Chiesa
Non solo il prete con bici e chitarra, padre Nicoletti era un Vangelo vivente
Per 37 anni lui è stato… l’Idria, parrocchia in cui arrivò come un ciclone, formando alla vita religiosa e civile

Se n’è andato com’era nel suo stile, da sempre umile, sobrio e allergico a riflettori e sfarzi: con un semplice camice bianco e una stola. Dopo aver celebrato la Messa – ogni qualvolta ne parlava ringraziava il Signore per non avergli mai negato il dono della Messa quotidiana dal giorno della sua ordinazione in poi. E dopo aver salutato i suoi parrocchiani, col garbo e l’ironia che lo hanno sempre contraddistinto, chiedendo “come stai” e raccontando qualche barzelletta.
Per raccontare padre Salvatore Nicoletti, i quasi 44 anni della sua vocazione, bisognerebbe scrivere un libro. Ma chiunque lo abbia conosciuto sa che poche righe bastano a delinearne la personalità, il carisma, il suo modo di vivere la vita e la fede.
Padre Nicoletti è stato anzitutto uomo, gran lavoratore – si cimentava con successo in qualsiasi attività umana, cavandosela egregiamente – che per via della vocazione maturata in età adulta ha vissuto intensamente anche la condizione di vita non religiosa. E proprio questa conoscenza profonda della vita ha guidato la sua catechesi – sì, perché padre Nicoletti è stato anzitutto un catechista.
Speciale nei suoi pregi – e anche nei suoi difetti, che riconosceva e di cui chiedeva perdono al Signore e al prossimo, anche se sempre a modo suo – padre Nicoletti ha sposato la fede cristiana e, nonostante le sue celebri lunghe omelie dentro e fuori la Messa, la fede, più che raccontarla, l’ha vissuta.
Sempre dalla parte degli ultimi – fossero essi i più poveri, i disagiati sociali, gli emarginati, anche se non praticanti o non credenti, i fedeli allontanati/si da altre realtà ecclesiali – non negò mai il conforto spirituale e l’aiuto materiale a nessuno.
Mai una volta che abbia detto “no”
Mai un “no” – anche quando forse un “no” avrebbe potuto e magari dovuto esserci – perché, diceva lui, «umanamente a volte mi verrebbe da…» ma «Dio ci chiede di porgere l’altra guancia, di perdonare, di guardare all’essenziale: l’amore per Cristo e per i fratelli e, soprattutto, la Resurrezione e il Paradiso».
E poi la gioia e l’allegria nel condividere la fede, ma anche i vari momenti di vita civile e sociale. Ai chierichetti granita e brioche nelle mattine d’estate dopo la messa feriale e a seguire un giro in bicicletta. La pizza coi suoi ragazzi, i vicini di casa, gli amici. E i soldi per comprarsi il panino ai bambini che lo raggiungevano dopo la Messa.
Come non ricordare, ancora, la sua passione per la musica, i vari strumenti musicali che suonava, i canti che incideva, insegnando a chiunque volesse a cantare o a suonare l’organo, la chitarra, la fisarmonica? E l’elenco dei suoi gesti di attenzione al prossimo, bontà, disponibilità, generosità potrebbe continuare a lungo.
Con questo spirito, padre Nicoletti ha sempre affrontato la sua vita di uomo e sacerdote e tutti i dolori e le avversità della sua vita privata e della vita della Chiesa. Soprattutto all’Idria, dove per 37 anni, padre Nicoletti è stato… l’Idria.
Arrivato in una parrocchia ancora spiritualmente e materialmente legata alla magnificenza e all’austerità “spotiane”, padre Nicoletti si è abbattuto come un ciclone su quel tempio materiale ma soprattutto spirituale. Lì ha cresciuto e formato alla fede cristiana, alla vita civile e sociale, migliaia di bambini, ragazzi, adulti. Parlava sempre con imbarazzo e quasi di controvoglia di tutte le vocazioni alla vita religiosa. Vocazioni che, lui diceva, «erano dono soltanto dello Spirito Santo», anche se nate per mezzo della sua instancabile opera di servizio a Dio.
«C’è il Paradiso? Allora tutto ha senso»
E poi i terremoti, che hanno danneggiato la chiesa e hanno costretto la comunità parrocchiale a riunirsi nella casa di via Gemma, da lui acquistata per adibirla a casa canonica e nella quale organizzava anche giornate di fraternità coi sacerdoti, giochi per i ragazzi, momenti di preghiera per il Cammino neocatecumenale, altro amore della sua vita.
Così, quando la chiusura della chiesa per inagibilità gettava tutti nello sconforto, lui diceva: «Distruggete il mio tempio e lo ricostruirò in tre giorni». Oppure, quando gli si faceva notare tutto ciò che non andava nella società del tempo, nella nostra città, nella nostra comunità lui rispondeva: «I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel Regno dei cieli». Infine, quando si finiva a parlare con lui del senso della vita, che viveva come un dono quotidiano che si perpetuava “a Dio piacendo” e “se il Signore vorrà”, lui sottolineava: «C’è il Paradiso, c’è la Resurrezione? E allora tutto ha senso, perché se non ci fossero non solo sarebbe vana la fede ma sarebbe vana anche la nostra vita!”. E poi, l’ultima frase pronunciata ad una parrocchiana, poco prima della morte, riportata da Biancavilla Oggi: «Mi preparo per la Via!”.
Ecco perché padre Nicoletti, che non perdeva mai occasione per fare catechesi, avrebbe potuto tranquillamente vivere ed esercitare il suo ministero in silenzio. Silenzio che, peraltro, amava moltissimo. Come non ricordare i lunghi momenti di preghiera e adorazione silenziosa vissuti in solitaria o comunitariamente a casa o in Chiesa? Perché padre Nicoletti non raccontava il Vangelo. Padre Nicoletti era il Vangelo. Un Vangelo vivente. “Cristo regni!” – “Sempre!”.

