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Cultura

Gli omaggi (inediti) a Sangiorgio di Bloom, De Luca e De Mauro

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Harold Bloom: professore emerito alla Yale University e il più autorevole critico letterario statunitense. Erri De Luca, scrittore combattivo e di grande impegno civile. Tullio De Mauro: illustre linguista, scomparso di recente. Le parole di tre intellettuali di prim’ordine, per la prima volta pubblicate da Biancavilla Oggi e rivolte a Gerardo Sangiorgio, il biancavillese che rifiutò l’adesione alla Repubblica di Salò e fu internato nei lager nazisti, da dove ne uscì con un carico di disumane esperienze.

HAROLD BLOOM. Gerardo Sangiorgio was a heroic survivor and a poignant poet. At a time like this, when we have just seen the instauration of an American Benito Mussolini, the memory of Gerardo Sangiorgio is particularly relevant. He stands as a beacon of the everliving spirit of authentic poetry and true humanism.
(Gerardo Sangiorgio fu un eroe superstite e un poeta struggente. In un momento come questo, nel quale abbiamo appena visto l’insediamento di un “Benito Mussolini” americano, il ricordo di Gerardo Sangiorgio è particolarmente rilevante. Egli si erge come un faro nello spirito eterno di autentica poesia e vero umanesimo).

ERRI DE LUCA. Degli oltre mille docenti universitari che prestarono pubblico giuramento al fascismo, solo l’unopercento di loro, la minima dozzina, rifiutò. Sembra niente, eppure è la quota che salva la coscienza di una comunità. Meno dell’unopercento di italiani partecipò alla lotta armata clandestina, chiamata Resistenza. Il caso e l’esempio di Gerardo Sangiorgio rientra nell’albo raro di quelli che fecero prevalere la loro coscienza sull’opportunismo del momento. Il suo nome sta di diritto nel manipolo di giusti sul cui onore si è fondato l’atto di nascita della Repubblica italiana. Il suo sacrificio é parte costituente del più bel documento politico della storia d’Italia: la sua Costituzione.

TULLIO DE MAURO (27 gennaio 2016). Gerardo Sangiorgio seppe tradurre in pensiero, poesia e insegnamento la terribile esperienza vissuta. Il suo è un esempio difficile da seguire, una sfida al rischio continuo di acquiescenze e indifferenze. Lo ricordiamo oggi per non dimenticarlo negli altri trecentosessantaquattro giorni dell’anno. Che sia così, che possa essere così sta a ciascuno di noi.  Questo sarà il vero e migliore onore che possiamo rendere a lui e a quanti patirono e patiscono oggi, in Italia e nel mondo, violenze e oppressioni.

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Cultura

Il maestro di fotografia Giuseppe Leone e il prezioso “lascito” per Biancavilla

La scomparsa all’età di 88 anni, il ricordo dell’ex assessore alla Cultura nella Giunta Manna

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È scomparso a Ragusa, all’età di 88 anni Giuseppe Leone, uno degli ultimi grandi interpreti della fotografia in Sicilia. Una figura originale di fotoreporter che ha raccontato l’Isola, il suo paesaggio, il mondo contadino, la condizione della donna ma anche la cultura: era amico di Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo, Gesualdo Bufalino. Nel 1997 dedicò diversi scatti anche a Biancavilla, su invito dell’allora assessore alla Cultura per la realizzazione del calendario del Comune. Oggi quella pubblicazione cartacea ha valore di opera d’arte. Di seguito, per Biancavilla Oggi, il ricordo di Nino Longo.

Al tempo in cui ero assessore alla Cultura della prima sindacatura di Pietro Manna, seguivo con una certa passione delle riviste di fotografia come “Reflex Progresso fotografico” e “Zoom “. In esse avevo letto un servizio su Giuseppe Leone e di una sua pubblicazione sull’architettura barocca nella Sicilia sudorientale. Avendo progettato di realizzare un Calendario sui Beni Culturali nel nostro Comune, mi venne l’idea di contattare il nostro famoso fotografo per proporgli il lavoro.

L’Ufficio riuscì a contattarlo e gli demmo un appuntamento. Lui venne e si mise a disposizione, mettendo alcune condizioni. Non ricordo la sua richiesta   in ordine al suo onorario, ma esso non fu particolarmente oneroso. Le condizioni da lui poste furono che le foto fossero in bianco e nero e che la scelta dei soggetti fotografici fosse solo sua e non sulla base delle richieste dell’Amministrazione. Lui poi venne a Biancavilla e andò in giro da solo, anche di notte.

La sua attenzione fu posta su diversi angoli del paese e soprattutto sulla “materia” della pietra lavica, su scorci architettonici e su semplici personaggi che si trovavano a passare casualmente o sostavano in certi angoli. Oltre alla “materia” il suo “occhio fotografico” si soffermava sugli effetti del chiaro/scuro e sulla “semplicità” dei soggetti umani.

Così noi scoprimmo il particolare effetto di certe immagini che avevamo sotto gli occhi ma che non avevamo “veramente visto”. Ed ecco il signor Torrisi sotto l’arco di San Giusippuzzu, le devote davanti “u Tareddu” di via Mongibello, il monello davanti all’arco di via Brescia, i confrati all’accompagnamento funebre, il suonatore di ciaramella. Ma anche in lontananza la chiesetta dell’eremo di Badalato, con l’enorme mole dell’Etna, i vecchi mulini ad acqua di Rollo, il basolato di via Innessa, di via Tutte Grazie, via preside Caruso, il portale della chiesa di Sant’Orsola.

Ne è venuta fuori una città antica ma vissuta, i cui personaggi si inserivano nell’insieme dei paesaggi, con i manufatti in evidenza. La vita vera, non retorica, non celebrativa. I nostri “monumenti” importanti messi da parte.

Il calendario è piaciuto a tutti; è andato anche all’estero. Qualche foto è stata esposta anche a New York, mi dicono. Molti cittadini, nel tempo, hanno riproposto alcune immagini, senza neanche sapere che erano parte di un calendario del comune di Biancavilla del 1997.

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