Chiesa
L’immagine di San Placido sul muro esterno di Villa delle Favare
L’effige di San Placido in bella mostra sul prospetto principale di Villa delle Favare. L’immagine del patrono di Biancavilla d’ora in poi sarà esposta in maniera permanente all’interno di una cornice architettonica, già presente nel muro esterno dell’immobile, e quindi visibile a quanti passano da via Vittorio Emanuele.
L’iniziativa, a titolo personale e a proprie spese, si deve a Placido Lavenia, che è anche presidente del Circolo “San Placido”, l’associazione che raggruppa i devoti del martire benedettino.
«La collocazione dell’effige –spiega Lavenia– non è assolutamente casuale, questo luogo segna nel tempo la prima variazione di una tradizione assodata (quella del “giro dei Santi”), ovvero il proseguimento della vara per tutto il corso principale, fino a giungere proprio davanti a Villa delle Favare, abitazione dove risiedevano nei periodi feriali i marchesi delle Favare. Un passaggio riportato fino ai nostri giorni, proprio davanti al portone d’ingresso, dove il fercolo compie una rotazione su se stesso per ritornare nuovamente ad immettersi nel percorso tradizionale».
L’immagine di San Placido sulla parete di Villa delle Favare sarà svelata e benedetta in occasione della processione di mezzogiorno e vuole, quindi, sottolineare il legame storico tra la festività patronale e la comunità civile. Ma si inserisce nell’ormai consueta volontà del circolo dei devoti a promuovere la figura del benedettino. In quest’ottica, anche quest’anno è stata restaurata un’edicola votiva (all’inizio di via Antonio Gramsci), nella quale è stata collocata una statua del santo.
In attesa delle processioni del 5 e 6 ottobre, molte attività sono state svolte durante le ultime settimane in preparazione ai festeggiamenti. Le reliquie del santo (assieme a quelle di San Zenone) sono state portate in diverse parrocchie biancavillesi. Accoglienza festosa a “San Salvatore”, “Sacro cuore”, “Cristo re” e “Annunziata”.
Attenzione particolare anche per gli ammalati: reliquie portate nei reparti dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” per un momento di preghiera e riflessione con chi non potrà partecipare alle processioni e alla festa in piazza.
La presenza del circolo è stata garantita come ogni anno anche nelle scuole elementari e medie di Biancavilla, dove i ragazzi hanno visto un film sulla vita del santo e fatto domande ai soci sulla sua vita e sulle tradizioni cittadine, consentendo di raccontare la cultura popolare che ha tramandato storie e leggende che non stancano di sorprendere i più piccoli.
«Abbiamo fatto un grande lavoro – sottolinea il presidente del circolo, Placido Lavenia – cercando di coinvolgere la maggior parte delle realtà cittadine. Il nostro scopo è quello di far conoscere sempre di più è sempre meglio la storia e le tradizioni che ruotano attorno al nostro santo, cercando di far capire e seguire l’esempio di preghiera, obbedienza e fede che la sua storia tramanda».
Tra gli appuntamenti programma, promossi dal circolo dei devoti, da segnalare, poi, quello delle alle ore 2.30, nella notte tra il 5 e 6 ottobre. Ad un anno esatto dal terremoto che ha avuto epicentro a Biancavilla, facendo registrare danni a chiese, abitazioni e scuole, sarà celebrata una messa in onore di San Placido, patrono della città che la storia ce lo tramanda proprio come protettore dalle scosse sismiche.
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San Placido: la nostra identità cittadina tra fede, tradizioni e memorie secolari
La festa in onore del Patrono è esplosione di piacere collettivo, al quale tutti debbono partecipare
Un episodio della vita di san Placido, risalente ai primi anni della permanenza in monastero con san Benedetto ci tramanda che i monaci di alcuni monasteri avevano enormi difficoltà a reperire l’acqua, sicuramente per la lontananza con le fonti o per una persistente siccità. Allora angustiati chiesero all’abate di risolvere il problema. Il superiore non trovò altro rimedio se non la preghiera. Una notte, affinché la supplica fosse più efficace, svegliò il piccolo Placido, beatamente addormentato. Insieme si inoltrarono tra i monti e in un luogo remoto pregarono lungamente tutta la notte. Alla fine, poste tre pietre ad indicare il sito, se ne tornarono in monastero. Quando, su indicazione dell’abate, gli altri monaci andarono nel posto indicato tra quelle rocce videro uscire l’acqua tanto desiderata, prodigioso dono ancora oggi tangibile.
