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Cultura

Per Alfio Lanaia e per la nostra casa editrice il premio “Tullio De Mauro”

“La Sicilia dei cento dialetti”: prestigioso riconoscimento per il libro pubblicato da “Nero su Bianco”

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Alfio Lanaia si è classificato al primo posto per il premio “Tullio De Mauro”, nell’ambito del concorso “Salva la tua lingua locale”, giunto alla decima edizione, indetto dall’Unpli (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia). Un prestigioso riconoscimento conferitogli per il volume “La Sicilia dei cento dialetti”, pubblicato da Nero su Bianco Edizioni. Un’indagine storico-linguistica puntigliosa su parole ed espressioni del dialetto siciliano. La cerimonia di premiazione avverrà a Roma, presso il Campidoglio, il prossimo 26 gennaio.

Con questo volume, l’autore fa da guida ad un appassionante viaggio linguistico, con piglio ironico ed arguto, riservandoci punti di osservazione privilegiati ed originali. Così ci fa scoprire quella dialettalità antica e nuova che nell’Isola resiste e si rigenera, nell’uso orale quotidiano, nelle opere letterarie, sul web, nelle app di messaggistica e nei social network. Pagina dopo pagina, la scoperta suscita una meraviglia crescente per quello che le parole sanno raccontare e per la storia che veicolano.

Dottore di ricerca in Filologia moderna e insegnante di Lingue e letterature classiche al Liceo europeo di Catania, Lanaia è stato professore a contratto di Glottologia, Etnolinguistica e Linguistica generale all’Università di Catania, oltre ad avere lavorato al “Vocabolario Siciliano” e al progetto “Atlante Linguistico della Sicilia”.

Alto valore culturale e scientifico

«Il meritato riconoscimento ad Alfio Lanaia –sottolinea Vittorio Fiorenza, direttore di “Nero su Bianco Edizioni”– conferma l’alto valore della sua ricerca. Un tassello che si aggiunge allo studio del siciliano, proponendosi come strumento ideale per la promozione del dialetto nelle scuole dell’Isola. Tutto ciò in piena sintonia con i propositi della legge regionale del 2011 che mira alla valorizzazione e all’insegnamento della storia, della letteratura e del patrimonio linguistico della Sicilia».

«Un premio così prestigioso a Lanaia –prosegue Fiorenza– rappresenta certamente anche un riconoscimento a “Nero su Bianco”. Un piccola casa editrice nata e operante a Biancavilla, impegnata a promuovere –nell’ambito della realtà etnea e siciliana– studi, ricerche e pubblicazioni di interesse locale, ma senza rinunciare alla qualità culturale e al rigore scientifico».

Il premio “Tullio De Mauro” 2022 per “La Sicilia dei cento dialetti” si aggiunge al premio 2018 che lo stesso concorso dell’Unpli ha conferito, sempre ad Alfio Lanaia. In quell’occasione, il riconoscimento fu dato a “Di cu ti dìciunu?”, primo volume pubblicato da “Nero su Bianco”, che cataloga 1200 soprannomi, personali e di casato, presenti a Biancavilla. Un libro, già ristampato in versione aggiornata, che ha avuto un notevole successo, raggiungendo anche molti biancavillesi emigrati in America e in diverse parti d’Europa, dalla Germania alla Francia, fino in Danimarca.

PER SAPERNE DI PIU’

“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

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2 Commenti

2 Commenti

  1. Alfio Lanaia

    21 Dicembre 2022 at 16:39

    Che dire? Non resta che aspettare la pensione e scrivere un libro a quattro mani da regalare alla città che ci ha visti crescere. Un grande abbraccio e a presto!

  2. Francesco Arcaria

    20 Dicembre 2022 at 19:24

    Questo secondo prestigioso premio non mi stupisce affatto.
    Infatti, conosco Alfio Lanaia da quasi 50 anni ed in questo lungo periodo di grandissima amicizia ho potuto sperimentare non solo la sua estrema bravura e competenza, ma anche una dote che a molti difetta: l’umiltà.
    Credetemi, è un vero spettacolo sentirlo rispondere con naturalezza, precisione ed immediatezza e, soprattutto, senza supponenza ad ogni domanda su termini, frasi e modi di dire siciliani e biancavillesi.
    Alfio ed io coltiviamo un sogno: quando saremo in pensione vorremo scrivere o, forse, meglio ‘riscrivere’ la storia di Biancavilla sin dalle sue origini.
    Chissà se un giorno, grazie alle sue profonde conoscenze linguistiche (e non solo) ed alle mie molto meno profonde conoscenze storico-giuridiche, potremo realizzarlo.
    Comunque vada, caro Alfio, AD MAIORA!!!

