L'Intervista
Alfio Distefano e il seggio “scippato” «Ora c’è una sinistra da ricostruire»
«L’amarezza c’è, ma i consensi ottenuti non vanno dispersi, dobbiamo ripartire da quelli». Il primo dei non eletti della lista “SiAmo Biancavilla” annuncia adesso l’organizzazione di una «opposizione esterna».
di Vittorio Fiorenza
Uno “scippo”. Ma sono questi i freddi meccanismi della legge elettorale. Quello di Alfio Distefano, candidato nella lista “SiAmo Biancavilla” e primo dei non eletti, rappresenta il “caso” di queste Amministrative. L’exploit della coalizione di Antonio Bonanno e la conseguente ripartizione dei seggi, hanno portato in dote al neo sindaco non 10 ma 11 consiglieri. L’undicesimo (scattato a Rosita Zammataro, terza arrivata nella lista del primo cittadino) è stato strappato allo schieramento di Carmelo Mignemi, ai danni proprio di Distefano, lo stesso che cinque anni fa si era posizionato primo dei non eletti nella lista “Biancavilla nel cuore”. A lui –sostenuto dalla Cgil e dal gruppo più vicino a Giuseppe Glorioso– Biancavilla Oggi ha chiesto una breve analisi del momento politico.
Distefano come ha vissuto l’esito elettorale, per lei e per il suo schieramento?
Io sono contento del mio risultato personale e degli oltre 280 voti ottenuti. Scontento perché la nostra coalizione è stata perdente. O forse è meglio dire “non vincente”. La nostra è stata una “non vittoria”: abbiamo avuto parecchi voti disgiunti. Adesso bisogna fare una buona opposizione. Buon lavoro a Bonanno, ma staremo con i piedi per terra.
Il suo caso “personale” è stato motivo di amarezza, naturalmente: essere di nuovo primo dei non eletti, peraltro con un meccanismo “strano” della legge elettorale.
L’amarezza c’è, senz’altro. Ma mi sono posto un obiettivo: fare vera opposizione dall’esterno dell’istituzione consiliare, insieme a tantissimi amici che mi hanno sostenuto. Faremo una dura opposizione. Chiederemo aiuto anche a Biancavilla Oggi.
Ciò che rientrerà nei nostri doveri, lo faremo e daremo conto di fatti e azioni che abbiano un interesse pubblico e giornalistico.
Certo, l’opposizione esterna è possibile. Abbiamo bisogno di una buona amministrazione e questa è possibile se si farà una buona opposizione.
Cosa si aspetta, invece, dall’opposizione consiliare, cioè dai quattro vostri consiglieri eletti tra gli scranni della minoranza?
Mi auguro che loro saranno i veri garanti dei cittadini con una continua azione di controllo su ogni atto amministrativo. Un’opposizione costruttiva che deve aiutare l’amministrazione a lavorare bene perché Biancavilla ha bisogno di crescere.
È possibile, adesso, che si apra una fase di autocritica all’interno del vostro schieramento? Individuare gli errori e i responsabili?
Ma no, il risultato elettorale è stato talmente ampio nei confronti di Bonanno che fare autocritica non serve. Posso fare autocritica a livello personale, ma non a livello collettivo.
Il lavoro politico che dovrete fare nei prossimi cinque anni quale è?
Ricostruire.
Partendo da dove?
Partendo dagli oltre 3000 voti ottenuti da Mignemi. È questo il punto di partenza e non bisogna disperdere questi consensi.
L’elettorato di “sinistra” si è trovato una scheda elettorale con un’assenza di offerta politica. Massimo rispetto per la persona di Mignemi, ma non è stata percepita come una candidatura con una storia e un’identità di “sinistra”. Per l’elettorato “rosso” è stato uno choc. Lo si può ammettere, questo?
No, credo sia stata un’epidemia nazionale, regionale e adesso comunale, secondo me. Forse con un candidato “rosso” avremmo fatto peggio. Mignemi, anzi, è stato un valore aggiunto. Io e tante persone che siamo di sinistra ci siamo riconosciuti in lui e abbiamo creduto in lui.
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Cultura
Carmelo Bonanno: «Biancavilla e quel 2 giugno 1946, il ritorno alla democrazia»
L’autore di Nero su Bianco Edizioni:: «I valori dell’antifascismo e della libertà vanno difesi ogni giorno»
La caduta del fascismo, la fine della guerra, le macerie materiali e morali. Un paese da ricostruire. Biancavilla vive gli eventi con una partecipazione corale per ricostituire i partiti e svolgere le prime consultazioni elettorali, dopo la dittatura ventennale di Benito Mussolini. Carmelo Bonanno racconta gli eventi dell’immediato dopoguerra nel volume “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia”, pubblicato da Nero su Bianco Edizioni. Una ricerca ricca di testimonianze, che in quel 2 giugno 1946 vede la data cruciale per costruire un futuro carico di speranza, nel segno della libertà e del progresso.
Bonanno, quello è un giorno che ci restituisce la democrazia. Biancavilla come arrivò alle prime elezioni e al referendum del ‘46?
