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Cronaca

Tre bambini “contesi” fra Biancavilla e il Marocco: scatta l’iter internazionale

«Sottrazione di minori», il padre si appella alla Convenzione dell’Aja: istanza al ministero della Giustizia

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Tre bambini “contesi” tra i genitori: il padre ne chiede il riavvicinamento, la madre li trattiene con sé. Il caso sembra come tanti altri, purtroppo consuenti quando una relazione si interrompe. Ma stavolta le cose sono più complicate perché le parti vivono in due Paesi e di mezzo ci sono culture differenti.

Lui è un biancavillese di 34 anni, lei ne ha 35 ed è marocchina. Dopo un periodo di serenità coniugale a Biancavilla, la donna ha fatto rientro a Marrakech -Tamansourt. E lì si trova adesso con i tre figli. È da settembre che non consentirebbe al marito di intrattenere rapporti con i bambini né di avere loro notizie.

Così, il 35enne biancavillese – tramite l’avv. Pilar Castiglia – sta agendo a livello internazionale, richiamando la Convenzione dell’Aja, nel tentativo di ottenere il rimpatrio dei figli. Il legale ha già inoltrato l’istanza al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, presso il ministero della Giustizia. Una richiesta per «l’attivazione urgentissima della procedura finalizzata all’immediato rimpatrio dei tre minori, atteso che essi sono cittadini italiani e, allo stato, sono trattenuti dalla madre in Marocco, contro il volere del padre».

Un epilogo doloroso, anche per i retroscena che la storia ha fatto emergere. La coppia si era sposata a Biancavilla, con rito civile. Una relazione felice, al punto che da quest’unione erano nati tre bambini. Fino a quando la donna ha fatto rientro nel suo paese d’origine con uno dei figli. Lì, secondo le intenzioni, si sarebbe trattenuta temporaneamente per accudire l’anziana madre. Ma la permanenza si è prolungata. Il marito, per riunire la famiglia, ha portato in Marocco anche gli altri due bambini. Poi, per esigenze di lavoro, il ritorno a Biancavilla, ma più volte si è ricongiunto con la moglie e i figli. Un rapporto a distanza, fino alla scoperta che la donna, in Marocco, si è risposata e, dalla nuova relazione, ha anche avuto una figlia.

La donna, secondo l’avv. Castiglia, «con inganno e premeditazione, si è allontanata dalla casa coniugale, commettendo il reato di bigamia e di sottrazione di minori, impedendo intenzionalmente al marito l’esercizio della responsabilità genitoriale ed il diritto di visita dei figli, sottraendo gli stessi alla funzione educativa e di vigilanza, tranciando crudelmente il profondo legame che esisteva tra padre e figli». Fatti denunciati alla Procura di Catania. Ed ora si aggiunge l’istanza al ministero della Giustizia con un padre che, a Biancavilla, attende di riabbracciare i suoi tre bambini.

Altro caso “internazionale” a Biancavilla

Quello del 35enne che chiede il rimpatrio dei figli dal Marcocco non è un caso isolato a Biancavilla. Già un altra vicenda analoga con attivazione della procedura legale internazionale è seguita dall’avv. Pilar Castiglia. Si tratta di una coppia di biancavillesi: la moglie ha con sé i due figli, portati in Francia, ed il marito chiede di poterli vedere.

Si fa leva ancora una volta alla Convenzione dell’Aja del 1980. «Questa procedura – spiega l’avv. Castiglia –prevede, nel caso di sottrazione internazionale di minore, di rivolgersi all’autorità centrale istituita presso il ministero della Giustizia. Questa, a sua volta, contatta l’autorità del paese straniero».

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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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