Detto tra blog
Sui “doppi turni” è una trincea: sono gli adulti che hanno da imparare
Su questa storia (i “doppi turbi” nelle scuole di Biancavilla), prima di questa altra “puntata” (il ricorso al Tar contro l’ordinanza del sindaco), mi sono imbattuto per caso in una infinita serie di commenti che definirli tali è un ironico, ahimè, eufemismo.
Guelfi e Ghibellini erano ragazzini al confronto; madri contro madri, padri contro padri, madri contro padri e viceversa, insegnanti sulla difensiva e docenti in trincea. E tutti e tutte a ergersi come i migliori educatori e educatrici dei rispettivi figli. Un grande esempio, non c’è che dire.
Chi ha ragione e chi torto? Non ci sono ragioni o torti, esiste solo il buon senso e la solidarietà tra cittadini, ma purtroppo sembra che siano nascosti molto bene da non trovarsi (il buon senso e la solidarietà).
E quando una questione di “Scuola” debba richiedere l’intervento di un Sindaco credo che in quella Scuola ci sia molto da cambiare, docenti compresi.
E alla fine non oso immaginare cosa abbiamo “assorbito” i veri interessati, i ragazzi alunni.
E adesso si riprende la schermaglia perché il Sindaco è intervenuto laddove due fazioni non erano state all’altezza del comune senso di responsabilità? E addirittura con ricorso giudiziario? Ma a questo non si arriva.
Sono convinto che i veri interessati, i ragazzi, sono dispiaciuti ma mi augurerei che ci sorridano un po’ su, accorgendosi che gli adulti hanno bisogno ancora di imparare più di loro.
Lo scrivo da neutrale e con un pizzico di provocazione: “Io speriamo che me la cavo”. Un augurio che il tutto rientri nei confini della normalità.
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Detto tra blog
Mafia a Biancavilla, quei fallimenti educativi al di là della cronaca
Il processo “Ultimo atto” e gli spunti di riflessione sui “buoni” e i “cattivi” che vivono a fianco
Una comunità di persone vive anche di queste informazioni, ossia illustrare le attività investigative delle proprie agenzie di controllo. «Blitz “Ultimo atto”, la Procura chiede 125 anni di carcere per 13 imputati», è l’articolo con cui Biancavilla Oggi ci aggiorna sul «rito abbreviato per Pippo Mancari “u pipi” e i suoi picciotti, accusati di mafia, droga ed estorsioni». Normalmente è così: si parla dell’organo che ha indagato, del reato, possibilmente con le ipotesi del guadagno illecito, le attività criminose, i comportamenti, le vittime, spesso senza nome, o soltanto alcune di quelle che in realtà hanno subito. Poi si passa ai criminali, le facce, gli anni di galera previsti, l’attesa del giudizio. Tutto in una sequenza che sembra esaustiva e completa. Poi vedremo le condanne, la sentenza, l’appello, etc.
Questo ci basta? Ci basta questo per sentirci a posto come cittadini? Sembra di assistere ad un canovaccio uguale e distante da noi, anche se stiamo parlando di persone e gente che incontriamo ogni giorno. Mi chiedo: questa operazione di polizia e la sua divulgazione ci bastano per la nostra idea di comunità? Non c’è forse un tratto di vita tra carnefici e vittime che ci potrebbe interessare di più? La frattura al contratto sociale si ricompone da sola? Mi chiedo. Loro sono i cattivi, o quelli che hanno sbagliato – e si vede dalle facce – e noi siamo i buoni? È proprio così?
In realtà nelle strade e nelle piazze siamo lì, insieme, ognuno per la propria vita, ma tutti accanto l’uno all’altro. Questo tipo di notizie, che diventano solo cronaca, non sono fin troppo indifferenti alla vita di chi ha sbagliato e di chi ha subito il torto.
Come possiamo fare per capire ciò che potremmo fare in termini comunitari? Perché si continua a chiedere il pizzo e si continua a spacciare, nonostante le pene previste? Parlo ovviamente in termini generali e non su questo caso specifico.
Io penso che dove si commette un reato di questa portata, qualcosa non ha funzionato anche prima ed anche in tutti noi. In questa comunità di persone c’è stato un fallimento. Reati del genere coinvolgono molte più persone, atteggiamenti, comportamenti, amicizie, conoscenze. Un mare di persone. E molto tempo prima ha lasciato che le cose sfuggissero di mano. Reati del genere parlano di fallimenti educativi in primis, poi di tante altre cose. C’è il momento della condanna, dopo le indagini, ma il momento per comprendere come siamo arrivati, un’altra volta a queste situazioni quando? Quando comprenderemo di quali passaggi è fatto un percorso di comunità in questa direzione?
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Salvatore Bisicchia
25 Febbraio 2019 at 17:18
Non voglio e non so fare il professore….ma questa vicenda mi sembra lo specchio di una comunità in crisi culturale e sociale e lo si vede facendosi due passi(a piedi!)per il centro abitato ed anche nelle periferie,nelle stradine di campagna o nelle aree di parcheggio della superstrada. C’è bisogno di un collettivo esame di coscienza,anche fuori dalle chiese….