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Cultura

W San Placido: il santo del popolo che almeno per un giorno ci rende comunità

Il Patrono di Biancavilla: di fronte a tradizioni ridotte a farsa, l’unica certezza resta quella del 5 ottobre

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© Foto Biancavilla Oggi

In un tempo di storiografie deboli, di identità incerte, di farse battezzate a tradizioni, il biancavillese ha in sé una sola certezza: il 5 ottobre viene san Placido. E non se ne fa, se il programma civile (dopo quello delle funzioni) quest’anno si intesta con un generico e mostoso “Ottobre in festa” (bisognerebbe capire cosa abbia fatto derogare all’attesa e gioiosa “Festa di San Placido” l’ibrida locuzione dall’indifferente gusto oltralpino, considerando che gli eventi in programma iniziano a fine settembre e non vanno oltre la prima settimana del mese successivo).

Ma San Placido, si sa, è festa di città. La festa. Di questa città. Il Benedettino non è santo di giaculatorie, litanie e piagnistei. È quasi impossibile, infatti, trovare un concittadino che conosca due righe, due, di una qualche preghiera dedicata al Patrono. Non a caso l’omonima novella di Federico De Roberto, ambientata a Biancavilla, ha avvio nel palazzo comunale e non in chiesa (si veda il volume pubblicato da Nero su Bianco Edizioni). Infatti, a differenza degli altri protettori, il martire è il cuore collettivo della società che si rigenera: il solo che per esistere non ha bisogno di ancoraggi alla fondazione.

Una festa di tutti, nessuno escluso

Santo ghibellino e socialista, di popolo: mette tutti d’accordo. Nessuno si sente escluso dalla festa. Tra un pasto luculliano e un vestito nuovo, una luminaria e uno sparo, una bancarella e un cantante, una crispella e un pezzo di torrone, in un giro di giostra, ce n’è per tutti. Si capisce che il culto di Placido risulta funzionale a un certo clericalismo, mentre non si dà per scontato il contrario.

Duole, però, che le tradizionali mongolfiere siano sparite al seguito della corsa dei cavalli, e la fiera del bestiame non ritorna a prendere posto, seppure rivista, nel calendario: quanto sarebbe atteso per i più piccoli, ad apertura di festività, un evento di promozione all’adozione degli animali e di conoscenza delle specie protette del Parco dell’Etna, quando le politiche degli ultimi governi si muovono a favore di educazione e terapia con gli animali.

Il Santo “civile” lontano da ori e pompe

È figura identitaria pop quella di Placido. Rifugge da ori e da pompe. Accondiscende alle messe, ma resta il Santo civile. E mantiene carattere del divino nella più occidentale delle tradizioni: quella di avere vizi umanissimi, ricorrere a una padella per difendere la sua salsiccia, facendo nero l’omologo adranita, e si tiene caro il territorio dal quale non accenna ad allontanarsi, pena mollare una gran pedata ai limitrofi trafugatori. Quanti nonni raccontano, ancora, queste vicende ai nostri occhi incantati di pargoli di sempre.

Santo del mito, più che del rito. Nel mutamento demografico e nell’ibridismo culturale, la sua festa – cerniera tra le stagioni e spartiacque dell’agenda nostrana – si perpetua e ci fa comunità. Per un giorno. E dai vecchi barbanera della Penisola ai calendari rurali riemerge Biancavilla nel novero delle feste nazionali, per il suo San Placido. Lo stesso al quale era intestata la prima banca popolare di microcredito: “Cassa rurale San Placido”.

Ma oggi, per una decina di minuti, per noi, i botti non saranno quelli dei notiziari atroci, della gragnuola che si abbatte nel medio oriente e nell’est dell’Europa. La disperazione anche per quest’anno è rimandata. E sarà bello trovarci ancora a mezzogiorno, senza classi, senza titoli, senza miseria all’uscita festosa del monaco rubicondo, con l’istinto condiviso di afferrare un rettangolino di carta colorata e leggerci: “W San Placido”!

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