Detto tra blog
Auguri Biancavilla, verso il voto con liste “civiche” usate per nascondersi
Elezioni a giugno a Biancavilla dopo che nel marzo scorso abbiamo esercitato il nostro diritto/dovere per la scelta dei rappresentanti del popolo al parlamento nazionale e lo eserciteremo presto per le elezioni europee.
Ormai siamo immersi in una permanente campagna elettorale all’interno della quale la demagogia e la retorica giocano spesso un ruolo determinante; giornalisti e polemisti di professione occupano i salotti televisivi per presentare le loro dotte analisi su una situazione politica mutante velocemente e che vede attori mai visti sulla scena politica, dalle realtà più piccole dei municipi a quelle più vaste dell’Italia e dell’Europa. Non proverò ad inserirmi con mie osservazioni sul nascente governo nazionale, su cosa significhi il termine “populista” o “sovranista”, o ancora, sulla opportunità di un “contratto” tra le parti che hanno deciso di occuparsi dei destini della nostra nazione.
Tuttavia sulla tornata elettorale a Biancavilla mi sentirei di esternare qualche impressione. Ho notato con stupore che sono spariti i simboli dei partiti, sostituiti da slogan e motti di tante liste civiche. Da “Biancavilla che lavora” a “Biancavilla Mi Piace” (notare il rafforzativo delle iniziali maiuscole!) al fantasioso e immaginifico “Volare per Biancavilla”, all’esortante “Riparti Biancavilla”, fino alla tecnologica espressione, tipica dei programmatori informatici, “Biancavilla 2.0” e alla scontata “SiAmo Biancavilla”. Permane il simbolo del PD, lasciato ai margini, inserito quasi a forza e in una zona d’ombra. E poi c’è quello del movimento “5 stelle”, quello che ha mietuto consensi, soprattutto al Sud e anche a Biancavilla, nell’ultima tornata elettorale e che sta convincendo molti componenti della “maggioranza silenziosa” conservatrice a farsi avanti provando l’ebbrezza del vento “rivoluzionario” che sta scuotendo le italiche istituzioni.
Impongo a me stesso di non cedere alla nostalgia d’un passato ormai lontano, caratterizzato da un contesto economico, sociale e culturale lontanissimo dall’attuale. Si dice che sia stato un bene che quel passato sia tramontato perché allora dominavano le ideologie che ponevano troppi steccati tra uno schieramento politico e l’altro e non si badava al “sodo”, termine popolare che rimanda ad un’entità concreta che sarebbe il lavoro, l’economia, la “vita” insomma.
Osservo che quando si perde l’orgoglio di far parte di un partito politico, quando ci si nasconde dietro liste civiche o “liste civetta” che servono alle strategie elettoralistiche di chi ha fatto della politica il proprio mestiere, allora la battaglia è persa in partenza per tutti, anche per coloro che vinceranno le elezioni.
Spiego meglio l’apparente paralogismo. Per me partecipare ad un agone politico significa dedicare il proprio tempo, le proprie energie al servizio di una comunità. Occuparsi dell’amministrazione del Comune non significa soltanto pianificare al meglio la vita economica del paese, interessarsi all’efficienza dei servizi, del rispetto delle regole relative alla salute pubblica, ai trasporti, ai lavori pubblici, ad avviare attività volte al pieno sfruttamento delle potenzialità e delle risorse del territorio. La figura del politico è diversa da quella del tecnico o del burocrate che, seppur preparato nel suo settore di competenza, non ha lo stesso compito del politico. Questi si fa avanti per rappresentare la comunità d’appartenenza e governarla per farla crescere a vari livelli, da quello economico, a quello etico, a quello culturale. Egli perciò deve avere una visione d’insieme del territorio che deve amministrare e guidare, e dunque, ha anche un compito educativo nei confronti dei suoi concittadini, e dunque, non deve solo gestire i desideri popolari, che possono essere edonistici e particolaristici o addirittura razzisti o xenofobi, ma deve avere una profonda conoscenza della storia complessiva della nazione e in particolare del suo territorio. Chi si fa avanti per partecipare alla gestione politica della comunità d’appartenenza deve ispirarsi necessariamente a quegli ideali che stanno a fondamento della vita associativa e delle istituzioni che andrà a governare; dovrà avere presente le alte personalità dei padri della Patria e di coloro che hanno agito in passato nel suo partito e nell’area ideologica cui esso si ispira. È scontato poi che colui che ambisce ad occupare la carica di sindaco o di assessore dovrà gestire con trasparenza la cosa pubblica assumendo comportamenti specchiati e moralmente irreprensibili, dando lustro al proprio partito e al simbolo che incarna i suoi ideali.
