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Da quel misero 2,41% avuto dal Pd, la sinistra può risorgere a Biancavilla

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E adesso che abbiamo conosciuto i risultati delle elezioni amministrative a Biancavilla con quali riflessioni potremmo commentarli? Ci dicono i Giannini, i Damilano e i bravissimi politologi che affollano i talk show televisivi che dopo una tornata elettorale, soprattutto i perdenti dovrebbero chiedersi il perché della sconfitta e condurre un’analisi obiettiva sullo stato del loro partito.

Ha vinto il Centrodestra, una vera e propria “macchina da guerra”, potente per il numero degli schieramenti messi in campo e soprattutto con un effetto da vera e propria “massa attraente” verso il suo nucleo tanti e svariati protagonisti della vita politica nostrana. Sono stati attratti come in un “buco nero” elementi che in passato erano stati avversari della Destra politica perché militavano nella Dc prima, poi nella formazione dell’autonomia siciliana di Raffaele Lombardo; e attrazione fatale anche per veri e propri colonnelli della Sinistra, del Pci, poi Pds, poi Ds, poi Pd.

Un trasformismo senza remore, rapido, convinto che ha spinto costoro verso il carro del vincitore abbandonando al suo destino il vincitore di ieri. Una persona dotata di buon senso che prova a chiedersi quali motivazioni abbiano potuto indurre tali cambiamenti di casacca pensa magari siano stati dettati da contrasti forti sull’attuazione del programma politico del sindaco Glorioso o chissà, forse da un suo allontanamento dai principi fondanti della carta costituzionale o dal rischio di veder messi da parte gli irrinunciabili valori della Sinistra; forse il “cattivo o miope” Glorioso non ha consentito a talune intelligenze di migliorare la realtà economico-produttiva del nostro paese. Glorioso forse ha impedito ai Soloni nostrani di puntare verso “magnifiche sorti e progressive” e dunque costretti, per il bene della comunità, coloro che fino a ieri si chiamavano, seppur scherzosamente “compagni”, hanno deciso che nei momenti di sana allegria si definiranno “camerati”. Così va spesso il mondo, si dirà con Manzoni.

Ma lasciamo la facile, seppur amara ironia, per analizzare la sconfitta del Centrosinistra, che dopo due legislature si vede rifilato un “cappotto” dal Centrodestra che vince avendo ricevuto il doppio dei voti rispetto all’avversario. In tale sconfitta il Pd che rappresentava ufficialmente la sinistra del paese o almeno ciò che di essa ancora resiste, ha racimolato un miserando 2,41% senza ottenere alcun consigliere nell’Assemblea cittadina (volutamente escludo dalla presente analisi altre liste perché ritengo un errore abbandonare il simbolo di un partito per tatticismi elettoralistici).

Cosa fare dopo tale débacle? Intanto serrare bene le porte del partito per impedire ai “fuorusciti” di tornare indietro per riproporre strategie astute e lungimiranti o semplicemente per seminare zizzania. Gli organismi del partito regionali e provinciali, se ancora esistono, faranno le loro analisi e prenderanno le loro decisioni.

Non ho mai avuto la tessera di un partito pur avendo votato da sempre per la Sinistra, ora sono pronto a chiedere la tessera del Pd perché sono convinto che quel 2,4 % è ciò che ci voleva per ripartire con umiltà al fine di ricostruire un partito che sia espressione di chi ama la verità e la giustizia; di chi ama il dialogo vero, quello che tiene conto di indagini serie che vengono dagli istituti di ricerca e dalle università; che esamina punti di vista anche diversi dai propri ma giustificati dalla storiografia e non dagli imbonitori dei social; che tenga conto dei risultati di convegni internazionali o di seminari per determinare la direzione giusta da intraprendere per la soluzione dei problemi.

Si deve ricostruire un partito che abbia orizzonti alti e che accolga insieme ai contadini, agli artigiani e agli impiegati, gli studenti e gli intellettuali. Dovrebbe essere un partito dove si possa discutere non soltanto dei problemi locali ma di quelli nazionali e internazionali; un partito che riscopra le proprie radici partendo dagli ideali sanciti dalla Costituzione entro cui poi muoversi per rendere sagge e fruttuose le scelte volte al miglioramento della qualità della vita del nostro paese. Tanto si può fare perché tanto non si è fatto in tanti anni.

Puntare allo sviluppo del territorio, ad esempio, significa certo pensare all’agricoltura, alla produzione artigianale e industriale, allo sviluppo delle infrastrutture per l’accoglienza turistica, al miglioramento dei servizi scolastici, sanitari, ma significa anche educazione dei cittadini al rispetto delle norme per una civile convivenza, affrontare il problema dell’immigrazione con soluzioni idonee volte all’accoglienza prima e all’integrazione dopo. Occorre una politica in grado di cambiare la mentalità dei cittadini rendendoli consapevoli dei loro diritti ma anche osservanti dei doveri; una politica cioè che sappia far emergere l’orgoglio di appartenere ad una comunità che, pur nella diversità delle opinioni, sappia vivere insieme rispettandosi reciprocamente.

