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Biancavilla insensibile alla strategia “plastic free”: chiude la “Casa dell’acqua”

In altre città è un successo, da noi è un flop: mancano senso civico, rispetto ambientale e cultura “green”

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di VINCENZO RUSSO

Era stata inaugurata due anni fa in piazza Don Bosco ed era stata annunciata come un’iniziativa di civiltà. La “Casa dell’acqua” era a disposizione di tutti: il prezioso liquido controllato ed adeguatamente filtrato ad un prezzo di 5 centesimi a litro. Ognuno, con una tessera acquistabile in alcuni punti vendita di Biancavilla, avrebbe potuto riempire proprie bottiglie. Un gesto semplice con una duplice finalità: risparmiare sull’acquisto di acqua ed evitare la disporsione di plactica. Un gesto che ogni cittadino attento alla comunità e alla causa ecologica (che riguarda tutti indistintamente) avrebbe dovuto compiere con convinzione.

Invece, poche decine di biancavillesi hanno usufruito del servizio, aderendo civilmente alla strategia “plastic free” e contribuendo ad una minore diffusione della plastica. Così, mentre in diverse altre città (anche vicine alla nostra), le “Case dell’acqua” sono ampiamente utilizzate, da noi si assiste all’esatto opposto.

A Biancavilla, la ditta che gestisce il servizio ha dovuto constatare la non sostenibilità. Pertanto, la piccola struttura di erogazione idrica di piazza Don Bosco – come recita un avviso – è destinata ad essere disinstallata. Anzi, il termine ultimo era stato già fissato per febbraio per gli utenti che ancora hanno credito da spendere.

Non è una buona notizia, questa. Perché Biancavilla si dimostra ancora una volta insensibile a regole di civiltà, al rispetto ambientale e alla cultura “green”. Che grande delusione! Mi chiedo quanti politici di destra e di sinistra abbiano utilizzato la “Casa dell’acqua”, giusto per dare l’esempio.

Dove sono i cosiddetti “ambientalisti” da tastiera? E dove sono coloro che in piazza Roma avevano parlato di “plastic free”? Forse era solo un pretesto per auto propaganda a favore di telecamere per poi andare a fare la spesa, riempendo la macchina di confezioni d’acqua in bottiglie e cellophan di plastica. Sta di fatto che su 8mila famiglie biancavillesi, soltanto alcune decine hanno usato la “Casa dell’acqua”. A loro va un plauso, a tutto il resto un velo pietoso.

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I carri “riciclati” e l’inutile classifica: appunti sul Carnevale di Biancavilla

Un evento di successo, ma ci sono aspetti da correggere: il montepremi si divida in parti uguali

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Il Carnevale di Biancavilla è un evento riuscito. Un successo consolidato. Va dato atto all’attuale amministrazione comunale che ha resuscitato e salvato un’occasione capace di animare un’intera comunità. Protagonisti indiscussi sono i carristi, che – al di là delle qualità artigianali – offrono aggregazione e socialità. A loro va dato il merito principale. Sono loro il vero motore.

Detto questo, a margine di un Carnevale 2025 ormai archiviato, accogliamo la sollecitazione di tanti biancavillesi ad evidenziare una serie di osservazioni critiche, che qui di seguito sintetizziamo, con l’intento di correggere e migliorare l’organizzazione di una manifestazione particolarmente amata e attesa.

Carri comprati e “riciclati”

Non tutti lo sanno, ma i carri di Biancavilla non sono sempre realizzati di sana pianta. È prassi comprarli da altri paesi (sì, c’è un vero e proprio mercato) e “riciclarli”. Si acquistano per intero o solo alcune parti. Insomma, si assemblano dei pezzi, magari riverniciandoli o sottoponendoli ad un ritocco di colori. Altri utilizzano delle basi già pronte. Non essendoci un regolamento che ne impedisca la partecipazione, non è vietato. Ne consegue, quindi, che a Biancavilla (a parte alcune eccezioni) non ci sono artigiani di “carri allegorici” ma assemblatori. È uno scandalo? No, però tutto questo ha delle implicazioni pratiche e logiche.

Classifica e giuria da abolire

Che senso ha, dunque, un concorso che preveda una classifica e una giuria che, per stilarla, debba fare delle valutazioni. Per inciso: i giurati dovrebbero avere competenze, esperienze, titoli e curriculum per emettere un verdetto, credibile e imparziale. Li posseggono? Chiusa parentesi.

Dicevamo della classifica. A parte gli “ex aequo” dal sapore democristiano, di fronte a carri assemblati, parzialmente raffazzonati o creati di sana pianta a Biancavilla, come ci si comporta? Come si fa a giudicare “originale” un carro che in realtà negli anni precedenti è già apparso ad Acireale o a Sciacca? E come è possibile che un manufatto effettivamente originale non venga apprezzato, valorizzato e premiato come tale?

Montepremi in parti uguali

Il problema è facilmente risolvibile: si abolisca la classifica, si evitino i giurati e si preveda un budget complessivo, dividendolo in parti uguali a tutti i carristi. Anzi, diciamo di più: il montepremi venga raddoppiato o si porti a 100mila euro. Sarebbe un formidabile incentivo a realizzare (o assemblare, poco importa a quel punto) carri di maggiore qualità e con più spettacolari effetti speciali.

