano gli investigatori, facendo trapelare un certo ottimismo.

Sono i carabinieri della compagnia di Paternò e del nucleo operativo di Catania ad indagare con la collaborazione del commissariato di polizia di Adrano, coordinati dal sostituto procuratore Antonino Fanara della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania.

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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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