I santi commuovono il cuore di Dio. Lo dovremmo pensare quando tra le strade di basolato lavico della città passa solenne la statua del nostro san Placido. Quando le bombe assordanti, le strisce colorate, gli applausi dai balconi, le festose marce della banda accompagnano l’immagine di questo monaco andato in cielo – più di millecinquecento anni fa – a poco meno di trent’anni. I santi chiedono a Dio le grazie di cui noi abbiamo bisogno e ci indicano la giusta strada, già da loro percorsa.
Il segno dell’identità cittadina
In un mondo che sta cambiando troppo in fretta, in una società che ha modificato valori e ideali, portare tra le strade le statue dei nostri patroni assume un senso nuovo rispetto ai tempi andati.
San Placido rappresenta l’identità cittadina, con tradizioni e memorie derivanti dallo stratificarsi del passato e dalle contaminazioni culturali che l’hanno arricchita e la rendono unica. La festa a sua volta è esplosione di piacere collettivo, al quale tutti debbono partecipare. Essa spezza la monotonia della quotidianità e attraverso la manifestazione esterna di sentimenti ed emozioni offre l’occasione di riscoprire le origini della comunità, recuperandone la storia, rifondandola periodicamente e trovando nella ritualità dei gesti compiuti all’unisono da tutti la propria ragione di essere.
Per i cristiani, la festa è anche culto, è manifestazione della gioia che deriva da Dio e a lui fa ritorno. Esattamente come il nostro “giru de’ santi”, che dalla Chiesa Madre prende inizio e lì ritorna, esorcizzando la concezione della vita. Una vita intesa non come fluire lineare, con un inizio e una fine, ma come un divenire ciclico di nascita, morte e rigenerazione. Esattamente come le stagioni.
Festa, fede e simbolismo
La festa è pure preghiera ed è riflessione sul destino dell’uomo. Placido è stato un uomo. Ha gioito e ha patito come ogni altro essere umano. Ha dato però degli obiettivi e delle priorità alla sua esistenza. Ha saputo fare dono di sé agli altri. Questo ci viene rivelato dalla statua, opera del biancavillese Placido Portal, scolpita agli inizi del Settecento. Essa, riproponendo la Santità del martire secondo i modelli classici del barocco siciliano, mostra un uomo imberbe, ancora molto giovane, con un’ampia cocolla nera, con la mano destra alzata per benedire chi gli si rivolge.
Il simbolismo aiuta a capire il messaggio solo se il fedele osserva l’opera con occhio attento. L’aureola d’argento, è uno degli attributi più antichi, indica quello come uomo di Dio, ammantato dall’aura splendente della luce divina. Il pastorale rappresenta la dignità di abate, padre e pastore della comunità monastica a lui affidata. Il libro della Regola afferma che il santo appartenne all’ordine Benedettino, i cui monaci dopo il crollo dell’Impero Romano compirono l’imponente opera di ristabilire l’equilibrio in una Europa sconquassata dalle invasioni barbariche. La palma è simbolo del martirio subito per testimoniare gli ideali cristiani. Le chiavi della città – consegnate ogni anno dal sindaco – indicano l’affidamento di Biancavilla al suo Patrono. Infine la croce pettorale, in argento e pietre preziose, è segno della fede in Cristo, stabile fino alla fine nel cuore di Placido.
Ai piedi del fercolo, dentro un’antichissima urna, sono conservate le reliquie, il braccio destro del santo che tante volte benedisse i fratelli e oggi continua a benedire i suoi devoti.
Il senso della festa oggi
Ecco cosa rappresenta quella effigie tirata dai fedeli, portata festosamente tra la gente, abbracciata da migliaia di biancavillesi. Ancora oggi, quel monaco di cui parlò Gregorio Magno, avvicinato dalla tradizione alla nostra Sicilia come martire, ci vuole parlare di pace in un mondo che, preso da interessi di parte sta conoscendo una triste era di conflitti; ci parla di ponti per unire individui appartenenti all’unica famiglia umana; ci parla di accoglienza e di interculturalità in una società chiamata a ricevere nuovi flussi migratori da terre povere e devastate concretizzati ogni giorno in nuovi vicini di casa, compagni di scuola, colleghi di lavoro; ci parla di lotta audace alle nuove mafie che attanagliano come tumori la nostra terra, la oltraggiano e la umiliano.
Una forte dose di coraggio, di presa di coscienza intelligente per far uscire la nostra società civile dall’individualismo imperante e dalla ricerca di profitti e interessi privati a scapito di quelli comuni. Una buona quantità di impegno e di forza di volontà per tirar fuori le nostre comunità ecclesiali – spesso annebbiate dai troppi fumi d’incenso – dai raccolti edifici sacri al mondo chiassoso e agitato. Accogliere le nuove sfide del nostro tempo e piantare semi di nuova speranza per tramutare il caos in cosmos: è questo che ci dice e ci chiede il nostro Santo Patrono in questo 2024? Forse, e non solo.
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