Storie
Addio a don Mariano, l’ultimo vecchio calzolaio di Biancavilla: aveva 85 anni
Il mestiere imparato da bambino e svolto nella bottega di via Gramsci: con lui scompare un mondo


La sua non era una semplice bottega. Era, piuttosto, un angolo museale, uno spaccato dell’artigianato di una volta. Dietro al suo banco di lavoro – tra mastice, colori, pellame e sopratacchi – c’era il suo mondo e la sua maestrìa. Grazie alla sua capacità, era in grado di regalare una seconda vita a scarpe e calzature di ogni tipo.
Don Mariano Diolosà – persona perbene e onesta – è morto all’età di 85 anni. L’ultimo, autentico, tradizionale calzolaio di Biancavilla. Una perdita per quel patrimonio culturale che rappresentava. Con lui scompare anche un pezzo di quel mondo semplice e non frenetico, nel quale non si buttava nulla ma tutto veniva recuperato, riparato, riciclato. Un esempio di saggia sostenibilità, ben lontana dal consumismo a portata di clic di oggi.
Classe 1937, all’età di 5 anni, durante la seconda guerra mondiale, Diolosà era rimasto orfano di padre e madre ed affidato, assieme a suoi fratelli, allo zio Giuseppe e alla zia Concetta. Già da bambino imparò a fare il calzolaio. Un mestiere svolto per una vita, fino a qualche anno fa, ormai provato dalla vecchiaia e dalle vicissitudine: prima la morte della moglie, poi quella prematura del figlio Maurizio (il più piccolo dei quattro avuti), cui era molto legato.
La bottega del signor Diolosà, in un’antica casa – anch’essa esempio di un’edilizia ormai estinta – fino all’ultimo giorno di attività è stata meta di clienti. Lui, col martello in mano e i chiodini sulle labbra, sempre pronto a sostituire le suole di scarpe consumate dal tempo. Già, un mondo ora scomparso, di cui don Mariano – per decenni – è stato protagonista e testimone.
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Storie
L’antifascismo di Gerardo Sangiorgio, medaglia di Mattarella ai familiari
Disse “no” alla Repubblica di Salò, alto riconoscimento al biancavillese sopravvissuto ai lager


Cerimonia di consegna della medaglia d’onore ai familiari di Gerardo Sangiorgio, morto trent’anni fa e sopravvissuto all’orrore dei campi di sterminio nazisti, dopo l’8 settembre, per il suo rifiuto a giurare fedeltà alla Repubblica di Salò.
L’onorificenza è stata voluta dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con proprio decreto, su indicazione del comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La consegna, in piazza Università, a Catania, in occasione della Festa della Repubblica, è avvenuta dalle mani del prefetto Maria Carmela Librizi. A ricevere la medaglia, Maria Cuscunà, moglie di Sangiorgio, assieme ai figli Placido Antonio (nostro apprezzato collaboratore) e Rita e i nipotini. Presenti alla cerimonia anche il ministro Nello Musumeci e, per il Comune di Biancavilla, l’assessore Martina Salvà, in fascia tricolore.
L’alto riconoscimento si lega a quanto previsto dalla Legge 296 del 2006. La medaglia d’onore è dedicata ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra e ai familiari dei deceduti.
Due volumi su Gerardo Sangiorgio
Negli ultimi anni, diversi i contributi e gli studi sulla figura di Sangiorgio. Due i volumi che la nostra casa editrice, Nero su Bianco, gli ha dedicato, promuovendoli in occasione della “Giornata della memoria” con il coinvolgimento delle scuole.
Si tratta di “Internato n. 102883/IIA. La cattedra di dolore di Gerardo Sangiorgio”, scritto da Salvatore Borzì con prefazione di Nicolò Mineo. E poi, a cura di Borzì, “Una vita ancora più bella. La guerra, l’8 Settembre, i lager. Lettere e memorie 1941-1945”, con prefazione di Francesco Benigno.


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Mariella Martella
10 Maggio 2023 at 22:04
ringrazio di cuore per l articolo scritto per mio suocero Mariano !!Mi é piaciuto molto in poche righe ê stata narrata una vita e una storia che mi appartiene!! Grazie ancora!!🥰