Ora che per fortuna certe “volpi” hanno lasciato il Pd è venuto il momento di farsi avanti, di occuparsi della “polis” spendendo i propri talenti, senza curare il proprio orticello, guardando oltre e in alto, spendendo energie e tempo senza nulla pretendere in cambio, cominciando a fare un’opposizione attenta, seria, prendendo posizione sui grandi problemi che dovrebbero essere risolti con urgenza: dallo smaltimento dei rifiuti con attenzione ad aumentare la parte differenziata, alla tutela ambientale e allo sviluppo sostenibile di aree ormai abbandonate e improduttive a sud del paese. Occorre una visione di lungo periodo per la nostra economia e per il nostro futuro creando laboratori culturali che s’aprano a realtà anche lontane dalla nostra ma utili per scoprire e capire aspetti della vita non ancora meditate.

Un ruolo fondamentale dovrà avere l’attività culturale nei suoi vari aspetti: dalla musica alla pittura, dalla letteratura alla filosofia, prendendo contatti con le istituzioni pubbliche e private e potenziando, a tal proposito, le risorse per la biblioteca comunale permettendole di divenire volano per attività di supporto alla formazione dei nostri giovani.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 Commento

1 Commento

  1. A. Pelleriti

    1 Luglio 2018 at 8:39

    Considerato l’assordante silenzio della Sinistra, un commento lo inoltro io a me stesso. I silenzi, si dice, ottengono risultati superiori a mille discorsi.
    Dietro l’altezzoso mutismo leggo la burbanza dei politici e dei sindacalisti che da anni si sono autoincensati considerando se stessi “politici di razza” e dunque non disponibili a dialogare con chi, lontano dalla “politica” non può capire le dinamiche del “palazzo”. Questo è il silenzio superbo, seppur supponente, dei professionisti laureati (finiamola di usare a sproposito il termine “intellettuale”!) nei confronti di chi ostinatamente vorrebbe “muovere le acque” impantanate e stagnanti della realtà nostrana. Un sonoro silenzio è l’arma preferita dai critici in poltrona che si infastidiscono alquanto quando un Don Chisciotte si muove disordinatamente e inopinatamente, fa salti in avanti e non si uniforma al coro proponendo “note stonate”.

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Biancavilla insensibile alla strategia “plastic free”: chiude la “Casa dell’acqua”

In altre città è un successo, da noi è un flop: mancano senso civico, rispetto ambientale e cultura “green”

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di VINCENZO RUSSO

Era stata inaugurata due anni fa in piazza Don Bosco ed era stata annunciata come un’iniziativa di civiltà. La “Casa dell’acqua” era a disposizione di tutti: il prezioso liquido controllato ed adeguatamente filtrato ad un prezzo di 5 centesimi a litro. Ognuno, con una tessera acquistabile in alcuni punti vendita di Biancavilla, avrebbe potuto riempire proprie bottiglie. Un gesto semplice con una duplice finalità: risparmiare sull’acquisto di acqua ed evitare la disporsione di plactica. Un gesto che ogni cittadino attento alla comunità e alla causa ecologica (che riguarda tutti indistintamente) avrebbe dovuto compiere con convinzione.

Invece, poche decine di biancavillesi hanno usufruito del servizio, aderendo civilmente alla strategia “plastic free” e contribuendo ad una minore diffusione della plastica. Così, mentre in diverse altre città (anche vicine alla nostra), le “Case dell’acqua” sono ampiamente utilizzate, da noi si assiste all’esatto opposto.

A Biancavilla, la ditta che gestisce il servizio ha dovuto constatare la non sostenibilità. Pertanto, la piccola struttura di erogazione idrica di piazza Don Bosco – come recita un avviso – è destinata ad essere disinstallata. Anzi, il termine ultimo era stato già fissato per febbraio per gli utenti che ancora hanno credito da spendere.

Non è una buona notizia, questa. Perché Biancavilla si dimostra ancora una volta insensibile a regole di civiltà, al rispetto ambientale e alla cultura “green”. Che grande delusione! Mi chiedo quanti politici di destra e di sinistra abbiano utilizzato la “Casa dell’acqua”, giusto per dare l’esempio.

Dove sono i cosiddetti “ambientalisti” da tastiera? E dove sono coloro che in piazza Roma avevano parlato di “plastic free”? Forse era solo un pretesto per auto propaganda a favore di telecamere per poi andare a fare la spesa, riempendo la macchina di confezioni d’acqua in bottiglie e cellophan di plastica. Sta di fatto che su 8mila famiglie biancavillesi, soltanto alcune decine hanno usato la “Casa dell’acqua”. A loro va un plauso, a tutto il resto un velo pietoso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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