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La “mission” del Leo club per salvare un gruppo di castagni secolari

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Guerra biologica ad un parassita che sta sfregiando i boschi del territorio di Biancavilla e Adrano, mettendo a rischio alberi secolari. L’iniziativa è del Leo club con l’Osservatorio delle malattie delle piante di Acireale.

 

di Vittorio Fiorenza

Castagni secolari dei boschi dell’Etna attaccati dal “cinipide galligeno”, il parassita che indebolisce gli alberi e ne impedisce la fruttificazione. A mobilitarsi per salvare diversi esemplari, ridotti in pessime condizioni proprio a causa dell’infestazione del “dryocosmus” (questo il nome scientifico), è stato il Leo club Adrano, Bronte, Biancavilla, sotto la guida dell’Osservatorio per le malattie delle piante di Acireale, struttura del Servizio fitosanitario regionale.

Lo ha fatto sferrando una controffensiva attraverso la lotta biologica, l’unica che sembra dare garanzie per debellare il micidiale parassita, che rischia di sfregiare irrimediabilmente le bellezze naturalistiche attorno al Vulcano.

In particolare, l’organizzazione giovanile etnea (ne è presidente Flavio Randazzo) ha concentrato la propria attenzione su un gruppo di castagni tra i territori di Biancavilla e Adrano, nei pressi della base scout “Nino Valenti” e in un’area poco distante da “Piano fiera”, tra monte Intraleo e monte Torchio. Nicola Milazzo, responsabile del comitato Ambiente del Leo club, con la socia Stella Maria Peci, assieme ai tecnici Ernesto Raciti e Rosario Saitta dell’Osservatorio di Acireale, sono stati sui luoghi e, come da protocollo, hanno effettuato una serie di “lanci”, liberando 2000 esemplari di “torymus”. Si tratta di insetti “buoni” che si aggrappano ai castagni e vanno ad uccidere i parassiti “cattivi”, consentendo una graduale guarigione degli alberi.

«Il nostro auspicio simbolico –spiega Milazzo a Biancavilla Oggi– è rendere più consapevole il cittadino su uno dei tanti beni che possiede, il castagno in questo caso, e del pericolo che questo bene corre. Il nostro auspicio pratico è avere frenato il diffondersi della malattia ed avere contribuito a eradicarla. Obiettivo, questo, che richiederà diversi anni di monitoraggio e, se possibile, il rinfoltimento delle colonie di “torymus”, l’insetto buono che abbiamo lanciato».

Un kit è stato acquistato dal Leo club Adrano, Bronte, Biancavilla. Un’altra parte è stata fornita gratuitamente dall’azienda privata che alleva questi insetti, utilizzati nella lotta biologica. Tocca adesso ai 2000 insetti liberati fare il loro naturale lavoro di attacco al parassita. Un lavoro lento, ma indispensabile per debellare il “dryocosmus” e rendere di nuovo rigogliosi i castagni plurisecolari del bosco di questa zona dell’Etna.

La “mission” condotta dal Leo club si inserisce in un più ampio ed articolato piano di contenimento biologico del cinipide del castagno. Piano predisposto dall’assessorato regionale all’Agricoltura, entrato a regime a fine 2016 con interventi attuati nei territori dell’Etna, dei Nebrodi e dei Peloritani, attraverso il rilascio di decine di migliaia di esemplari del parassitoide, allevati nel centro regionale gestito dall’Osservatorio per le malattie delle piante di Acireale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Storie

Il “Cenacolo” compie ottant’anni: una straordinaria eredità di padre Calaciura

Dalle macerie della guerra, i germogli di un’opera assistenziale diventata un vanto per Biancavilla

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Era il 29 novembre del 1943. Da qualche mese era caduto il fascismo e a settembre era stato firmato l’Armistizio di Cassibile. L’Italia era davvero tutta da rifare. E c’era chi, in mezzo a quegli sconvolgimenti pensava in grande partendo dagli ultimi.

