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Nello Toscano, biancavillese doc: «La musica oggi? Un drammatico equivoco»

A colloquio con il noto jazzista: la formazione “provinciale”, il ruolo della musica, i giovani e… un rammarico

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© Foto di Paolo Galletta

«Sono molto legato a Biancavilla e credo che, soprattutto in Italia, la provincia abbia un potenziale esistenziale e creativo migliore di quello delle grandi città. Tutto è circoscritto e periferico, ma ci sono molta più umanità ed autenticità. E poi c’è un grande desiderio di farcela, talvolta un grande desiderio di riscatto. Sono orgoglioso di essermi formato in una realtà di provincia».

A parlare è Nello Toscano, professionista jazz nato a Brescia ma figlio di biancavillese doc. Si è avvicinato alla musica proprio grazie al padre Alfio, il quale, da bambino, lo incantava suonando il mandolino e la chitarra. E man mano che le sue mani diventavano più grandi, ha iniziato ad insegnargli i primi accordi.  Da lì, una carriera in ascesa, passata dalla musica beat degli anni ‘60, (suonata con gli amici, emulando i gruppi in voga all’epoca) e dalla passione per la radio, che gli ha insegnato l’importanza dell’ascolto.

Toscano si è ritagliato un ruolo importante, collaborando con nomi noti a livello internazionale del calibro di Enrico Rava, con il quale nel 1994 ha realizzato il suo primo lavoro. Ma se Nello è un professionista di respiro internazionale, è anche vero che ha sempre condiviso la sua arte con Biancavilla, dove, negli anni ’90, è nato l’Euro Jazz Club che, sul territorio, e non solo, ha fatto storia. Dal 1995 al 2004 ha organizzato una rassegna estiva di musica jazz con la partecipazione di grandi musicisti italiani e stranieri che ha avuto grande visibilità e tanta affluenza di pubblico. Il legame con Biancavilla non è si è mai scisso poiché ancora oggi Nello ama venire nel centro etneo per assistere ai riti della Pasqua o alla festività di San Placido.

Animo profondo e sensibile, quello di Nello. È docente di filosofia e storia e grazie all’insegnamento ha potuto costatare come sia cambiato l’approccio dei giovani alla musica, maturando l’idea che per la maggior parte dei ragazzi, oggi, la musica è semplicemente la colonna sonora della loro vita. E purtroppo per loro, e non per causa loro, i giovani vivono in un contesto dove l’arte ha perso il significato pregnante che aveva qualche decennio fa. «C’è una grande ricerca di protagonismo ma poco desiderio per l’ascolto», dice il musicista biancavillese.

Toscano ha un’immagine forse un po’ amara, ma di certo realista e schietta, della generazione di oggi e del progresso, che apparentemente ci induce a pensare che tutto andrà meglio ma, di fatto, nel momento storico in cui viviamo non sembra che civiltà e progresso vadano di pari passo. Nello pensa che i nostri giovani si stiano formando in una società dove la democrazia è quella dei furbi, la scuola è quella delle “competenze”, il bene è sinonimo di benessere, la libertà è assenza di regole, il profitto è l’unico obbiettivo del fare, i rapporti e i sentimenti sono gestiti dai social.

Nello non è ottimista. Come dargli torto? E proprio ai giovani è legato il suo più grande rammarico: non aver fatto abbastanza per contribuire alla loro formazione, seppur sia risaputo che si sia impegnato nei confronti di chi mostrava talento.

In realtà, il sogno di Nello è sempre stato quello di creare una struttura che non insegnasse solo a fare musica, ma che operasse per fare nascere un vero artista. «L’arte, e nel caso specifico la musica, non è solo – sostiene Nello Toscano – ricerca di consenso bensì uno strumento di conoscenza di sé e del mondo. Non è solo il tentativo soggettivo di raccontare ciò che sta dentro il perimetro del proprio vissuto. Ma è o dovrebbe essere soprattutto il desiderio di una rappresentazione estetica dell’esistente per dar senso a ciò che il pensiero non può esprimere. A mio parere la musica oggi è solo un drammatico equivoco».

Chi lo dice che sia troppo tardi? Un artista a tutto tondo come lui, arricchito dalla sua esperienza di insegnate e dalla consapevolezza di quella dicotomia tra forza e fragilità che caratterizza i giovani, può ancora fare tanto per loro e per tutti coloro il cui cuore e la cui anima vibrano ascoltando la musica. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Cultura

Cinque “letture antifasciste”: storia e memorie della Biancavilla democratica

Libri pubblicati dalla nostra casa editrice “Nero su Bianco” che ogni biancavillese deve conoscere

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Il palazzo Portale in epoca fascista © Nero su Bianco Edizioni

Settantanovesimo anniversario della liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista, giorno fondamentale per la storia del nostro Paese e simbolo della lotta partigiana e dell’esercito regolare, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.