Non vedo simboli di partito a Biancavilla, così come in altre parti d’Italia e nutro il dubbio che i candidati si vergognino un po’ della storia di quelle formazioni che comunque hanno contribuito in passato a fare dell’Italia un paese moderno e democratico.
Ci si confrontava una volta sulle diverse prospettive politiche e sociali: da quella cattolica a quella socialista; dalla liberale a quella ambientalista, fino a posizioni di radicalismo politico estremo di sinistra o di destra. Forse ci si arroccava un po’ sulle proprie posizioni, ma per quelle idee si lottava, si rischiava, si piangeva e tra una disillusione e un’esaltazione, cadendo e rialzandosi, si cresceva, nella convinzione che la politica fosse lotta, a volte aspra, ma che essa dovesse svolgersi nel rispetto della persona e nell’ambito dell’etica pubblica e della moralità personale, senza altri orizzonti che quelli espressi nei dodici principi fondativi e ispiratori della Carta costituzionale.
Mi auguro che i candidati a sindaco e i componenti le liste delle varie formazioni siano spinti da forti idealità e da autentica voglia di trasformare Biancavilla in un luogo ove si rispettano le regole; dove si possa vivere con serenità nella quiete e nella pulizia; dove i marciapiedi siano il luogo di transito dei pedoni e non posteggi per le auto; dove i commercianti non si approprino impunemente di spazi pubblici; dove quei pochi spazi verdi e quegli splendidi pitosfori di Via Vittorio Emanuele vengano curati e difesi; dove i giovani della “movida” non spadroneggino nelle ore notturne. Auguro per Biancavilla un governo che garantisca la legalità sempre.
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Detto tra blog
Il centro anti-violenza Calypso e quei politicanti che volevano “sporcarlo”
Oggi tanti eventi ipocriti ma io sarò in Tribunale per una donna di Biancavilla, vittima di maltrattamenti
Nel 2012, unitamente a due psicologhe di Catania fondavo l’Associazione Antiviolenza e Antistalking Calypso, la cui sede era ed è a Biancavilla. Ricordo che Sonya, Laura (questi i nomi delle due psicologhe) ed io eravamo spinte da forte motivazione, spirito di solidarietà e di aiuto a donne e bambini, vittime di violenza di genere. Ricordo l’inaugurazione dell’associazione, a Villa delle Favare, nel marzo del 2013. Ricordo l’attenzione che Calypso ha ingenerato nei politicanti di tutti gli schieramenti. Era di certo un bel bocconcino da strumentalizzare a proprio uso e consumo, ma avevano fatto i conti senza l’oste.
Eh sì, perché l’oste, cioè io, non ha mai consentito alcuna strumentalizzazione e non si è mai piegata ai vari avvicinamenti e alle tante promesse che le venivano dispensate con il solo fine di recuperare qualche voto all’interno dell’associazione. Che delusione, però, quando hanno capito che la maggior parte delle associate non era residente a Biancavilla e che quindi non aveva alcun significato politico alle elezioni locali. Che delusione quando hanno capito che l’associazione era autentica e per nulla interessata ai favori dei politici, ops, politicanti.
Noi volevamo solo una sede idonea ad accogliere le donne vittime di violenza. Non volevamo soldi, non volevamo incarichi. Nulla, se non mettere in campo la nostra professionalità per aiutare le donne vittime di quella violenza e di quel maschilismo che, vuoi o non vuoi, imperano e che in alcune forme sono così sottili, tanto da non essere riconosciuti e che, purtroppo, provengono anche dalle donne.
Cominciamo dalla lingua italiana
Questa è la verità e io la dico. Quelle donne, per esempio, a cui va bene che la cameriera sia chiamata cameriera, idem la segretaria, idem l’infermiera. Ma si rifiutano di essere chiamate avvocata, sindaca, assessora, la presidente e così via. Ciò in barba all’Accademia della Crusca e all’utilizzo della lingua italiana in forma corretta. E la motivazione a sostegno di tale rifiuto qual è? “Avvocata, magistrata, architetta…. non si può sentire”. Invece cameriera si può sentire. Se non è discriminazione questa (nei confronti delle cameriere e di tutte le donne), non so cos’altro lo sia.
