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Amianto, altre due vittime nel 2016 Uccisi in 57 dal minerale-killer

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Uno scorcio di Biancavilla e delle rocce di monte Calvario

Drammatico aggiornamento sui decessi per tumore alla pleura a Biancavilla, causati dall’esposizione alla fluoroedenite. Pensionati e impiegati, operai e braccianti, giovani e anziani: le fibre nocive continuano a fare vittime.

 

di Vittorio Fiorenza

La scia di morte che si lascia dietro il minerale-killer non si interrompe ancora a Biancavilla. Il 2016 si chiuderà con ulteriori decessi per mesotelioma pleurico. Sono state due, quest’anno, le vittime della micidiale fibra di fluoroedenite, il minerale caratteristico del territorio biancavillese assimilabile all’amianto, purtroppo anche nei suoi effetti cancerogeni.

A essere state colpite dal tumore alla pleura (la membrana di rivestimento dei polmoni), chiaro segno di esposizione all’amianto, sono stati una donna e un uomo, quest’ultimo ex operaio della cava di monte Calvario, area da cui, attraverso la produzione di materiali destinati alle costruzioni edili, ha avuto origine la diffusione dei minerali nocivi.

Con i due decessi che si sono registrati nel corso di questo 2016, a Biancavilla i morti accertati a partire dal 1988 per mesotelioma causato dalla fluoroedenite, salgono a quota 57. Un numero altamente e tragicamente sproporzionato rispetto ad una popolazione di 23mila abitanti. Un numero, comunque, in difetto rispetto a quello delle vittime reali.

In questa statistica tenuta ed aggiornata dall’Ufficio di Igiene pubblica del Distretto sanitario di Adrano, infatti, mancano i decessi per mesotelioma al peritoneo e per cancro alle ovaie, altre tipologie tumorali “sentinella”, rivelatrici cioè dell’esposizione al minerale cancerogeno.

Nei registri delle autorità sanitarie locali, poi, sono annotati soltanto i decessi delle vittime biancavillesi dal 1988, anno di introduzione delle schede Istat. Ma è indubbio che i morti causati nel centro etneo dalle fibre minerali si sono avuti a partire dagli anni ’70. Ecco perché non è azzardato stimare che i decessi effettivi possano essere al di sopra del centinaio. Ed ecco perché fin dai primi studi scientifici di fine anni ’90, condotti dell’Istituto Superiore di Sanità, l’epidemiologo Pietro Comba ha indicato Biancavilla come il focolaio di «una piccola epidemia di tumori pleurici».

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Dino Ingrassia

Non essendo il rischio della popolazione di natura professionale ma di tipo ambientale, le vittime non rientrano in una sola e specifica categoria, come accade nei distretti industriali o nei cantieri navali. Nel centro etneo le vittime sono operai e braccianti agricoli, ma anche pensionati e impiegati. Tra le donne, molte casalinghe. E poi ci sono pure giovani.

Come Dino Ingrassia, morto nel 2011 all’età di 33 anni, lasciando la moglie e i suoi tre bambini. La storia di Dino è stata raccontata, negli ultimissimi anni, attraverso le toccanti testimonianze della mamma Giusi Tomasello e della moglie Giovanna Galizia.

Per la prima volta, i familiari di una vittima si sono esposti pubblicamente, infrangendo quella barriera di doloroso silenzio entro cui si chiudono tutti coloro che sono colpiti da questo dramma.

La famiglia di Dino, invece, chiedendo giustizia e pretendendo misure di prevenzione, ha dato una scossa alle coscienze e alle istituzioni locali. Il merito è stato di avere attribuito, per la prima volta, alla “questione amianto” una dimensione di umanità, prima ancora che medica, scientifica, convegnistica e politica, al di là degli appalti milionari (finora soltanto annunciati) per la bonifica dell’area di monte Calvario.

«Per rispetto di mio figlio –aveva detto la mamma di Dino Ingrassia– desidero giustizia. Non so come, ma mio figlio era giovane e aveva tutto il mondo nelle mani. Non chiedeva nulla, gli bastavano il lavoro e la famiglia che aveva».

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Il vescovo Luigi Renna in visita ai reparti dell’ospedale di Biancavilla

«Bisogna essere grati per questo presidio che fa sentire vicino tutto il servizio nazionale di cura»

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© Foto Biancavilla Oggi

Un saluto ad ogni paziente ricoverato, l’incontro con il personale medico e infermieristico, la visita al pronto soccorso e in tutti i reparti (con canti e sventolio di bandiere, in particolare, in “Pediatria”). L’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, ha fatto tappa all’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla.

«Sono rimasto molto ben impressionato – ha detto Renna – dalla manutenzione e dalla cura delle strutture, ma soprattutto dalla relazione che si è venuta a creare tra pazienti, medici, personale sanitario. È un ambiente luminoso sotto tutti gli aspetti. Bisogna essere grati per questo presidio che permette ai cittadini di sentire vicino tutto il servizio nazionale di cura e ci sprona a fare sempre meglio».

Il vescovo è stato accolto dal commissario straordinario dell’Asp, Maurizio Lanza, e dal direttore sanitario della struttura, Mario Patanè. Un’occasione attraverso la quale ha conosciuto anche il personale di recente assunzione.

«Ho incontrato molti nuovi giovani medici, infermieri e operatore socio-sanitari. E questo – ha sottolineato il vescovo – fa ben sperare sia perché l’azienda sta assumendo sia perché ci sono tanti giovani che non emigrano, ma rimangono nel nostro territorio. È la vittoria di una sfida molto importante. Sappiamo che la nostra Sicilia si sta spopolando, dobbiamo fermare questa emorragia e credo che le assunzione abbiano un duplice vantaggio. Anzitutto dota di professionalità fresche il sistema sanitario e poi permette ai giovani di mettere su famiglia e di creare una società solida nella nostra Isola».

«Un ospedale proiettato nel futuro»

Sulla questione del personale si è soffermato il commissario Lanza: «Non c’è nessun problema per il personale infermieristico perché abbiamo approvato la nuova graduatoria. Conosciamo, invece, le carenze di determinate specialità mediche che riguardano tutta Italia».

Per l’ospedale di Biancavilla, Lanza ha voluto ribadire che si tratta di una struttura «pronta ad accogliere e proiettata nel futuro perché gli investimenti sono stati e saranno tanti». In particolare, «il vecchio plesso è oggetto di una nuova ristrutturazione e affiancherà il nuovo: due strutture sulle quali bisogna puntare per il futuro».

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