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Pista ciclabile sull’ex linea della Fce? Errore fatale, ecco un’idea possibile

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«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore». (Peppino Impastato)

Inizio questa riflessione da una passeggiata pomeridiana fatta insieme al mio cane, a Biancavilla, lungo i margini di quella che un tempo era la linea ferrata della littorina. Lo stato di abbandono in cui versa quest’area è sotto gli occhi di tutti: ridotta a pattumiera per gli incivili che non fanno la raccolta differenziata, imbrattata da vandali che rompono porte e finestre dei pochi fabbricati del vecchio servizio ferroviario, lasciata alla crescita selvaggia delle erbacce che non venendo più tagliate da tempo si riprendono il loro spazio naturale. Possibile che tutto questo stia avvenendo nel totale disinteresse sia dei cittadini, ormai abituati al degrado, che delle amministrazioni locali?

Eppure, le potenzialità di questo sito sono enormi. Un’idea di riqualificazione mi venne in mente già cinque anni fa, quando decisi di fare la mia tesi di laurea in Architettura, dedicandola allo sviluppo urbano, economico e sociale del mio paese. Il centro della proposta fu attuare una riqualificazione, trasformazione del tracciato ferrato, degli spazi attigui, in un Parco Lineare ciclo-pedonale che producesse inoltre uno studio mirato sulle nuove connessioni che questa città avrebbe guadagnato una volta completata l’opera, ponendo grande attenzione allo sviluppo di un’economia del tempo libero, del turismo e della cura di sé e anche dello sviluppo commerciale.

Concepito come un parco aperto e diffuso che non crei un’isola verde – come nel caso del realizzando parco di monte Calvario – nel tessuto urbano ma vi si integra attraverso una serie d’interventi progettuali. Interventi improntati a valorizzare, connettere e mettere in relazione tra loro quartieri, infrastrutture di trasporto e aree pubbliche per promuovere una connessione estesa e continua dal centro alla periferia, individuare nuovi spazi pubblici all’interno della città a cerniera, tra zone urbane in questo momento divise, e valorizzare le risorse economiche esistenti nell’area (piccole e medie imprese) e promuovere interventi privati, coerenti con il sistema Parco, in aree e manufatti dismessi o sottoutilizzati.

Ma come fare per realizzare tutto questo? Il famosissimo Prg, adottato finalmente dopo lunghi anni di attese, identifica quest’area come “Vap – Verde pubblico attrezzato di progetto”. Salvo varianti dell’ultim’ora, quindi, il destino di questa linea sembra tracciato, ma le azioni per rendere concreto questo progetto stentano a decollare. Un errore banale da non fare sarebbe quello di creare una semplice pista ciclabile, molto apprezzata dai numerosi appassionati di ciclismo che percorrono le nostre pericolose strade piene di macchine e buche, ma non sarebbe abbastanza. Occorre ripensare, pianificare, progettare anche le aree che confinano direttamente con questo tracciato, attrezzarlo con servizi per i bambini, ridare dignità e valore economico alle case che si affacciano su questo nuovo asse viario.

Potrebbero sorgere nuove attività commerciali, artigianato creativo, street food: un vero e proprio asse commerciale nuovo che invogli i privati ad investire e creare sviluppo economico, per una città depressa come la nostra. Imprenditori locali o di comuni vicini potrebbero aprire nuove attività, attratti dalla bontà e dalla bellezza creata. Cittadini che vedono un asse attrezzato nuovo e curato, con verde e servizi potrebbero sistemare le numerose case, tornare ad abitarle, affittarle a giovani residenti e –perché no?– creare anche un albergo diffuso che grazie alle nuove connessioni con l’Etna a nord e il fiume Simeto a sud generi turismo sostenibile. Tutto partendo da una semplice idea e dalla volontà di realizzarla.

Vorrei invitare i miei concittadini a non abituarsi al degrado che li circonda, ma a pensare a nuovi sviluppi possibili e a chiedere con voce grossa ai propri referenti politici che si devono attivare tutte le iniziative necessarie per far partire questa trasformazione. Un modello nuovo di rigenerazione urbana, che inizi una lunga trasformazione del nostro amato paese, che non abbandoni il centro storico lasciandolo al suo spopolamento, che non cementifichi le periferie per mera speculazione e mancanza di governo del territorio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 Commento

1 Commento

  1. Santo

    27 Luglio 2021 at 20:22

    Non so di chi sia l’idea di mettere al posto della pista ciclabile, spazi con verde, zone relax e quant’altro, è una cosa formidabile , io ho vissuto quasi 15 anni in Germania e da qualche anno sono rientrato, posso dire che la c’è ne a bizzeffe, il problema purtroppo rimane sempre lo stesso, ma noi , siamo in grado di tenere curate queste aree??? 🤔🤔🤔ho forti dubbi visto il degrato e continui ripristini nei diversi parchi sparsi in paese 😩

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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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