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Presentato il libro su padre Brancato, il sindaco dice sì a dedicargli una via

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© Foto Biancavilla Oggi

Chiesa “Annunziata” di Biancavilla gremita come nelle grandi occasioni. E in effetti, l’occasione è stata un omaggio a padre Placido Brancato (parroco per quasi mezzo secolo), attraverso la presentazione del libro di testimonianze e di memorie fotografiche a lui dedicato da Giuseppe Gugliuzzo e Giuseppe Ciadamidaro, con l’autorevole presenza dell’arcivescovo di Catania, mons. Salvatore Gristina.

“Santu, riccu e furtunatu”, il titolo del volume pubblicato da Nero su Bianco Edizioni e che già è stato distribuito in centinaia di copie con richieste che stanno arrivando pure da fuori Sicilia, evidentemente da parte di biancavillesi emigrati.

«Ho letto il libro, poche volte mi è capitato di poterlo fare prima di una presentazione. Ma l’ho fatto con grande piacere, pagina dopo pagina. Merito ai due autori, a cui dico grazie. Merito a padre Brancato, che continua ad affascinarci», ha detto il vescovo Gristina nel suo intervento.

Un intervento con parole di affetto nei confronti del sacerdote scomparso: «La sua è stata un’esistenza pienamente realizzata, si è contraddistinto nella sua dimensione rivolta ai giovani. La sua è stata una testimonianza straordinaria, un’esemplare presenza per Servire. Provavo tanta gioia tutte le volte che lo incontravo e mi raccomandava sempre che la Chiesa catanese si occupasse sempre con maggiore impegno per i giovani. Sono sicuro che prega per noi, per Biancavilla, per i sacerdoti e per il vescovo. Lo sento vicino».

Moderati da Salvuccio Furnari, diversi gli interventi che si sono susseguiti nel corso della serata: da don Antonino Tomasello, parroco dell’Annunziata, a don Giovambattista Zappalà, successore di padre Brancato e curatore della prefazione al libro. Una prefazione anch’essa testimonianza, appassionata, commossa, quasi filiale. Vittorio Fiorenza, che guida la casa editrice Nero su Bianco, ha definito il libro di Gugliuzzo e Ciadamidaro «uno scrigno da custodire gelosamente», attraverso cui «si consegna per la prima volta alla città un ricchissimo patrimonio di testimonianze ed immagini d’epoca con l’eredità umana, culturale e sociale di padre Brancato che non appartiene soltanto alla Chiesa biancavillese e catanese ma fa parte di diritto dell’intera comunità».

In quest’ottica, i due autori hanno lanciato una proposta all’amministrazione comunale «affinché nel territorio biancavillese venga intitolata a padre Brancato una via, come segno di riconoscimento che la cittadinanza tutta tributa a questo grande uomo, sacerdote e pastore».

Un appello fatto proprio pure dall’arcivescovo Gristina: «Padre Brancato è uno di quei preti, di cui tenere viva la memoria. Bisogna onorare la memoria di sacerdoti così, imitando ciò che hanno fatto, nel contesto in cui viviamo. Mi associo all’invito dei due autori rivolto al sindaco e dico fin d’ora che sarò certamente presente quando avverrà questo omaggio».

Il sindaco Antonio Bonanno, da parte sua, ha subito accolto l’idea, garantendo che la sua amministrazione attiverà tutte le procedure perché il nome di padre Placido Brancato sia presente nella toponomastica della città. Possibile che la relativa cerimonia avvenga a novembre, in occasione del primo anniversario della morte.

Il libro di Gugliuzzo e Ciadamidaro presenta la biografia di padre Brancato e una serie di testimonianze (Placido Conti, Giuseppe Pulvirenti, Gaetano Stissi, Pietro D’Orto, Ciccino Cuscunà, Vincenzina Scandura, Placido Antonio Sangiorgio). E poi un corposo album fotografico con immagini inedite e d’epoca, prelevati dall’archivio storico parrocchiale. Un viaggio nel tempo che è una storia di un impegno sacerdotale e sociale che ha attraversato e oltrepassato il Novecento, ma soprattutto una storia “corale” in cui ognuno si può riconoscere.

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Cultura

Zora, Scenzio, Ponzio, Lionella…: i nomi diffusi a Biancavilla ad inizio del 1600

Ricerca onomastica sugli antichi registri dei matrimoni, con una sorpresa: non ci sono “Elemosina”

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Come ci informa Enzo Caffarelli, uno dei maggiori esperti italiani di onomastica, «negli anni Ottanta del secolo scorso due francesi, Philippe Besnard e Guy Desplanques, hanno inventato un dizionario onomastico molto particolare, che documentava la posizione di un nome in una parabola ideale» in cui  «ogni nome, quale più e quale meno, attraversa nella sua “carriera sociale” una fase ascendente cui fa seguito, dopo aver raggiunto il vertice, una fase discendente fino all’obsolescenza pressoché totale, per poi ricominciare, a distanza di 100-130 anni il medesimo percorso».

Se questo è vero, potendosi documentare per alcuni nomi propri che attraversano questa parabola ideale (per esempio Emma, Costanza, Matilde ecc.), è altrettanto dimostrabile che certi nomi propri, adottati sulla base delle mode onomastiche presenti in ogni tempo, hanno una loro vita e un loro prestigio che dura un tempo più o meno lungo, ma, come accade anche al lessico comune, diventano prima obsoleti, poi scompaiono per sempre, in quanto cambiano le mode, le ideologie, i rapporti sociali all’interno dei quali si impongono i nomi propri.

