Cronaca
Per Ingrassia una settimana a casa, attesa la sentenza definitiva


di Vittorio Fiorenza
Una settimana da passare a casa del fratello. Enza Ingrassia, la donna che nell’agosto 2015 uccise a colpi di legno in testa il marito Alfio Longo, nella loro villetta di contrada “Crocifisso”, a Biancavilla, è stata autorizzata ad uscire dalla casa protetta di Mascalucia, in cui si trova ai domiciliari. Adesso è nell’abitazione del familiare e lì starà per i prossimi giorni. Stesso permesso le era stato concesso a Natale.
Il suo caso è in discussione alla Corte d’assise d’appello di Catania. È di martedì, l’ultima udienza, in attesa del verdetto finale sul delitto. Tragico epilogo di quarant’anni di matrimonio –è stato accertato– fatti di litigi e maltrattamenti.
La donna, in primo grado, con rito abbreviato, era stata condannata a 14 anni di carcere dal Gup Rosa Alba Recupido. Alla Prima sezione della Corte d’assise d’appello, presieduta da Rosario Cuteri, si discute ora il ricorso della difesa.
Agli atti c’è una richiesta di concordato (come previsto dalla recente riforma Orlando) tra la Procura generale (rappresentata da Angelo Busacca) ed il legale dell’imputata, l’avv. Pilar Castiglia, per una pena definitiva di 12 anni di reclusione, ma con la rinuncia dei motivi d’appello.
Nell’udienza di martedì (la Procura generale era rappresentata da Francesco Paolo Giordano), i legali di parte civile, gli avv. Vincenzo Nicolosi e Alfina D’Oca, che rappresentano alcuni parenti della vittima, si sono opposti al concordato e ribadito la sussistenza delle circostanti aggravanti nel delitto (a cominciare dalla premeditazione), che in primo grado erano state escluse. Prossima udienza il 29 maggio con la discussione della difesa.
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Cronaca
“Ambulanza della morte”, in Appello pena concordata a 13 anni per Scalisi
La sentenza riformula così la condanna a 30 anni, che era stata inflitta in primo grado con rito abbreviato


Pena ridotta in secondo grado per Agatino Scalisi, uno dei “barellieri” imputati nell’ambito dell’inchiesta “Ambulanza delle morte” a Biancavilla.
La Corte d’Assise d’Appello di Catania (presidente Stefania Scarlata) lo ha condannato a 13 anni, un mese e 10 giorni di reclusione. È stata così riformata la sentenza di primo grado, che con rito abbreviato, aveva condannato l’imputato a 30 anni di carcere.
In Appello, con un concordato, esclusa l’aggravante del “mezzo insidioso” e riconosciute le attenuante generiche prevalenti sulle aggravanti.
Scalisi, assistito dall’avv. Antonino Tomaselli, era stato indagato dal pm Andrea Bonomo della Procura di Catania – dopo il clamore del servizio de Le Iene con le rivelazioni di Luca Arena – assieme a Davide Garofalo, condannato all’ergastolo in primo e secondo grado, con rito ordinario. Per quest’ultimo procedimento, seguito dall’avv. Turi Liotta, si attende il pronunciamento della Cassazione.
Entrambi gli imputati avrebbero agito – secondo l’accusa – con un’iniezione di aria in vena, uccidendo pazienti terminali appena dimessi dagli ospedali di Biancavilla e Paternò, nel breve tragitto verso casa. Un’azione volta ad accaparrarsi 200-300 euro come “provvigione” sui funerali con il placet di esponenti mafiosi.
Scalisi è stato accusato della morte di una paziente, Maria Giardina. A Garofalo vengono attribuiti i decessi di tre persone: Salvatore Gagliano, Agatina Triscari e Salvatore Cadile. Le vittime sono tutte di Biancavilla.
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