La politica stia alla larga

Un’ultima osservazione: si faccia un regolamento chiaro. E magari si specifichi un elemento di buon senso che evidentemente, a Biancavilla, è necessario codificare. La politica stia alla larga dai carri. Vedere politici indaffarati attivamente nella partecipazione ai vari gruppi di carristi è cosa inopportuna (per usare un eufemismo), visto che i gruppi beneficiano poi di soldi comunali. L’etica pubblica è materia seria: non può svanire come un pugno di coriandoli in faccia. Il sindaco Antonio Bonanno e il suo staff organizzativo appuntino tutte queste osservazioni: ne facciano tesoro per il prossimo anno.

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L’aggressione in ospedale e i commenti “violenti” sui social contro i medici

Frustrazione, rabbia, intolleranza: fenomeni in aumento che analizziamo con l’aiuto dello psicologo

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© Foto Biancavilla Oggi

L’aggressione subita dal personale dell’ospedale di Biancavilla (con conseguente arresto dei carabinieri della donna che se ne è resa responsabile) ha innescato sui social pure un affollamento di commenti “violenti”. Quasi tutti rivolti a medici, infermieri e operatori sanitari. Data la maggiore frequenza degli episodi, gli ospedali vengono visti come luoghi “a rischio” per chi vi lavora. Un fenomeno che crea non solo un problema di sicurezza pubblica, ma riflette una complessa interazione di fattori psicologici e sociali che meritano un’analisi.

La violenza contro gli operatori sanitari è alimentata da una combinazione di fattori. Tra questi, la percezione del sistema sanitario come “sistema inefficiente”. I biancavillesi lamentano tempi di attesa lunghi e risorse insufficienti. Ciò genera frustrazione sia nei pazienti che nei loro familiari. L’insoddisfazione può sfociare in episodi di aggressività, soprattutto in situazioni di emergenza. La nostra società sembra essere sempre meno tollerante, di fronte ad aspettative irrealistiche sulla rapidità e l’efficienza dei servizi. Intolleranza che può sfociare in comportamenti violenti, quando il servizio sanitario non soddisfa tali aspettative. Poi, la crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni, inclusa la sanità, rende il personale medico un facile bersaglio per sfogare rabbia e frustrazione.

I social, con la loro tendenza a polarizzare le opinioni e amplificare le emozioni, contribuiscono a creare un clima di tensione. Ho letto su Facebook, dopo l’articolo di Biancavilla Oggi, frasi di violenza verbale, erroneamente intesa come una “risposta giustificata” all’atto di aggressione, dando per scontato che tale atto sia stato generato da “malasanità”.

Al di là dell’episodio specifico di Biancavilla, chi commette atti di violenza contro il personale sanitario spesso manifesta caratteristiche psicologiche e comportamentali che possono essere ricondotte a patologie o disagi profondi. Molti aggressori hanno difficoltà a gestire emozioni intense: rabbia, frustrazione o paura. Queste persone possono esplodere in reazioni violente di fronte a situazioni percepite come minacciose o ingiuste. Dal punto di vista psicologico, i soggetti con tratti antisociali mostrano mancanza di empatia, impulsività e tendenza alla violazione delle regole sociali. In situazioni di stress, come quelle vissute in un pronto soccorso, queste caratteristiche possono favorire purtroppo dei comportamenti aggressivi.

Alcuni aggressori interpretano erroneamente le azioni del personale sanitario come ostili o malevole, alimentando sentimenti di sfiducia e reazioni “irregolari”.

Di fondo, c’è una bassa tolleranza alla frustrazione, infatti la mancanza di strumenti cognitivi ed emotivi per tollerare la frustrazione è una delle principali cause dell’aggressività. Un quadro particolarmente evidente in contesti sanitari, dove i tempi di attesa o i risultati insoddisfacenti possono essere percepiti come intollerabili.

C’è un altro punto importante da sottolineare. Tutte le aggressioni non si limitano a causare danni fisici al personale sanitario. Le conseguenze psicologiche possono essere profonde e durature. Molti operatori sanitari possono, infatti, sviluppare una “Sindrome da Burnout”. Il ripetersi di episodi di violenza contribuisce all’esaurimento emotivo, riducendo la capacità di affrontare lo stress e di empatizzare con i pazienti. Gli atti di violenza più gravi possono lasciare cicatrici profonde, con sintomi come flashback, ansia e ipervigilanza. Inoltre, lavorare in un ambiente ritenuto “pericoloso” può portare alla riduzione dell’entusiasmo e della passione per la professione.

È necessario, dunque, un approccio multidimensionale, che coinvolga istituzioni, società e individui. Bisogna attuare una “educazione pubblica” per ridurre la stigmatizzazione del personale sanitario e a promuovere una cultura del rispetto. Offrire assistenza psicologica agli operatori sanitari che subiscono aggressioni è fondamentale per prevenire il “Burnout”.

I fatti avvenuti all’ospedale di Biancavilla e le successive reazioni sui social contro il personale sanitario sono un fenomeno complesso, radicato in problemi psicologici individuali e dinamiche sociali disfunzionali. Affrontarli richiede un impegno collettivo per trasformare le strutture sanitarie in luoghi più sicuri, garantire il benessere degli operatori e promuovere una cultura di rispetto reciproco. Solo attraverso un approccio integrato si potrà ridurre questa drammatica tendenza.

*Il dott. Alessio Leotta è uno psicologo, psicoterapeuta e ipnotista della scuola di Milton Erickson. Svolge la libera professione a Biancavilla e ad Adrano.

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