Ho sempre pensato che la competizione tra donne e la mancanza di solidarietà di cui veniamo accusate sia frutto della mentalità maschilista e patriarcale da cui tutti (uomini e donne) siamo imbevuti sin da bambini. Ma più vedo e sento donne che si ribellano all’utilizzo corretto della lingua italiana, espressione di una giusta evoluzione non solo della lingua ma anche e soprattutto della società e della mentalità, e più faccio fatica a comprendere dove stia l’inghippo. Sulla mia carta di identità c’è scritto “avvocata”. Io l’ho chiesto, seppur abbia raccolto l’iniziale perplessità di alcuni dipendenti dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Biancavilla, anche donne, ovviamente.
I “compitini” di Biancavilla e il calendario del perbenismo
D’altro canto, a Biancavilla come in tanti altri comuni (tutti?), i “compitini” sono corretti. Quote rosa rispettate, perché imposte dalla legge, altrimenti con il cavolo. Anche perché si sono resi conti che “questa cosa” delle quote rosa e del doppio voto uomo/donna è un ottimo strumento per duplicare i propri voti (degli uomini, ovviamente). E poi: assessore (plurale di assessora) alle Pari opportunità, rigorosamente donne perché le pari opportunità sono affari che riguardano solo le donne. E ancora: panchine rosse, scarpette rosse, scolaresche riunite in piazza il 25 novembre e l’8 marzo, alla presenza per lo più di donne.
A mia memoria, ai vari eventi imposti dal calendario del perbenismo, salvo qualche eccezione, i sindaci e gli assessori (uomini) non hanno mai partecipato. O in alcuni casi hanno fatto brevi apparizioni perché impegnati in affari ben più importanti rispetto ad iniziative ritenute forse affarucci da femminucce. D’altro canto, gli uomini si occupano di cose serie, mica di panchine e scolaresche.
Calypso, realtà preziosa e onesta
Comprendo che sarebbe più popolare scrivere che tutto vada bene e che sono tutti belli e bravi. Io, però, sono ormai disillusa dal paese in cui pensavo di investire professionalmente e umanamente. E donare ad esso il mio entusiasmo e i miei valori di uguaglianza, parità e solidarietà verso il prossimo. Mi sono enormemente rotta le scatole, perché allinearmi non è nel mio “mood”, come direbbero i ragazzi di oggi.
Tutto ciò non solo a Biancavilla, ma Biancavilla è certamente colpevole di non avere accolto una realtà preziosa, onesta e autentica quale è Calypso. Perché? Perché la sua presidente (la presidente e non il presidente) che sono io, ha notoriamente la lingua troppo lunga.
Indimenticabile quando nel 2013 una persona vicina all’attuale sindaco (all’epoca non ancora sindaco e che, peraltro, io sostenevo, sbagliando) mi disse che ero troppo scomoda e che «non avrei fatto strada in politica». In effetti, così è stato perché sono fuggita a gambe levate. Altrettanto indimenticabile quando un sindaco ricandidato di un colore diverso di quello sopra nominato si è permesso di strumentalizzare il mio nome e indirettamente quello della mia associazione durante un comizio. Mi costrinse a prendere parola e a dire che nel capodanno precedente, quando una ragazza di Biancavilla era stata sequestrata dal suo convivente, io ero in piena operatività insieme alla famiglia e ai carabinieri, mentre lui era a casa a mangiare le lenticchie.
Certa politica sporca tutto
Ma si sa, certa politica sporca tutto. Calypso, però, non l’ho fatta sporcare. Meglio rimanere una piccola realtà autogestita e autofinanziata che impelagarsi con schifezze varie. Tante belle parole ma nulla di concreto a Biancavilla. Città che, essendo in buona compagnia, probabilmente si autoassolve dalle responsabilità che incombono sulla sua testa e su quella dei suoi capoccioni.
Oggi, 25 novembre, io non parteciperò ad alcun evento, così come ormai faccio da anni. Sarò in Tribunale a discutere il processo di una donna di Biancavilla. Una donna che, se non avesse trovato il sostegno dei figli e del genero e, senza volere fare autoreferenzialità, della sottoscritta, forse sarebbe stata uccisa.