Il 25 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamò, infatti, l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, con l’ordine impartito a tutte le forze partigiane del nord Italia di attaccare i presidi fascisti e tedeschi.

Una memoria che appartiene ad ogni comune italiano perché ogni comunità ha vissuto fatti che riguardano il Ventennio e la tragedia della guerra. Una memoria, la propria, che Biancavilla sconosce o poco ha coltivato. Per questo, per colmare tale vuoto, Nero su Bianco, editore del nostro quotidiano online, ha promosso la pubblicazione di diversi volumi. Letture che in occasione di una tale ricorrenza tornano utili perché raccontano gli anni precedenti o successivi a quella data simbolo nel nostro comprensorio e alcuni dei fatti più importanti che hanno segnato le vite dei nostri concittadini.

Quella prima sommossa antifascista

Un volume fondamentale, scritto da Alfio Grasso, è “Biancavilla contro il Duce. 23 dicembre 1923, la prima sommossa popolare antifascista”. Un libro che racconta, analizzando il contesto politico e sociale in cui maturò, la rivolta dei biancavillesi a seguito dell’introduzione della “tassa sulla paglia”. Un’imposizione del commissario prefettizio che colpiva tutta la popolazione. Imponenti manifestazioni di piazza, l’assalto alla “Casa del Fascio” e alla caserma delle guardie municipali, incendi nei casotti del dazio, la rabbia contro il “Casino dei civili”, le minacce di dare fuoco al Municipio condussero le autorità dell’epoca, nonostante l’assedio di truppe di pubblica sicurezza, carabinieri e milizia fascista, a cedere alle richieste dei rivoltosi.

Ancora di Alfio Grasso è “Antonio Bruno, letterato e politico”. L’intellettuale-poeta biancavillese viene raccontato per la prima volta anche sotto il profilo politico. Ne viene fuori un sorprendente impegno pubblico (fu eletto al Consiglio Comunale con il massimo numero di preferenze), sempre a fianco al padre Alfio, l’ultimo sindaco di Biancavilla democraticamente eletto prima del fascismo e dell’era dei podestà.

La ricostruzione della democrazia

Del “dopo liberazione” nel nostro comprensorio ci racconta, invece, Carmelo Bonanno nel suo “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia. La ricostruzione dei partiti, le prime elezioni e i protagonisti politici dopo la caduta del fascismo”. Bonanno riscostruisce la storia locale dell’immediato dopoguerra, segnato da forti contrapposizioni sociali e politiche, tra occupazioni delle terre, “scioperi a rovescio” e battaglie all’ultimo voto tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista.

Battaglie segnate anche dall’attivismo della Chiesa e della Camera del lavoro, delle cooperative agricole e dei latifondisti, senza tralasciare il ruolo politico di rilievo delle donne dell’epoca. Ci sono le “bizzoche” cattoliche fedeli allo Scudocrociato e le mogli dei capipopolo con bandiere rosse e falce e martello.

Bonanno racconta della ricostruzione dei partiti, dell’organizzazione di nuove e libere elezioni a suffragio universale e del reinsediamento di sindaci e consiglieri comunali, restituendoci l’immagine viva del clima di speranza in un futuro segnato da libertà e progresso che si respirava alla ripresa della vita democratica.

L’esempio di Gerardo Sangiorgio

Altri due volumi Nero su Bianco sono dedicati ad un illustre biancavillese che si oppose al fascismo, finendo nei campi di sterminio per due anni. Salvatore Borzì, nel suo “Internato n. 102883/IIA. La cattedra di dolore di Gerardo Sangiorgio”, racconta la storia dell’allora studente e poi insegnante biancavillese. Dopo l’8 settembre, si rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò e fu perciò spedito nei lager nazisti. Tornato a casa dopo aver patito immani sofferenze, testimoniò col racconto della sua esperienza ai suoi alunni i valori umani e cristiani che lo avevano guidato nelle sue scelte di vita.

Sempre a cura di Borzì è “Una vita ancora più bella. La guerra, l’8 Settembre, i lager. Lettere e memorie 1941-1945”, volume che riporta lettere e riflessioni dello stesso Prof. Sangiorgio in cui si racconta della guerra, dell’8 settembre e della deportazione nei lager nazisti. Dalle lettere che Sangiorgio spedisce, soprattutto alla madre, emergono tutta l’umanità e il dolore di quella tragica esperienza ma anche la speranza data dalla sua fede religiosa incrollabile.

Cinque volumi che ogni biancavillese di cultura democratica deve leggere perché non può non conoscere la propria memoria e la formazione di quella coscienza civile legata ai valori della nostra Costituzione, nata dalla lotta partigiana e dalla cacciata dei fascisti.

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