A Biancavilla, Giosuè Calaciura, giovane prete (ordinato appena quattro anni prima), guardandosi attorno e vedendo tanta miseria e tanto disorientamento, con un gesto di coraggio e di altruismo fondava presso dei locali alla periferia est del paese, sotto il Monte Calvario, l’Opera Cenacolo Cristo Re per accogliere gli orfani e le vedove di guerra che pativano la fame, l’abbandono da parte dei familiari più cari deceduti nel conflitto, la disperazione di non vedere futuro.

Coadiuvato da socie dell’Azione Cattolica, il fondatore delinea gli scopi che avrebbero guidato l’opera. Primo fra tutti quello di formare un gruppo di giovani che si «impegnavano ad essere primi in tutto: nella pietà, nell’apostolato e nella bontà di vita».

Il Cenacolo doveva essere centro propulsore per avviare scuole, colonie, ambulatori, uffici per l’assistenza sociale, oratori, doposcuola, laboratori. E assieme a queste attività, chi ne entrava a far parte non avrebbe dovuto scordare mai i principi evangelici, l’amore a Dio e alla Chiesa che doveva rendersi visibile nella vita attiva in parrocchia, nella preghiera, nella buona condotta in famiglia e nella società.

Da “Croce al vallone” al “Sentiero speranza”

Negli anni, quel seme che tante volte – a dire dello stesso don Giosuè – fu minacciato da altre volontà, dai tempi che cambiavano e da svariati fattori avversi, ha saputo mettere radici profonde. Una risorsa per la nostra comunità, soprattutto perché ha sempre saputo guardare i segni dei tempi, aggiornando la sua mission e aprendosi ai bisogni sociali e sanitari contingenti e di volta in volta attuali.

Superata l’emergenza postbellica e mutate le istanze sociali, l’opera si rivolse all’assistenza dei vecchi e degli inabili, contando nel 1961 già circa 30 ricoverati.  Alla fine degli anni ’70, la costruzione di un grande padiglione in contrada Croce al Vallone: l’aumento di posti letto e di servizi, poi l’iscrizione nell’albo regionale come struttura residenziale per anziani non autosufficienti.

La maggior attenzione dedicata ai malati mentali fu la logica conseguenza della Legge 180/78 che determinò la necessità di una specifica assistenza dei dimessi dagli ospedali psichiatrici, e portò alla ristrutturazione della casa madre per poter accogliere soggetti con patologie psichiatriche. Oggi, la struttura di via san Placido, accoglie ben 40 ospiti come Comunità Terapeutica Assistita occupandosi delle loro cure mediche e della riabilitazione psicosociale.

Negli anni ’80, quando il flagello della droga e altri fatti drammatici portavano Biancavilla nelle prime pagine di cronaca nera, apriva la Comunità per tossicodipendenti “Sentiero Speranza” per offrire un servizio riabilitativo residenziale a quei giovani caduti nella spirale della tossicodipendenza.

Una struttura con 117 posti letto

E poi ci sono i tempi moderni con l’inaugurazione della Casa di Cura che si occupa di riabilitazione ortopedica, neurologica, cardiologica, oncologica e pneumologica. È dello scorso aprile l’apertura di un poliambulatorio con servizi radiologici e ambulatori di cardiologia, neurologia, allergologia e immunologia, medicina fisica e riabilitativa, pneumologia, reumatologia e chirurgia.

«Oggi – dice il direttore Giosuè Greco – l’Opera è diventata una realtà molto grande che conta ben 150 tra professionisti e dipendenti, 117 posti letto e molteplici servizi diagnostici, e cerca di offrire il massimo della professionalità e dei servizi, occupandosi anche di formazione e informazione nel territorio sui temi che quotidianamente la vedono impegnata in prima linea».

Spegnendo le 80 candeline, è impossibile non ricordare la figura del fondatore, padre Calaciura, e di quei pionieri – Nerina Piccione, Agatina Russo, Giuseppina Finocchiaro e tanti altri – che in tempi bui e tristi riuscirono a vedere lontano e seppero creare futuro per la loro gente. A queste persone, va oggi la nostra ammirazione e il nostro ringraziamento.

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