Biancavilla, a differenza dei comuni limitrofi, non conobbe la devastazione del suo territorio perché non subì i pesanti bombardamenti alleati di fine seconda guerra mondiale. Secondo i democristiani dell’epoca il merito fu di padre Antonino Arcidiacono e di altri due suoi amici carissimi che andarono a Piano Rinazze, dove erano stanziati gli Alleati, e mediarono con loro affinché Biancavilla fosse risparmiata. Secondo i comunisti del tempo, invece, furono i tedeschi che, notata la forte opposizione di Biancavilla, preferirono abbandonarla per evitare di rallentare la fuga dalle truppe alleate. Non sappiamo quale delle due versioni corrisponda a verità, magari in entrambe c’è del vero. Resta il fatto che Biancavilla arriva all’appuntamento elettorale in un quadro di maggiore “stabilità”.
Oggi ricorre anche l’anniversario del referendum istituzionale nel quale gli italiani si espressero a favore della Repubblica come forma di governo, anche se a Biancavilla – come in tutto il Mezzogiorno – la maggioranza scelse la Monarchia…
Sì, ma è anche vero che il risultato repubblicano a Biancavilla fu notevole perché la media siciliana di voti per la Repubblica era del 35% mentre a Biancavilla ottenne quasi il 49%.
Alle Amministrative dell’aprile 1946, a Biancavilla, la Democrazia Cristiana dominò conquistando 24 seggi su 30 in Consiglio Comunale ed eleggendo il farmacista Salvatore Uccellatore come sindaco, confermando poi il netto vantaggio sugli altri partiti anche alle elezioni dell’Assemblea Costituente del 2 giugno successivo. Biancavilla era (ed è) democristiana?
Sì, certo, Eccezion fatta per la parentesi comunista di Peppino Pace, la Dc seppe sempre rigenerarsi e governare, di fatto fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica.
Oltre a padre Arcidiacono e a Salvatore Uccellatore quali furono le altre personalità di spicco della Dc locale in quegli anni iniziali dell’Italia repubblicana?
Ebbero un ruolo importante Filippo Leocata, medico, e Alfio Minissale, ingegnere, impegnato nella formazione della classe dirigente giovanile dello Scudocrociato.
Che ruolo ebbero il clero e la Chiesa nel successo democristiano?
Un ruolo fondamentale. Esercitato anche attraverso la costituzione di iniziative associative quali quelle dell’Azione Cattolica, degli Uomini Cattolici e delle Donne Cattoliche. E di un comitato in cui ebbero un ruolo di prim’ordine padre Giosuè Calaciura e Salvatore Uccellatore, prodigatisi per venire incontro ai bisogni dei biancavillesi.
E le donne, appunto, che per la prima volta ebbero diritto di voto?
Le donne giocarono un ruolo importante già durante il periodo della guerra: diedero sostegno economico e sociale, anche tramite la Chiesa, ai bisognosi e alle vedove di guerra. La loro azione politica fu funzionale alle loro opere di carità e assistenza, poi ricambiate in voti per la Democrazia Cristiana. Fornirono spesso un contributo decisivo, convincendo le donne a votare Dc in contrapposizione al Pci.
La sinistra biancavillese, “minoritaria” ma comunque con un consenso significativo, percorse una strada ben più accidentata. Perché?
Perché, tra le altre cose, ci fu una “scissione” tra la corrente dibenedettiana e il resto del partito. E i comunisti, scomunicati, subirono una notevole pressione “interna” ed “esterna”. Lo stesso Di Benedetto, di professione riparatore e noleggiatore di biciclette e allora segretario della Camera del lavoro locale, fu accusato – secondo le testimonianze dell’epoca – di aver rubato parte degli pneumatici inviati dal sindacato provinciale. Pneumatici all’epoca utilizzati non solo per le bici ma anche e soprattutto per creare le suole delle scarpe. Da lì capì che era stato preso di mira e che fosse un capro espiatorio e si allontanò dal partito, che di fatto si “riunificò”.
La lotta di classe nel nostro territorio portò anche all’occupazione delle terre. Che risultati ottenne?
Contraddittori. Perché, a seguito dell’assegnazione seguita alla riforma agraria, alcuni ricevettero terre proficue e redditizie. Altri, terre aride e cretose.
Una Biancavilla a maggioranza democristiana ma geograficamente divisa tra il centro “biancofiore” e la periferia comunista. Guidata da personalità carismatiche. Persino con un primato: prima città italiana a rivoltarsi contro i fascisti nella sommossa del 23 dicembre 1923. Una memoria sconosciuta ai più, che oggi ignorano le radici storiche della ricostruzione democratica locale. Che lezione dovremmo trarne a quasi un secolo di distanza?
Non dobbiamo dimenticare da dove proveniamo. Dobbiamo conoscere il nostro passato. Siamo figli della nostra storia. E la storia ci insegna che ci sono dei valori condivisi – l’antifascismo, la libertà, la democrazia – che noi oggi diamo per scontati ma che non lo sono affatto. E la storia serve a ricordarci che queste conquiste vanno difese ogni giorno.
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