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Una lapide per i donatori di organi: «Gesto di civiltà e solidarietà umana»

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© Foto Biancavilla Oggi

Antonino Castro, Maria Pastanella, Salvo Rubino e Rosina Patti: sono i quattro biancavillesi donatori di organi, che con il loro gesto di altruismo, hanno salvato e ridato speranza ad altre persone. A loro, alla loro memoria, l’amministrazione comunale ha voluto tributare un omaggio, in occasione della commemorazione dei defunti, attraverso una cerimonia culminata con lo svelamento di una targa marmorea.

La targa è stata posta sulla facciata di ingresso della cappella funeraria comunale, già nel 1996 intitolata ad Antonino Castro, 40enne vittima di un incidente sul lavoro, primo biancavillese ad avere aperto questa “scia” di altruismo.

Così, oltre al nome di Castro si sono aggiunti pure quelli degli altri donatori: Maria Pastanella, scomparsa nel 2001 all’età di 52 anni a causa di un’emorragia cerebrale; Salvo Rubino, morto a 23 anni nel 2009 a seguito di un incidente in scooter; Rosina Patti, 57 anni, deceduta nel 2016, anche lei a causa di emorragia cerebrale.

Quattro storie accomunate dall’intento altruistico. Quattro famiglie che hanno vissuto una tragedia, riuscendo però a trasformarla in nuovo alito di vita per altre persone, bisognose di un trapianto. La donazione (su cui a Biancavilla bisogna puntare con azioni di informazione e sensibilizzazione per una scelta pienamente consapevole) è un atto di civiltà, di solidarietà umana e di carità cristiana, attraverso il quale è possibile dare un senso ad una vita che si spegne e riaccendere la speranza di altre vite. Un dramma privato che si fa gesto esemplare, per questo da omaggiare.

Concetti espressi dal sindaco Antonio Bonanno e da padre Ambrogio Monforte, nel corso della cerimonia, che hanno sottolineato il valore di un gesto così nobile e l’importanza di ricordare e rendere omaggio ai quattro cittadini di Biancavilla.

La dedicazione della lapide marmorea per i donatori di organi è stata l’ultimo momento di una serie di cerimonie svoltesi al cimitero per questo 2 novembre, cui ha preso parte, tra gli altri, anche l’assessore ai Servizi cimiteriali, Vincenzo Amato.

Si è cominciato con un corteo che ha raggiunto il monumento al Milite ignoto, dove è stata deposta una corona di fiori. Poi, raduno nello slargo “Tutti i santi” per una messa in suffragio di tutti i defunti, celebrata da padre Ambrogio Monforte. Un personale omaggio floreale, il sindaco Bonanno lo ha fatto sulla tomba del poeta Antonio Bruno. Quindi, lo spostamento nella seconda cappella funeraria comunale, inaugurata nell’aprile del 2017 senza che allora sia stata intitolata a nessuno. Adesso, la dedicazione a San Placido, patrono di Biancavilla (di cui avevamo dato già notizia qui), con la scopertura della scritta sulla facciata esterna e relativa benedizione. Oltre al primo cittadino e a padre Ambrogio, a partecipare all’intitolazione, pure il presidente del Circolo “San Placido”, Placido Lavenia.

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Da Biancavilla agli Emirati Arabi: lo chef Laudani e la sua “cucina creativa”

«Sono orgoglioso di essere “biancavilloto”, adoro gli arancini di Navarria: un sapore che mi porto dietro»

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È cresciuto e ha studiato in provincia di Bergamo, ma le sue origini sono di Biancavilla: «Un paese che porto sempre nel cuore». Antonino Laudani è uno chef affermato, ha girato mezzo mondo. La sua ultima tappa professionale è negli Emirati Arabi. La sua è una cucina creativa e raffinata, che risente della tradizione italiana e mediterranea: «Il risotto ai frutti di mare è un piatto che porto sempre con me». Le sue radici siciliane? Una bandiera che non lascia mai. Ovunque si sia trovato: dal Congo, dove a Brazzaville nel 2015 aprì il suo primo ristorante, alla Turchia e alla Spagna (come sous chef specializzato nei piatti italiani). Poi, in Inghilterra, durante l’emergenza Covid. Infine, negli Emirati Arabi, prima a Ajman e dopo a Ras al-Khaimah, ma con uno sguardo al futuro rivolto a Dubai.    

«Oramai – dice Antonino Laudani a Biancavilla Oggi – sono quasi 3 anni che vivo e lavoro qui e dopo tanti anni di sacrifici e precedenti sofferenze lavorative sono finalmente riuscito a diventare chef di un ristorante e successivamente chef executive di un altro. Lavoro per un ristorante fine dining italiano, con cucina creativa. Mi occupo della parte di sviluppo del menù, costi, fornitori, gestione del personale in cucina. Mi piace molto essere arrivato a questo nuovo punto di partenza nella mia vita. Ho l’obiettivo di portare il ristorante dove lavoro ad alti livelli, ma per scaramanzia non anticipo niente».

Alle spalle, lo chef Antonino ha un lungo percorso, fatto con sacrifici e determinazione. «All’età di nove anni e mezzo – ci racconta – io e la mia famiglia ci siamo trasferiti da Biancavilla in provincia di Bergamo, a causa delle limitazioni lavorative che purtroppo la Sicilia offre. Feci il mio percorso di studi medio e poi superiore alberghiero a Bergamo. Ho lavorato in un ristorante della mia zona, purtroppo anche il nord Italia ha i suoi limiti ed il lavoro regolare era molto difficile da trovare. Così nel 2015 andai fuori dall’Italia».

Ma anche al di là dei confini nazionali, Laudani resta fortemente legato alle sue origini: «Sono molto orgoglioso di essere un biancavilloto, ho dei bei ricordi del mio paese natale. Quando posso, ritorno per trovare i miei nonni ed i mie zii. E soprattutto per mangiare gli arancini di Navarria: è un sapore che mi porto dietro sin da quando ero piccolo. Mi piace ricordare i momenti passati a camminare per la via principale di Biancavilla, ammirare la chiesa madre e la sua grande piazza. Purtroppo, devo ammettere che se non avessi lasciato la Sicilia e poi l’Italia non sarei forse arrivato alla posizione che attualmente ricopro».

Da qui, un appello dello chef Antonino Laudani: «Vorrei poter dire ai giovani ragazzi e ragazze di Biancavilla di prendere la decisione di migliorarsi e, se serve, anche a costo di lasciare il proprio paese. Non abbiate paura. Soffrirete un po’, per poi imparare e stare meglio in futuro. E questa cosa vi renderà estremamente forti e motivati».

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