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Chiesa
La devozione e gli “ossequi”: restaurata la statua della Madonna del Carmelo
Interventi finanziati dai fedeli della parrocchia dell’Idria: l’opera è di Giovambattista Sangiorgio

Dopo mesi di restauro, la parrocchia Santa Maria dell’Idria rivede il simulacro della Madonna del Carmelo in una nuova veste. Un’opera interessata ad interventi, finanziati esclusivamente dai fedeli.
La statua, realizzata con la tecnica dell’impannaggio – che prevede l’utilizzo di legno, tela, colla e stucco, ampiamente utilizzata in Sicilia – è un’opera del biancavillese Giovambattista Sangiorgio (lo stesso autore del “Cristo Risorto” di Biancavilla): risale al 1901 ed è collocata nella nicchia a lei dedicata all’interno della chiesa.
La devozione alla Madonna del Carmine è una caratteristica del Sud Italia: tante in Sicilia le chiese e le associazioni a lei dedicate. Nella parrocchia biancavillese, in passato, durante la quindicina, la messa era molto partecipata e i fedeli sostavano davanti all’altare per rivolgere i cosiddetti “ossequi”.
La statua della Madonna del Carmelo era stata già interessata, con il parroco padre Salvatore Nicoletti, a lavori, eseguiti dal professor Antonino Distefano. Restauri che, però, avevano bisogno di un nuovo ripristino.
Lo hanno eseguito, nei mesi scorsi, due giovani artisti, Francesca Crispi e Alfredo Sergi. Innanzitutto è stata resa solida la base, in seguito sono state ricostruite alcune parti mancanti e, infine, sono stati riportati i colori e le rispettive decorazioni al loro stato originale.
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Chiesa
Quel viaggio chiamato “adolescenza”: lo psicologo parla all’oratorio “Don Bosco”
Un confronto aperto e serrato tra il dott. Alessio Leotta e i giovani della parrocchia dell’Annunziata

Un’occasione di formazione e riflessione per parlare di adolescenza a una platea di… adolescenti. L’oratorio “Don Bosco” della parrocchia Annunziata ha promosso l’incontro con i propri giovani, ponendoli davanti ad un ospite esperto in dinamiche adolescenziali. Ragazze e ragazzi si sono confrontati con il dott. Alessio Leotta, psicologo e psicoterapeuta, affrontando diversi aspetti di quella età, cruciale per la crescita e la formazione dell’individuo.
Il professionista ha proposto un’analisi approfondita di questa delicata fase della vita, soffermandosi su aspetti fondamentali come il cambiamento dell’identità, le sfide emotive, il bisogno di appartenenza, la gestione delle relazioni e la scoperta della propria autonomia. L’approccio non è stato solo teorico, ma fortemente partecipativo: i giovani sono stati invitati a condividere liberamente le proprie esperienze, emozioni e dubbi.
Molti hanno trovato lo spazio per raccontare vissuti personali, paure e desideri, scoprendo nel gruppo un luogo sicuro dove potersi esprimere senza giudizio. Il dott. Leotta ha creato un clima accogliente, rispondendo con empatia e professionalità alle domande e ai racconti.
Un confronto che ha generato una profonda consapevolezza collettiva: l’adolescenza, con tutte le sue difficoltà, è anche un’opportunità per conoscersi meglio, per imparare a relazionarsi con gli altri e per costruire il proprio futuro. Un bagaglio di conoscenze in più per i giovani dell’oratorio “Don Bosco”, più compresi, motivati e pronti ad affrontare il proprio percorso con maggiore serenità.
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