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Avete sentito lo sparo dei mortaretti? È così da un secolo: Viva San Placido

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Forse a qualcuno sfugge, altri invece non conoscono per niente il significato dei colpi di mortaretto proprio oggi a Biancavilla.

Questa data, già da qualche secolo, ci dice che fra un mese esatto San Placido, il patrono della città, abbraccerà i suoi devoti e i cittadini tutti. Fra un mese esatto sarà la Festa per eccellenza dei biancavillesi, quella che faceva (e ancora oggi continua a fare) uscire tutti in piazza, per stare insieme, incontrarsi, vivere la gioia e condividere spazi e contesti comuni.

A partire dal 5 settembre, ogni anno cominciava l’organizzazione concreta della festa: si stipulavano i contratti con i paratori della Chiesa Matrice, con chi si sarebbe occupato dei fuochi d’artificio e della illuminazione delle strade principali, con le bande musicali e i cantanti che avrebbero animato i giorni solenni, il prevosto contattava il predicatore del settenario…

Un apposito comitato, formato dai rappresentanti dell’Arciconfraternita del Sacramento, dei Giurati e della Chiesa, si occupava di girare tra le famiglie, le botteghe, i circoli e le attività commerciali per chiedere offerte che avrebbero dovuto permettere la realizzazione di tutte le opere necessarie.

C’era chi, per grazia ricevuta, offriva al Santo i più svariati prodotti (frumento, mandorle, animali domestici, pane o farina) che, venduti, avrebbero racimolato fondi.

Nell’arco del mese, poi, si allestivano nella piazza le baracche di legno (le “logge”) che dovevano ospitare i venditori ambulanti provenienti da mezza Sicilia. La fiera di San Placido, infatti, era una delle più grandi dell’intera isola, dichiarata – fin dal 1754 da Carlo III – “franca” da ogni tributo (per tale motivo dal campanile della Matrice veniva fatta sventolare la bandiera del re, poi sostituita dal Tricolore).

Nelle famiglie cominciavano i preparativi: le donne si impegnavano a confezionare vestiti da sfoggiare per l’occasione, gli uomini si dedicavano a “scannari” il maialino, allevato per un anno intero, per poterne fare salsiccia e tanto altro ancora. L’essiccazione delle mandorle, al tiepido sole di settembre, nei cortili o nelle piccole terrazze, costituiva una cornice che ancora molti ricordano e che preludeva proprio alle festività patronali, poiché quel frutto avrebbe rallegrato le tavole trasformandosi in prelibato torrone.

Settembre costituiva davvero un mese “sacro”, per la società paesana e per la sua economia, il mese di passaggio dal “prima” al “dopo San Placido” (ogni attività, dalla scuola ai lavori nei campi, dai contratti alle cure mediche, si cominciava prima che arrivasse la festa di San Placido, oppure si rimandavano a dopo…).

Ecco cosa sono state le “bombe” che hanno squarciato il cielo di oggi: il ricordo di una nostra tradizione, la commemorazione della nostra società (contadina, dedita ai lavori dei campi, con gli occhi al cielo e le mani alla terra), una preghiera affinché quel Santo che da oltre quattrocento anni ci è stato dato come patrono, continui a pregare per la sua gente.

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Chiesa

L’ultimo saluto a padre Nicoletti, il vescovo: «Una persona mite e umile»

Addio al prete morto in sagrestia, mons. Renna: «Ogni presbitero desidera andarsene così»

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© Foto Biancavilla Oggi

Una folla commossa e raccolta, ancora quasi incredula, ha accolto la salma di padre Salvatore Nicoletti nella chiesa “Sacro Cuore”. Un ultimo saluto, alla presenza del vescovo di Catania, Luigi Renna, e dall’emerito Salvatore Gristina.

«La sua vita è stata un dono», ha detto Renna, ricordando il sacerdote, morto a 79 anni, nella chiesa dell’Idria, in sagrestia, colto da malore dopo avere celebrato la messa per la comunità neocatecumenale.

«Siamo stati colti impreparati dalla notizia – ha specificato il vescovo – ma anche consapevoli che le circostanze della sua morte sono la situazione più autentica che un cristiano presbitero possa desiderare». E ancora: «La sua morte, che preferisco chiamarla “transito”, è un prolungamento della eucarestia».

Nella sua omelia, Renna ha ricordato l’impegno e la figura di padre Nicoletti, per 37 anni alla guida della parrocchia dell’Idria: «Il suo è stato un impegno umile e costante. La mitezza e l’umiltà di cuore l’hanno reso una persona amabile e semplice verso tutti. È stato una guida di comunità e sacerdote sempre disponibile».

Alla celebrazione, anche il vicario generale, Salvatore Genchi, oltre al clero biancavillese e altri confratelli provenienti da tutta la diocesi. Con fascia tricolore, in rappresentanza della città, il sindaco Antonio Bonanno, a fianco al presidente del Consiglio Comunale, Fabrizio Portale.

Dai parrocchiani dell’Idria a quelli del “Sacro Cuore” (la chiesa in cui ha maturato la sua vocazione), ognuno con un proprio pensiero legato a padre Nicoletti.

Non è mancato il saluto di Gristina: «Padre Salvatore è un dono del Signore. Con la sua umanità e il ministero esercitato. E noi qui presenti siamo la prova di questo dono del Signore alla comunità di Biancavilla e alla Chiesa di Catania. Ringraziamo Padre Nicoletti per ciò che ci ha donato, conserviamo il suo ricordo e facciamo in modo che questi ricordi diano frutto. Sin dal mio arrivo, mi ha colpito la schiettezza di padre Nicoletti e anche nelle difficoltà non è mai mancata la comunione».

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