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Cronaca

Fu l’autista di Alfredo Maglia, adesso Giovanni La Rosa collabora con la giustizia

Si allarga la schiera di “pentiti” che possono svelare dettagli sulle dinamiche criminali sull’asse Adrano-Biancavilla

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di VITTORIO FIORENZA

Ha orbitato nel clan Santangelo-Taccuni di Adrano, stando vicino al boss Vincenzo Rosano. Ma c’è stato il periodo in cui faceva l’autista ed uomo di fiducia di Alfredo Maglia, esponente del clan di Biancavilla, ucciso ad Adrano nell’ottobre 2013 dopo un suo breve “regno” costruito appena uscito dal carcere.

Giovanni La Rosa è un conoscitore dei fatti criminale sull’asse Adrano-Biancavilla: adesso ha deciso di collaborare con la giustizia. Si allarga così la schiera di “pentiti”, già folta in quello che un tempo era il “Triangolo della morte”. Dalla sua collaborazione si attendono ulteriori, fondamentali informazioni ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania per le dinamiche criminali, gli affari e la nomenclatura nei centri etnei, a cominciare da Adrano e Biancavilla.

I primi verbali del nuovo collaboratore di giustizia sono stati depositati dal sostituto procuratore Andrea Bonomo in sede di udienza preliminare per l’omicidio di Nicolò Liotta (avvenuto nel 2007 davanti ad una sala da barba ad Adrano), che vede La Rosa imputato assieme a Vincenzo Rosano.

Oltre a quella di La Rosa (già condannato a 10 anni nell’ambito del processo “Binario morto”), è recente la collaborazione con i magistrati da parte di un altro esponente che ha deciso di oltrepassare la barricata: si tratta di Vincenzo Pellegriti, biancavillese “gestore” dello spaccio di sostanze stupefacenti per conto del clan di Biancavilla, che sta raccontando e verbalizzando fatti e dettagli. Svelamenti preziosi per gli inquirenti che potrebbero portare a nuove operazioni di polizia.  

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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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