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Sangiorgio, l’umanità e la cultura: il ricordo commosso della moglie

Nella “Giornata della memoria” pubblichiamo il messaggio inoltratoci da Maria Cuscunà

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«Umanità e cultura, i caratteri distintivi di Gerardo Sangiorgio». Chi la conosce, sa quanta difficoltà e quale pudore deve superare per potere ricordare la disumana esperienza vissuta dal marito negli anni della sua giovinezza. Eppure, la prof.ssa Maria Cuscunà, in questa “Giornata della memoria 2018”, ha voluto condividere con tutti i lettori di Biancavilla Oggi un pensiero per il marito Gerardo.

Cattolico ed antifascista, rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò e, all’indomani dell’Armistizio, fu catturato a Parma e deportato nei lager nazisti. Prima a Neubranderburg, poi a Duisdorf e a Bonn am Rhein. Dopo due anni di indicibili sofferenze, scampato ai forni crematori, dopo la liberazione ed il ritorno a casa con quel carico di orrore vissuto, proseguì i suoi studi, laureandosi in Lettere classiche.

Da intellettuale autentico, poeta, letterata ed insegnante, dedicò la sua vita alla promozione dei valori umani e cristiani. Nel 1984, il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, gli conferì il titolo di “Combattente per la libertà d’Italia”. La sua morte è avvenuta nel 1993. A lui è dedicata la biblioteca comunale e un mezzobusto a Villa delle Favare.

L’aspetto più significativo credo sia il modo in cui lui ha vissuto la deportazione e l’internamento. Il suo spirito cristiano, pur nella immensa sofferenza, è rimasto teso a cercare sprazzi di umanità. Ad esempio, sempre vivo, nella sua memoria, il ricordo di un tedesco che – a rischio della vita e senza mai farsi conoscere – nascondeva, di tanto in tanto, qualche buccia di patata nei pressi della baracca. Il suo rammarico più grande, quello di non aver potuto avere con sé nessun libro e che non gli fosse concesso di scrivere. Prima della cattura e già al Liceo, infatti, iniziava a comporre in versi e collaborare con alcuni periodici. Umanità e cultura, non a caso, rimangono gli aspetti che hanno contraddistinto maggiormente la vita di mio marito.

Maria Cuscunà

Per Gerardo Sangiorgio, il Liceo delle Scienze umane ed il Comune hanno dedicato un incontro commemorativo a Villa delle Favare con il coinvolgimento degli alunni delle scuole dell’obbligo. Sono intervenuti Salvatore Borzì, che ha studiato la biografia e le opere e ha spesso scritto in queste pagine, e Maria Rita Neri, recentemente laureatasi in Lettere classiche con una tesi sulle virtù e i valori umani e cristiani dell’uomo di cultura biancavillese.

Per anni, tuttavia, la figura di Sangiorgio è stata spesso dimenticata, dall’istituzione comunale e dalle scuole, anche quando veniva celebrata in altri paesi vicini. Una mancanza e una disattenzione spesso denunciate da Biancavilla Oggi, che anzi ha puntualmente valorizzato la figura di Gerardo Sangiorgio, pubblicando contributi autorevoli ed inediti. Li riproponiamo, in parte, qui.

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Il bambino di Biancavilla tra i paladini di Francia: Tommaso e i suoi pupi siciliani

A soli 8 anni si è esibito già con il suo teatrino di legno, portando in scena “L’Orlando innamorato”

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GOODNEWS.
Questa è la Biancavilla che ci piace

Una grande passione per i pupi siciliani al punto che non soltanto li colleziona, ma si cimenta pure nell’allestimento scenico e nella recitazione, imparando a memoria e interpretando lunghi dialoghi, mentre le sue mani muovono i fili. Tommaso Francesco Lavenia ha otto anni e il prossimo anno scolastico andrà in quarta elementare nel plesso “San Giovanni Bosco” di Biancavilla.

In queste sere d’estate si è esibito in piazza Cisterna a Ragalna, nell’ambito della “Summer Fashion Week”. Davanti a un numeroso pubblico, con il suo teatrino in legno, ha portato in scena “L’Orlando innamorato”, dando carattere, movimento e voce ad ogni pupo. Una passione, forse un talento. Per lui, applausi e incoraggiamenti. Sorprende come ad appena 8 anni, Tommaso Francesco stia seguendo un interesse inconsueto per la sua età. Uno sforzo che, al di là del gioco, rivela dedizione, studio e sensibilità artistica.

