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Il dovere della trasparenza: quanto sono costati i lavori eseguiti in basilica?

È una questione di etica pubblica, che non vale soltanto quando ci sono di mezzo soldi dello Stato

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© Foto Biancavilla Oggi

EDITORIALE

A poco più di dieci giorni dall’emozione provocata dal nuovo aspetto della basilica di Biancavilla, restano diverse domande che non hanno risposta e che continuano ad essere sollecitate dai nostri lettori, chiedendoci di fare chiarezza. Una su tutte: si può sapere quanto sono costati i lavori? Un interrogativo che non avrebbe motivo di esistere se –come ci saremmo aspettati– da parte della Chiesa Madre fossero stati resi noti i dettagli delle spese. Magari da mettere online, assieme ai soggetti privati che hanno contribuito a racimolare la somma. Somma che ha consentito al vescovo di spalancare le porte e riconsegnare l’edificio sacro ai fedeli, a 15 mesi dal forte terremoto che l’aveva danneggiato.

Invece, niente di tutto questo. Sorprendente e inspiegabile. Ancor di più se si considera la consueta precisione e attenzione ai formalismi del parroco, padre Pino Salerno, promotore meritorio dello stanziamento, della ricerca e della raccolta fondi.

A quanto ammontano? In tanti hanno scritto a Biancavilla Oggi per avere delucidazioni. I biancavillesi hanno diritto di conoscere? Riteniamo di sì.

Non è affatto un capriccio. Ma una questione elementare di trasparenza e di etica pubblica. Che non appartiene soltanto alla pubblica amministrazione o non si fa valere esclusivamente quando ci sono di mezzo soldi dello Stato. Ma anche, come in questo caso, quando si toccano pareti, strutture, stucchi del luogo simbolo cittadino (mica una rettoria o un altare). La basilica –ha sottolineato non a caso il sindaco Antonio Bonanno– «è la nostra “casa”, il nostro rifugio spirituale».

Gli interrogativi, anche sulla tipologia e sulle modalità dei lavori (ci sembrano più estetici che strutturali) e sulle maestranze coinvolte li avremmo posti noi di Biancavilla Oggi, da giornalisti con il compito di andare oltre le dichiarazioni, più o meno retoriche e di circostanza. Lo avremmo fatto in occasione della conferenza stampa “convocata” da padre Pino Salerno, il giorno prima della riapertura della basilica. Purtroppo, il nostro giornale è stato escluso dagli inviti e per questo non vi abbiamo partecipato. Una svista, una dimenticanza, un difetto di comunicazione? Per carità, può capitare. Ma si può sempre rimediare, fornendo alla stampa un dossier con le informazioni che sono mancate nelle cronache di un evento che, con l’immancabile retorica, è stato definito “storico”.

Da MeridioNews apprendiamo che «il restyling, stando a quanto trapelato finora, sarebbe costato tra i 150 e i 200mila euro. Cifra sulla quale padre Salerno ha preferito non esprimersi». Peccato: è proprio in circostanze del genere che bisognerebbe dilungarsi nella parola.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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5 Commenti

5 Commenti

  1. Alessandro Cantarella

    25 Gennaio 2020 at 17:38

    Che paese mediocre, una comunità che non chiede conto e ragione ai propri rappresentanti è destinata alla sudditanza. Poco importa se i soldi sono privati e non pubblici. Anzi, proprio perché sono privati e vengono utilizzati per un bene pubblico (il più importante di Biancavilla!!!) si dovrebbe usare tutta la trasparenza possibile. Paese di bigotti!!!

  2. Sonia

    25 Gennaio 2020 at 11:35

    Soltanto a Biancavilla certe cose possono passare in cavalleria. Assurdo!!!

  3. Placido

    24 Gennaio 2020 at 11:25

    1) Il dovere della trasparenza: metta il naso sui costi della scritta nella rotonda all’ospedale.
    2) Il dovere della trasparenza: metta il naso sui costi, sull’utilità e sull’estetica del tabellone luminoso nella facciata del comune.
    3) Il dovere della trasparenza: metta il naso sui costi dei sedili in pietra lavica posti in Piazza Roma.
    4) Ma la Vostra Illuminatissima testata giornalistica, è l’Ansa? O il Corriere della Sera? L’invito era dovuto?

    • Biancavilla Oggi

      24 Gennaio 2020 at 16:58

      1) C’è già la trasparenza: basta collegarsi al sito del Comune o andare in Segreteria
      2) C’è già la trasparenza: basta chiedere al Dipartimento regionale di Protezione civile (anche online)
      3) C’è già la trasparenza: basta collegarsi al sito del Comune o andare in Segreteria
      4) Sì, certo che è dovuto da parte di chi ha un ruolo pubblico: è un concetto elementare

      Grazie per il suo “oscurantissimo” contributo.

    • Zenone

      25 Gennaio 2020 at 13:44

      Placido non hai capito niente, hai fatto esempi che non stanno né in cielo né in terra…. ma niente questo paese che deve capire, l’etica? Ma quando mai. Si mangia? Qua capiscono solo di mpupari santi e fari sfilati. ahahahahahahahahaha

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Editoriali

Nel Consiglio del 15-1, l’opposizione va garantita (anche) tramite… una firma

Ma i numeri impietosi non siano un alibi di inconcludenza: la democrazia cittadina non è in pericolo

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© Foto Biancavilla Oggi

La nuova geografia consiliare di Biancavilla, tracciata dopo l’esito plebiscitario a favore di Antonio Bonanno, ha una mappa senza precedenti: 15 componenti alla maggioranza e soltanto 1 alla minoranza. Un quadro sbilanciato, evidentemente. Ma non è il frutto di un golpe. È il risultato democratico determinato da regole e meccanismi democratici, sulla base del voto popolare, espresso peraltro con un’affluenza superiore al 63%.

