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Scaricabarile sul buco di bilancio: quando le colpe sono “mobili”

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In questi ultimi anni, nella classe politica italiana sembra molto in voga un gioco chiamato lo “scaricabarile”. Trattasi di un gioco molto divertente, in cui il politico di turno che si trova a governare tenta a scaricare su chi lo ha preceduto la colpa dei problemi che si trova a dovere affrontare e del fatto che non riesce a mantenere le promesse fatte durante la campagna elettorale. Lo fece Berlusconi contro i politici della “prima Repubblica” ed in particolare contro i comunisti; lo fece Renzi contro Berlusconi ed i suoi governi di centrodestra; lo sta facendo l’attuale maggioranza giallo-verde contro lo stesso Renzi.

Venendo alla nostra realtà locale, in questi giorni stiamo assistendo ad una diatriba politica tra l’attuale sindaco ed il precedente, in ordine alla vera o presunta disastrosa situazione economica in cui versa il Comune di Biancavilla.

L’attuale primo cittadino lamenta di avere ereditato un ente ormai quasi al collasso economico finanziario, tanto da avere varato un programma di “lacrime e sangue” per evitare il dissesto. Un importante esponente della sua maggioranza ha addirittura dichiarato che il programma elettorale, sulla base del quale la coalizione ha ottenuto la fiducia da parte della maggioranza dei biancavillesi, deve considerarsi ormai “carta straccia” perché tutti gli sforzi devono essere tesi a riparare i danni fatti dalla precedente amministrazione.

Il precedente sindaco, dal canto suo, rivendica invece di avere lasciato i conti in ordine e che non vi è alcun pericolo di fallimento dell’ente.

Ovviamente noi comuni cittadini e contribuenti non abbiamo alcuno strumento per potere affermare chi ha torto e chi ha ragione.

Ma delle domande ci sorgono spontanee: chi si presenta al voto degli elettori con la presunzione di volere governare una città, ha o meno il dovere di conoscere l’entità dei problemi che si propone di risolvere? E soprattutto ha il dovere di promettere agli elettori ciò che realisticamente è in grado di realizzare, oppure basta solo promettere un “libro dei sogni” in campagna elettorale, salvo poi accorgersi il giorno dopo la vittoria che quanto promesso è irrealizzabile?

Ovviamente ciascuno si darà la risposta che preferisce, ma, a mio modesto avviso, sembra alquanto bizzarra e non onesta nei confronti degli elettori, questa moda di addebitare agli altri la colpa di non potere realizzare effettivamente quanto promesso.

Altra questione è, poi, chi siano gli altri su cui scaricare le responsabilità.

In questo gioco del perenne trasformismo che caratterizza la nostra realtà politica biancavillese, si fa davvero fatica a comprendere chi siano “quelli di prima” diversi da “quelli di oggi”.

L’impressione che si ha dall’esterno è che, a parte l’allenatore, la squadra di oggi è composta in larga parte dagli stessi giocatori che hanno condiviso con il precedente sindaco le scelte politico-amministrative dell’ultimo decennio. E allora, in questo caso, di chi è la colpa?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Detto tra blog

Mafia a Biancavilla, quei fallimenti educativi al di là della cronaca

Il processo “Ultimo atto” e gli spunti di riflessione sui “buoni” e i “cattivi” che vivono a fianco

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Una comunità di persone vive anche di queste informazioni, ossia illustrare le attività investigative delle proprie agenzie di controllo. «Blitz “Ultimo atto”, la Procura chiede 125 anni di carcere per 13 imputati», è l’articolo con cui Biancavilla Oggi ci aggiorna sul «rito abbreviato per Pippo Mancari “u pipi” e i suoi picciotti, accusati di mafia, droga ed estorsioni». Normalmente è così: si parla dell’organo che ha indagato, del reato, possibilmente con le ipotesi del guadagno illecito, le attività criminose, i comportamenti, le vittime, spesso senza nome, o soltanto alcune di quelle che in realtà hanno subito. Poi si passa ai criminali, le facce, gli anni di galera previsti, l’attesa del giudizio. Tutto in una sequenza che sembra esaustiva e completa. Poi vedremo le condanne, la sentenza, l’appello, etc.

Questo ci basta? Ci basta questo per sentirci a posto come cittadini? Sembra di assistere ad un canovaccio uguale e distante da noi, anche se stiamo parlando di persone e gente che incontriamo ogni giorno. Mi chiedo: questa operazione di polizia e la sua divulgazione ci bastano per la nostra idea di comunità? Non c’è forse un tratto di vita tra carnefici e vittime che ci potrebbe interessare di più? La frattura al contratto sociale si ricompone da sola? Mi chiedo. Loro sono i cattivi, o quelli che hanno sbagliato – e si vede dalle facce – e noi siamo i buoni? È proprio così?

In realtà nelle strade e nelle piazze siamo lì, insieme, ognuno per la propria vita, ma tutti accanto l’uno all’altro. Questo tipo di notizie, che diventano solo cronaca, non sono fin troppo indifferenti alla vita di chi ha sbagliato e di chi ha subito il torto.

Come possiamo fare per capire ciò che potremmo fare in termini comunitari? Perché si continua a chiedere il pizzo e si continua a spacciare, nonostante le pene previste? Parlo ovviamente in termini generali e non su questo caso specifico.

Io penso che dove si commette un reato di questa portata, qualcosa non ha funzionato anche prima ed anche in tutti noi. In questa comunità di persone c’è stato un fallimento. Reati del genere coinvolgono molte più persone, atteggiamenti, comportamenti, amicizie, conoscenze. Un mare di persone. E molto tempo prima ha lasciato che le cose sfuggissero di mano. Reati del genere parlano di fallimenti educativi in primis, poi di tante altre cose. C’è il momento della condanna, dopo le indagini, ma il momento per comprendere come siamo arrivati, un’altra volta a queste situazioni quando? Quando comprenderemo di quali passaggi è fatto un percorso di comunità in questa direzione?

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