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L’affettuoso addio alla “Zà Pippa” dalla comunità “Sentiero speranza”

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Si è spenta Giuseppina Furnari. Aveva 86 anni. È stata una volontaria in prima linea, tra i “suoi ragazzi”, fin dagli anni ’80, quando a Biancavilla si moriva di droga e la mafia sparava per difenderne i traffici. Biancavilla Oggi pubblica qui il commosso ricordo di tutti gli operatori della comunità.

 

La nostra Zà Pippa nel suo periodo migliore stava ancora lavorando come assistente sanitaria a Catania, in un quartiere popoloso ed impegnativo. Ma quella che per noi è stata la scusa per conoscerla è il suo volontariato in comunità, cominciato vicino al cugino Francesco Furnari, co-fondatore insieme a Mons. Giosuè Calaciura e primo responsabile delle attività e del programma della comunità “Sentiero Speranza” dell’Opera “Cenacolo Cristo Re”. Siamo alla fine degli anni 80, quando anche in questo territorio, cominciarono a morire le persone a causa proprio delle droghe e si ammazzavano proprio per i traffici connessi.

Zà Pippa aveva avuto un ruolo fin dalla fondazione: aveva partecipato, ospitando a casa propria familiari, utenti, soprattutto se donne, accompagnando con la sua auto le persone ovunque. Una risata sempre pronta, un viso aperto: potevi parlare di tutto con lei e lei non giudicava, mai. Poi
quando la comunità si assestò, lei continuò nel suo compito di accompagnatrice fino a quasi la sua morte… Ci dava i giorni della sua disponibilità, ma se serviva faceva anche i salti mortali con i suoi impegni per esserci.

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Giuseppina Furnari, affettuosamente chiamata Zà Pippa

Ma questa è solo la parte più operativa del suo essere comunità, in realtà Essa ci ha sempre seguiti e sostenuti, a distanza ravvicinata. Con discrezione si proponeva e, rispetto all’emergenza del momento, pronunciava la sua frase più bella: «Comu putemu fari?».

E rimaneva lì a costruire con noi la strategia di soluzione e leggeva tra le parole i nostri bisogni ed i bisogni degli utenti, così intercettava la sua proposta in nostro aiuto, la sua azione: «Ci parlo io?» oppure «Serve qualcosa?».

Sempre discreta tra noi, non ha mai messo una parola di mezzo, non ha mai espresso giudizi, anzi ci aiutava a risolvere le cose parlando. La sua dote più grande è stata questa capacità di non giudicare e di non avere pregiudizi nei confronti di alcuno.

Per lei non esistevano “tossici” e “ladri”, non esistevano cattivi e neanche buoni. Per lei c’erano solo persone, che se le avvicini, che se dai loro una possibilità, che se le aiuti nei loro passaggi di vita è probabile che ce la faranno a cambiarla questa esistenza dolorosa per loro, per primi. Se una persona ruba non lo fa per scelta, perché reso libero di scegliere quella persona non sceglierebbe di certo di rubare: questo è uno dei capisaldi del suo pensiero. Un pensiero religioso alla radice, che ammette la sacralità della vita stessa.

«Comu putemu fari?». Una frase da donna, da madre, da sorella, che ci portiamo addosso, che svincola da qualsiasi tecnicismo l’accoglienza delle persone, che propone una prassi di accoglienza fattiva, propositiva, dove chi accoglie si modifica, si mette nelle condizioni di accogliere l’altro. Lei aveva quindi in sé il tema del cambiamento, lei era rivoluzionaria rispetto anche al metodo, oltre che alla più generale modalità di esercitare la sua cittadinanza e la sua cristianità.

Figlia riconoscente di questa terra, ci ritorna, ma avendo fatto tutto il possibile per migliorarla, per migliorare la relazione tra le persone che conosceva, per liberare l’affetto dalla sua gabbia del pregiudizio. Grazie Zà Pippa. Per noi sei un esempio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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2 Commenti

2 Commenti

  1. Alfio palazzo

    2 Dicembre 2019 at 17:46

    Grande grande grande queste sono le parole per descriverti conoscerti è stato un privilegio. Mi hai sempre voluto bene e mi hai sempre apprezzato per il mio lavoro con i ragazzi. Sarai sempre nel mio cuore

  2. alessio salici

    12 Agosto 2016 at 1:10

    ZA PIPPA GRAZIE Per quello che hai fatto anche per me.un bacione fino a lassù. Amen

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Maurizio Costanzo e il suo “sosia” Giuseppe Petralia di Biancavilla

Il ricordo di un incontro al Parioli: «Mi somiglia veramente, forse ci hanno divisi alla nascita»

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Giuseppe Petralia è un giornalista di Biancavilla. La sua somiglianza con Maurizio Costanzo incuriosì lo stesso conduttore televisivo, al punto da volere salutare il collega dal palco del Parioli.

A ricordare quell’episodio è ora Petralia, da decenni collaboratore del quotidiano “La Sicilia” e corrispondente da Biancavilla negli anni ’70 e ‘80.

«La notizia della morte di Maurizio Costanzo – dice Petralia – mi è tanto dispiaciuta e reso triste. Ho avuto l’onore di conoscerlo personalmente come invitato alla trasmissione “Maurizio Costanzo Show” perché ero stato segnalato come suo sosia».

«Lei è il mio sosia, mi somiglia veramente, forse ci hanno divisi alla nascita», disse Costanzo a Petralia ad inizio di una puntata del suo programma su Canale 5.

«Dopo la trasmissione –ricorda ancora il giornalista biancavillese – ci siamo incontrati dietro al palco, dove Maurizio è stato nei miei confronti molto affabile e gentile. Quando mi ha salutato, mi ha detto “Se vieni a Roma, vienimi a trovare”. Purtroppo non ho potuto avere questa opportunità. Grazie amico e giornalista, riposa in pace».

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