I file del Comune e le carte della Chiesa Madre

In un articolo su Biancavilla Oggi (4 ottobre 2020), l’autore, attraverso la consultazione dei file dell’anagrafe del Comune di Biancavilla, constata che nessuno, a partire dal 1994, chiama la propria figlia Elemosina e quindi tale nome devozionale è destinato all’estinzione. Elemosina rappresenta forse per Biancavilla il caso più emblematico, «a dispetto della devozione che manifesta la comunità cattolica locale verso quell’immagine sacra di Madre dal volto tenero ed affettuoso, con in braccio il Bambino». Esistono tuttavia diversi casi di nomi un tempo usati a Biancavilla e oggi dimenticati, se non proprio ignorati.

Pur non disponendo di una vera e propria banca-dati dei nomi di persona usati in passato a Biancavilla, può risultare utile la consultazione dei registri dei matrimoni della Chiesa Madre, in particolare quello più antico che registra i matrimoni celebrati a Biancavilla dal 1599 al 1637.

L’assenza del nome “Elemosina”

Va osservato preliminarmente che, se risulta normale l’assenza del nome Placido, in quanto il culto per il santo martire è iniziato a Biancavilla nei primi del Settecento, meno ovvia è l’assenza del nome Elemosina, dal momento che il culto della Madonna dell’Elemosina affonderebbe «le sue radici nella fondazione stessa della città».

In realtà, dal registro dei matrimoni sembrerebbe che tale culto sia stato incrementato e favorito dopo il 1630. Solo a partire dal 1631, infatti, i cappellani che registrano i matrimoni, aggiungono che la Chiesa Madre (Matricis ecclesia) è «sub titulo Divae Mariae Elemosinae».

La diffusione di nomi balcanici

Nei primi anni del ’600 erano ancora vivi alcuni nomi di origine balcanica, portati dai fondatori albanesi. Si tratta spesso di nomi che, pur presenti ancora oggi, tradiscono nella loro forma un’origine straniera. È il caso, per esempio, di Alessi, usato attualmente come cognome e presente come nome proprio nella forma Alessio.

Un altro nome di origine balcanica era Dimitri, che troviamo associato a un cognome, Burreci, di sicura origine albanese. La forma moderna di questo nome è ovviamente Demetrio che, tuttavia, non ha un rapporto diretto col precedente. Troviamo ancora un Todaro (Burreci), che a distanza di secoli riappare come cognome, Todaro, come soprannome, Tòtaru, ma come nome proprio Teodoro.

Se, come ci informa l’articolo di Biancavilla Oggi, «gli elenchi dell’anagrafe di Biancavilla riportano solo un cittadino col nome del “protopatrono”», cioè Zenone, il registro dei matrimoni testimonia un Zenonio.

Anche il nome femminile Catrini, insieme al suffissato, Catrinella, tradisce la propria origine greco-albanese, rispetto a quello usato attualmente, Caterina. Il nome Agata, di tradizione latina, aveva già soppiantato, agli inizi del Seicento l’unica variante di tradizione bizantina che ci conserva il registro dei matrimoni, Agathi, cristallizzatasi nei cognomi D’Agati e Santagati. Senza potere escludere che altri nomi siano stati latinizzati, l’ultimo nome di sicura origine balcanica è Zora, ancora usato in area slava, ma del tutto assente ora a Biancavilla.

Quei nomi allora “di moda” ormai estinti

Oltre a questi nomi legati in qualche modo ai fondatori albanesi di Biancavilla, il registro testimonia la presenza di altri nomi che adesso sembrerebbero estinti o con una bassissima frequenza. Lasciando volentieri il compito a chi vorrà consultare gli elenchi anagrafici del comune, vorrei sottoporre all’attenzione dei lettori alcuni nomi propri usati a Biancavilla nei primi decenni del Seicento e ora molto probabilmente abbandonati del tutto.

Fra i nomi maschili saltano all’occhio: Manfrè, modernamente Manfredi, conservatosi come cognome; Gilormo, modernamente Girolamo, assieme al più diffuso, Geronimo; Cusimano e/o Cuximano, forse per devozione a San Cusimano, presente ora in Sicilia come cognome, Cusimano, Cusumano; di Cruciano sono adesso registrati meno di 5 casi in Italia, secondo l’ISTAT, mentre nessun bambino è registrato adesso coi nomi di Scenzio, Ponzio, presenti invece nel nostro registro assieme a Ortensio, di uso rarissimo in Italia.

Fra i nomi femminili piace ricordare, oltre a Cruciana, Ponzia e Scienzia, alcuni che erano alla moda in quel periodo, anche se di tipo non devozionale, come Angirella (usato nelle famiglie Patania, Fallica e Florenza), Lionella, Paurella, Supranella,Volanti (Violante?), Gratiusa (Graziusa). Il fascino che ha sempre suscitato la città di Venezia ha travalicato i confini al punto da essere usato come nome proprio per le donne: il registro ci conserva Venezia e la var. grafica Venecia. Ma anche il nome della nostra regione era considerato così prestigioso da indurre la famiglia Petrana a chiamare Sicilia la propria figlia.

Il caso di “Bitturda”

Se questi nomi propri si sono obliterati in quanto soppiantati dalle nuove mode, qualche altro non è attecchito perché, già allora, ritenuto poco prestigioso. Il registro ci conserva, per esempio, una Bitturda (= Bertolda) trasferitasi a Biancavilla da Tripi, nel Messinese.

Certo, non possiamo prevedere il quando, ma come si ricava dalla storia dei lunghi periodi, un nome considerato “brutto” e abbandonato, perché associato a certi ambienti socio-culturali, può essere rivalutato in un altro periodo in cui, secondo la moda del momento, sembrerà essere dotato di prestigio, perché, per esempio, la bisavola, donna bella e affascinante, portava quel nome, o magari perché il personaggio di un romanzo o di un film lo ha reso celebre.

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