Tutto è nato per caso a Taormina, quando in un ristorante ha visto esposto un classico pupo siciliano. Da lì è scoccata la curiosità, accentuata quando a casa, tra i vecchi giochi del papà, ha trovato un “Orlando”. Poi, l’acquisto dei primi pezzi, alcuni in pessime condizioni e restaurati. Altri ancora costruiti in legno. Una collezione che ormai conta una trentina di pupi.

In questa sua passione ha coinvolto i genitori, Placido e Valeria, e anche i nonni, che lo hanno aiutato nella realizzazione dei costumi. Su YouTube è andato a cercare rappresentazioni dei pupi siciliani, ha studiato a memoria i lunghi dialoghi, integrando anche personaggi biancavillesi con riferimenti a San Placido e alla Madonna dell’Elemosina.

Tommaso Francesco si è tuffato così nel mondo epico-cavalleresco dei paladini di Francia, di Ludovico Ariosto e Matteo Maria Boiardo. Ha avuto pure l’opportunità di conoscere da vicino alcune famiglie siciliane che da generazioni custodiscono quest’arte: i “Napoli” di Catania, i “Puglisi” di Sortino, “Ariosto e Calabretta” di Acireale.

Un grande patrimonio culturale, non a caso proclamato nel 2001 dall’Unesco «capolavoro orale e immateriale dell’umanità», che mescola teatro, letteratura, tradizione e artigianato. Un patrimonio nel quale il piccolo Tommaso Francesco sperimenta la sua passione, preferendolo ai giochi digitali che lo terrebbero incollato per ore davanti a uno schermo, come accade a tanti suoi coetanei.

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Chiude il “Tropical Bar”: quel ritrovo giovanile nella Biancavilla Anni ’80 e ’90

Il locale di Pietro Leocata (il primo a proporre il panino con wurstel) segna un ciclo generazionale

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È un altro pezzo da consegnare alla memoria collettiva. Ricordi che riaffiorano e si sgretolano, legati alla generazione giovanile di Biancavilla a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Ecco perché c’è un po’ di malinconia nell’apprendere che, dopo quasi quarant’anni (38 per l’esattezza), chiude il “Tropical Bar”. Un’attività aperta nel 1987 in via Vittorio Emanuele, tra il plesso elementare “Guglielmo Marconi” e Villa delle Favare. Era lì il cuore pulsante del ritrovo giovanile di Biancavilla, prima che la bussola virasse verso via Umberto e piazza Annunziata.

Il titolare Pietro Leocata (pasticcere di professione) è prossimo ai 68 anni. In più, quella parte del centro storico ha visto continue chiusure di saracinesche. Un destino inesorabile di desertificazione commerciale. Tutt’altro scenario rispetto agli «anni delle immense compagnie, gli anni in motorino, sempre in due». Sì, perché in fondo, la movida biancavillese (quando ancora nessuno la chiamava così), era scandita da abitudini rituali: «Stessa storia, stesso posto, stesso bar», come cantava Max Pezzali.

Ma il bar di Leocata si distinse nella sua offerta. Fu il primo locale a proporre il panino caldo con wurstel, patatine fritte, ketchup e maionese. Una novità, che poi ha fatto scuola, alternativa alla più classica tavola calda con arancini e cartocciate. “Noi che… con 3mila lire ci saziavamo”: anche questo da custodire negli annali di “costume & società”.

I tempi cambiano, le mode pure. Così, quel locale al Civico 151 è diventato testimone delle abitudini che mutavano, mentre tra i due marciapiedi del tratto di via Vittorio Emanuele scomparivano pian piano le “comitive”. Lì dove erano nati amori e amicizie, discussioni e liti, con il sottofondo di una lunga play list che dai Duran Duran balza fino ai Rem.

A differenza di altre attività che hanno chiuso ormai da tempo (come Al Gabbiano, altro storico locale), il “Tropical Bar” ha resistito con orgoglio, adattandosi ad una clientela più ristretta, fedele, abitudinaria, ed “inventando” eventi propri per il periodo di Carnevale o Natale. Ora, però, si chiude un ciclo, personale e generazionale, professionale ed emotivo. Legati a quel posto, restano i ricordi di tanti giovani in sella ad un Garelli tra gli anni ’80 e ’90. Ricordi che suscitano tenerezza e una genuina nostalgia, come nei titoli di coda di un film dei Vanzina. A Pietro Leocata, l’augurio di una serena e meritata età della pensione, da vivere con la propria famiglia.  

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