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Cronaca

Ergastolo a Merlo e Di Maria per l’omicidio di Maurizio Maccarrone

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Ergastolo per l’omicidio di Maurizio Maccarrone, avvenuto ad Adrano nel novembre del 2014. Ad avere eseguito il delitto sarebbe stato il biancavillese Massimo Merlo, poi datosi alla fuga in sella ad uno scooter, che sarebbe stato guidato da Massimo di Maria, licodiese.

Per entrambi, adesso, è arrivata la sentenza della Corte d’assise di Catania (presidente Concetta Spanto e giudice a latere Daniela Maria Monaco Crea): carcere a vita. È la pena che era stata chiesta dalla Procura, rappresentata da Assunta Musella.

Il processo, scaturito dalle indagini della Procura delle Repubblica e condotte dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di polizia di Adrano, ha permesso di fare luce sull’uccisione di Maccarrone, appena era uscito di casa –in via Cassarà– per andare al lavoro presso la struttura “Cenacolo Cristo Re” di Biancavilla.

Una sequenza atroce e agghiacciante (GUARDA QUI IL VIDEO), ripresa da una telecamera di videosorveglianza privata: si vede Maccarrone, intento a dirigersi verso la sua auto, affiancato da due individui, entrambi travisati da caschi, arrivati su uno scooter. Con il mezzo in movimento (guidato da Di Maria), il passeggero (ovvero Massimo Merlo) ha esploso alcuni colpi all’indirizzo della vittima per poi scendere dal ciclomotore ed esplodere ulteriori due colpi alla testa.

Le investigazioni, orientate sin dalle prime battute sulla sfera personale di Maccarrone, hanno fatto emergere il movente passionale del delitto. Il modus operandi dei killer ed il particolare dell’esplosione dei due colpi alla testa – il cosiddetto “colpo di grazia” – hanno lasciato, tuttavia, ritenere che i killer potessero operare nei contesti della locale criminalità organizzata.

Le indagini hanno tratto un decisivo impulso dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaetano Di Marco, esponente storico del sodalizio degli Scalisi, costituente locale articolazione della famiglia mafiosa Laudani, il quale riscontrava che l’episodio, sebbene riconducibile a movente passionale, era maturato nell’ambito dei gruppi mafiosi operanti nell’area di Paternò, Adrano e Biancavilla, riconducibili ai Laudani “Mussi ‘i ficurinia”.

Si è appurato anche che il mandante dell’omicidio sarebbe stato Antonio Magro, esponente del gruppo mafioso Morabito-Rapisarda di Paternò, già condannato con rito abbreviato a 30 anni di reclusione, pena confermata dalla Corte d’assise d’appello.

Il movente sarebbe da individuarsi nella gelosia che Magro provava nei confronti di Maccarrone, per una presunta relazione con una donna con cui in passato Magro aveva avuto, a sua volta, una relazione, motivo per il quale avrebbe dato l’ordine di eliminare il rivale.

Diversi i riscontri degli inquirenti. In particolare, nel corso di una conversazione ambientale, Merlo, in una discussione con un suo interlocutore in merito all’omicidio Maccarrone, esclamava a voce bassa: «…Ci i’ d’arreri… n’aricchi accussì… PUM (imitando un colpo d’arma da fuoco, ndr) …e gridava…gridava … ittava vuci».

Ed ora la sentenza, su cui i legali -lette le motivazioni- ricorreranno in Appello. Merlo è stato assistito dagli avv. Giuseppe Milazzo e Roberta Castorina, mentre Di Maria dagli avv. Roberta Fava e Giuseppe Rapisarda.

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Cronaca

Amianto, casalinga morta a 55 anni: chiesto risarcimento di 500mila euro

Causa contro il Comune ma è difficile provare responsabilità, il sindaco: «Ci sono gli indennizzi»

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© Foto Biancavilla Oggi

Non era mai accaduto da quando Biancavilla sa di convivere con la minaccia del minerale-killer: la fluoroedenite di monte Calvario, simile all’amianto, fonte di un inquinamento naturale che ha determinato decine di morti per tumore alla pleura. Ma adesso, al palazzo comunale, una famiglia che ha perso una persona cara a causa del mesotelioma chiede ora un risarcimento di 500mila euro.

Sono passati 26 anni dall’evidenza dei dati epidemiologici e 21 dalla scoperta e identificazione della fibra, riconosciuta a livello internazionale come “nuovo minerale” con proprietà altamente cancerogene. In tutti questi anni, nessuno aveva tentato una causa al Comune. Eppure, di morti per questa neoplasia che non lascia scampo, Biancavilla ne conta dal 1988 ad oggi circa 70, anche se la stima è che quelli reali siano almeno il doppio.

La causa civile al Tribunale di Catania

Tra questi, una donna di 55 anni, casalinga, deceduta nel 2012. Sono stati il marito e due figli ad avviare il procedimento alla sezione civile del Tribunale di Catania, adducendo una responsabilità con culpa in omittendo. Si punta il dito sul Comune per presunte omissioni nell’obbligo di tutelare la salute pubblica, soprattutto dopo che cause ed effetti dell’incidenza eccessiva di mesotelioma a Biancavilla sono stati ampiamente documentati dalla letteratura scientifica.

Una causa legittima, ma dal verdetto non così scontato per la famiglia biancavillese. La mobilitazione istituzionale, a partire dal 1997, per affrontare la problematica, non è mai mancata. Tenendo conto, poi, del lunghissimo periodo di incubazione tipico di questa patologia tumorale, i decessi finora avvenuti sono da considerare conseguenze di un’esposizione al rischio cominciata ben prima della fine degli anni ’90, quando il paese ha preso coscienza dell’esistenza del minerale-killer. Ad ogni modo, l’esito della causa civile dovrebbe arrivare il prossimo ottobre.

Aperta la strada dell’indennizzo una tantum

Se la strada dei risarcimenti si presume dallo sbocco incerto, quella da percorrere per vittime e famigliari delle vittime riguarda gli indennizzi. Fino a pochi anni fa anche questa possibilità – riservata solo a lavoratori esposti al rischio amianto – era impensabile da applicare alla realtà di Biancavilla. Ma interventi parlamentari e ministeriali hanno riconosciuto l’unicità del caso Biancavilla. Un cambio di rotta possibile anche dopo che la fluoroedenite è stata riconosciuta cancerogena dall’International Agency for Research on Cancer, riunita a Lione con 21 esperti di 10 paesi europei.

«Si sta lavorando – conferma a Biancavilla Oggi il sindaco Antonio Bonanno – agli indennizzi ai familiari delle vittime dell’esposizione ambientale. Vittime che per la prima volta vengono equiparate a coloro che si sono ammalati per esposizione lavorativa». Per queste ragioni, «ci stiamo interfacciando con l’Animil», l’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro.

«È stato possibile – sottolinea il primo cittadino – aumentare i fondi nell’ultima finanziaria. Nel decreto Milleproroghe sono state facilitate, inoltre, le procedure per ottenere un indennizzo una tantum, quantificato in 15mila euro, la cui erogazione compete all’Inail».

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