Gli altri, anzi, le altre, le cosiddette assessore (plurale di assessora) che si firmano “assessore” (al singolare), perché non hanno la consapevolezza che, in questo caso, la forma è sostanza o se ne hanno la consapevolezza non hanno il coraggio di sostenere il cambiamento, si lavino le coscienze con le panchine rosse e con le scarpette rosse e con le cazzate demagogiche da cui i nostri ragazzi vengono riempiti da adulti ciechi rispetto alle responsabilità di una società sempre più violenta (basti bazzicare i social).
Panchine e scarpette rosse come il sangue delle donne uccise per mano degli uomini violenti e per mano di una società fatta di uomini e donne complici. Rosse come la carne dei bambini vittime di violenza diretta e assistita, compresa quella delle false denunce, fenomeno dilagante e sempre più preoccupante che vede vittime uomini e bambini.
Femminismo non è fanatismo
Per onestà intellettuale si deve dire anche questo e si deve parlare anche di questo perché strumentalizzare le denunce, anche coinvolgendo i bambini, per scopi vendicativi ed economici null’altro è che violenza. Ed è un oltraggio nei confronti delle donne che davvero sono vittime di violenza, oltre a costituire un oneroso dispendio economico per lo Stato.
Ringrazio Biancavilla Oggi e il suo femminismo che dà speranza a un paese cieco e muto. Cecità e mutismo che, è utile ribadirlo sempre, ho provato sulla mia pelle quando ho subito la violenta rapina in pieno centro e in pieno giorno, nota a tutti, evento rispetto al quale, a parte questo giornale e il suo direttore Vittorio Fiorenza, tanti, tanti, tanti, ma davvero tanti, mi mostrano solidarietà e complicità dietro il sipario, perché farlo sul palcoscenico… “chi me lo fa fare?”.
Eh va beh… se lo specchio non si rompe quando vi guardate la mattina evidentemente è ipocrita e pusillanime quanto voi. A proposito, femminismo non è sinonimo di fanatismo e non è neanche sinonimo di odio nei confronti degli uomini ma magari ne parleremo un’altra volta. Buon 25 novembre, buona lavata di coscienza a tutti.
*Presidente del cento Calypso – Biancavilla
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Riccardo Ricceri
31 Maggio 2018 at 13:03
Grazie Professore per queste parole e per l’impegno civico con cui si dedica ad esercitare una difficile critica della politica biancavillese.
Approvo in pieno la sua analisi. Il tripudio di liste civiche serve solo come “smacchiante” dei soliti nomi. Gli slogan che una volta servivano da “promozione” di un programma, oggi sono diventati essi stessi il programma. I simboli non rimandano a nulla e sono l’emblema della pochezza ideologica che anima la politica. Ma del resto, questi mali non nascono a Biancavilla. Viviamo da decenni in uno scenario politico nazionale dominato da partiti personalistici; l’essersi sbarazzati delle ideologie sembra aver favorito solo gli spiriti più rampanti e intraprendenti.
Credo invece che non bisogna aver paura a tornare alle ideologie, le quali rappresentano i modi con cui gli uomini possono interpretare le cose. Ed è fondamentale che le idee degli amministratori abbiano delle visioni di insieme.
In questo scenario l’unica bussola che può orientarci è tentare di votare persone oneste e non ammanicate con dinamiche clientelari. Ma purtroppo il sistema è imperfetto, perché chi può dare lavoro (o quantomeno prometterlo, che è diverso) avrà sempre più forza elettorale di chi non ha niente da scambiare. Molta gente giudica i candidati proprio sulla base di che vantaggi pratici può portare, senza capire che non è quello che dobbiamo chiedere alla politica.
Concludo citando invece un male che è tipicamente nostro. Nelle nostre politiche manca il tema dei temi, ovvero la criminalità. Nessuna forza ne parla, si ha paura a pronunciare la parola Mafia in questo scenario politico, al limite ci si spinge a nominare in senso lato la legalità. Degli amministratori che non abbiano il coraggio di fare i conti con chi realmente ha le mani nell’economia del territorio non sono veri amministratori, ma pupi.
A. Pelleriti
28 Maggio 2018 at 17:29
Grazie per l’apprezzamento.
Vincenzo Cantarella
28 Maggio 2018 at 8:46
Voglio semplicemente farLe un pubblico plauso come cittadino da sempre impegnato nella vita socie e politica locale, per la sua onesta, lucida e dirompente analisi della attuale fase politica. Chi legge, capisce e digerisce quanto da Lei scritto ha l’obbligo morale e civile di riflettere e indirizzare lealmente a Lei due parole finali: Solo grazie !