Al di là della volontà – fin troppo chiara – manifestata dai biancavillesi, va riconosciuto che il nuovo assetto dell’assemblea cittadina, convocata oggi, alle ore 20.30, per l’insediamento, fa emergere conseguenze pratiche e necessità operative che mai prima d’ora si erano verificate. Necessità, nella dialettica e nelle dinamiche consiliari, a cui vanno date risposte immediate.

Un esempio? Per presentare una mozione, il regolamento prevede che l’atto, se si vuole mettere in discussione, debba essere firmato da almeno due consiglieri comunali. Ne deriva che l’attuale minoranza sarà oggettivamente impedita a poterlo fare. Certo, una mozione dà un indirizzo all’amministrazione comunale, ma non pone alcun vincolo: spesso ha solo un valore simbolico o di mera testimonianza.

Non a caso, la prassi, nelle sei consiliature, è che il 99% delle mozioni – anche quelle approvate all’unanimità – siano state poi disattese dalla Giunta e dal sindaco di turno. All’epoca di Pietro Manna, tutti i consiglieri votarono una proposta di Nicola Tomasello e Vincenzo Cantarella per dare la cittadinanza onoraria a Rita Levi Montalcini. L’amministrazione se ne infischiò dell’illustre scienziata Premio Nobel. Stessa sorte, più recente, per la proposta di Alfio Distefano e Dino Asero tesa ad intitolare una via a Peppino Impastato: nonostante l’atto sia passato all’unanimità, nella toponomastica non c’è menzione del militante di Democrazia Proletaria, morto ammazzato per mano mafiosa.

Se è vero che il tenore delle mozioni trattate nell’ultimo quinquennio abbia avuto un livello elementare imbarazzante (inferiore alle discussioni del baby-Consiglio), è innegabile che si tratti di uno strumento utile. Se ben usato, può innescare la discussione in aula, denunciare e dibattere questioni di ampio interesse, porre tematiche all’attenzione dell’opinione pubblica, indicare soluzioni e suggerire un indirizzo (a prescindere dall’effettiva ricezione dell’organo esecutivo).

Una funzione di cui il Partito Democratico, in questo Consiglio Comunale, risulta privato di fatto. Stesso “impedimento” varrebbe in linea teorica per altre due forze mono-rappresentate: Movimento per l’Autonomia e “Noi per Biancavilla”. Ma loro stanno nella comfort zone della coalizione di governo, mentre l’esigenza impellente – lo si comprende facilmente – riguarda la minoranza, dunque il Pd.

Come risolvere questo vuoto? Una maggioranza bulgara, come quella attuale, deve avvertire l’opportunità di mettere mano al regolamento per consentire proposte a firma singola. Nell’attesa della modifica, la coalizione di Bonanno può dare dimostrazione di maturità istituzionale, “prestando” una firma in bianco al consigliere solitario del Pd affinché gli sia consentita la trattazione dell’atto. Resta inteso che poi può essere emendato o anche respinto. Ma la discussione dev’essere garantita. Ebbene sì, il rispetto della minoranza passa anche attraverso… una firma.

Un simile gesto avrebbe più valore di affidare all’opposizione – per garbo istituzionale, secondo le intenzioni del sindaco Bonanno – la vicepresidenza del Consiglio. Una carica inutile sul piano operativo, che non attribuisce alcuna prerogativa supplementare. Un ruolo che entra in esercizio solo quando il presidente è impedito da una febbre autunnale o si allontana dall’aula per andare a fare pipì.

Detto questo – lo sottolineiamo con altrettanta chiarezza – non vediamo pericoli per la democrazia cittadina. Il palazzo comunale, per sua natura, è il luogo più trasparente, nel quale risulta impossibile nascondere o camuffare alcunché. E poi, è facile e fisiologico prevedere, in una maggioranza così larga, la creazione di una “opposizione” intestina.

Non impressioni più di tanto, quindi, la sproporizione del 15-1. D’altra parte, il precedente Consiglio Comunale era partito con ben 5 oppositori, poi ridotti a 3. Ma sono stati gli oppositori più muti e assenti di sempre, al punto da non presentare nemmeno emendamenti al bilancio, che costituiscono l’abc dell’attività consiliare. Un’imperdonabile e scandalosa violazione del patto “sacro” con i propri elettori per un “mandato di opposizione” non esercitato nell’ultima consiliatura (a parte qualche lampo nella fase finale).

Non si usino, perciò, i numeri come alibi di eventuale inconcludenza: dai banchi della destra, a contrapporsi alla prima Giunta Manna, c’era solo Vincenzo Randazzo (oggi diventato assessore), il quale dava filo da torcere con puntuale capacità e martellante presenza, nonostante lo strapotere dell’allora primo cittadino.

Il Pd biancavillese deve, quindi, dimostrare di essere all’altezza del difficilissimo lavoro d’aula, come a parti inverse faceva Alleanza Nazionale quasi trent’anni fa. Ma è bene specificare che il suo vero problema è visceralmente e drammaticamente sociale, prima ancora che politico. È una forza che – fuori dal Palazzo – è chiamata ad una profonda rifondazione per ritrovare l’identità perduta, rimediare alle umiliazioni patite, riconnettersi all’elettorato progressista ed uscire dall’irrilevanza in cui è ridotta (da anni, non da ora). Perché, altrimenti, il passo successivo è l’estinzione.

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