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«Vogliamo la pista di elisoccorso, battaglia nel ricordo di mio figlio»

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«Io e mia moglie da anni viviamo tormentati da un dubbio atroce. E finché camperemo, continuerà a perseguitarci. Nostro figlio, se a Biancavilla ci fosse stata una pista di elisoccorso e gli interventi medici fossero stati più celeri ed efficienti, si sarebbe salvato? Oggi sarebbe ancora tra noi?». Interrogativi laceranti. Pensieri strazianti di un padre e di una madre che non possono rassegnarsi alla perdita di un figlio. E che adesso rispolverano la vecchia battaglia per realizzare un’elipista del 118, promessa a più riprese da dirigenti dell’Asp ed esponenti politici.

Carmelo Greco aveva cominciato a chiedere la costruzione dell’opera, nel gennaio 2007, all’indomani dell’incidente in cui perse la vita il figlio. Giuseppe aveva 22 anni. Era sulla sua moto, quando nel viale Cristoforo Colombo, a due passi dalla scuola media “Luigi Sturzo”, perse il controllo e cadde a terra.

«Mi faccio un giro e torno a pranzo», aveva detto pochi minuti prima al padre. «Io ero a casa, quando un conoscente –racconta Carmelo– mi avvisò dell’incidente e del coinvolgimento di mio figlio. Andai sul posto. Vidi la moto a terra. Una donna teneva la testa a Giuseppe. Lui non era cosciente, ma ancora respirava. Per 50 lunghi minuti chiamai il 118. Mi dicevano di stare calmo, ma come potevo stare calmo, vedendo mio figlio in fin di vita?».

Dal luogo dell’incidente al pronto soccorso ci sono poche centinaia di metri, ma è stato necessario attendere un’ambulanza. Una volta all’ospedale, le condizioni di Giuseppe apparvero disperate. Necessario, quindi, il trasferimento al “Cannizzaro” di Catania. Altri problemi con l’elisoccorso: l’unico spazio disponibile era il campo sportivo, ma era necessario innaffiare prima la superficie in terra battuta per ragioni di sicurezza. Altro tempo prezioso che si allungava. «Dal momento dello schianto in moto all’arrivo al Cannizzaro passarono due ore e mezza –ricorda Carmelo Greco– ma non c’era più nulla da fare, Giuseppe era morto».

Seguirono giorni di disperazione per i familiari e per gli amici di un ragazzo ben voluto da tutti. Una disperazione che da subito fu convogliata in una corale battaglia civile. Costituita l’associazione “Giuseppe Greco”, partì una campagna per realizzare la pista dell’elisoccorso: tra Adrano, Biancavilla e Santa Maria di Licodia, raccolte in pochi mesi 7000 firme. Diversi politici si fecero avanti e l’Asp promise: «La pista sarà costruita, ma solo dopo la conclusione dei lavori del nuovo ospedale».

Il nuovo ospedale dovrebbe essere inaugurato il prossimo 19 marzo, come annunciato dall’assessore alla Salute, Ruggero Razza. «Bene, chiediamo –si fa avanti Carmelo Greco– che si riapra il cassetto con quelle vecchie promesse e comincino i lavori della piattaforma per l’elisoccorso. Chiediamo anche un potenziamento del servizio del 118 in tutto il comprensorio, che conta oltre 70mila abitanti, con una postazione da aggiungersi a quella esistente già ad Adrano». Greco vuole essere chiaro: «Non si torna indietro, non demordiamo. Politici ed Asp siano coerenti con quanto promesso in questi dieci anni, dopo una battaglia fatta sul nome e sulla morte di mio figlio. Nessuno potrà ridarmi Giuseppe, ma forse potenziare i servizi di soccorso potrà servire a salvare altre vite».

Area già individuata dall’Asp

L’area in cui dovrebbe essere realizzata la pista di elisoccorso è stata già individuata: si trova a fianco al nuovo plesso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. Nel punto in cui, in questi anni, sono stati sistemati i prefabbricati del cantiere per il nuovo edificio ospedaliero, dovrebbe sorgere la superficie di atterraggio e decollo. L

’ubicazione era stata individuata dalla stessa azienda sanitaria per rassicurare l’associazione “Giuseppe Greco” che dal 2007 chiede l’opera. La pista aveva già ricevuto il via libera preliminare da parte dell’Enac (l’Ente nazionale per l’aviazione civile) ed aveva avuto un primo stanziamento di 100mila euro.

«La pista –aveva detto nel 2011 l’allora commissario dell’Asp, Gaetano Sirna– rappresenta un’opera di pubblica utilità, non solo per Biancavilla, ma anche per tutto il comprensorio».

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Installazione antenna 5G, le suore salesiane: «Noi non c’entriamo niente»

Intervento delle Figlie di Maria Ausiliatrice a proposito dell’impianto sull’edificio in cui sono ospitate

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«Come Figlie di Maria Ausiliatrice esprimiamo comprensione per le preoccupazioni espresse. Siamo fiduciose che chi ha responsabilità e competenza prenda decisioni rispettose della sicurezza e della salute dei cittadini».

Lo scrivono in una nota stampa le Figlie di Maria Ausiliatrice di Biancavilla, a proposito della installazione di un’antenna 5G sull’edificio di via Mongibello in cui sono da sempre ospitate.

Sulla vicenda gli abitanti della zona hanno manifestato il loro dissenso e il Comune aveva presentato un ricorso contro l’installazione, bocciato dal Tar.

C’è chi ha chiamato in causa le suore salesiane, a sproposito. Ed ora arrivano le loro puntualizzazioni.

«La notizia dell’installazione delle antenne 5G – scrivono – ha destato ansia e preoccupazione per molti. Ci sembra doveroso fornire alcune chiarificazioni. La sede di via Mongibello è di proprietà dell’Ipab Casa del fanciullo “Francesca Messina”.
Tra l’Ipab e l’ente delle Figlie di Maria Ausiliatrice è in essere un comodato d’uso gratuito dei locali per l’abitazione delle suore e le attività pastorali da loro animate».

«L’azienda che sta provvedendo all’installazione delle antenne – viene specificato – non ha alcun contratto in essere né in forma diretta né indiretta con le Figlie di Maria Ausiliatrice. Circa un anno fa la direttrice dell’istituto ha ricevuto la semplice informazione della decisione in oggetto da parte dell’Ipab».

Le suore, dunque, non hanno alcun ruolo formale nell’iter per la collocazione dell’impianto. Resta il fatto che le entrate economiche destinate all’Ipab, per consentire sul proprio tetto l’installazione dell’antenna, non c’è dubbio che avranno un beneficio indiretto pure sulle Figlie di Maria Ausiliatrice. In mancanza di introiti, il mantenimento dell’immobile e l’ospitalità riservata alle suore potrebbero non essere così scontate.

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