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Onestà e rispetto a Biancavilla possano trionfare in questo 2018

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Buon anno. Se posso permettermi di porgere gli auguri ai miei concittadini in questo inizio d’anno, più o meno così li esternerei:

Auguro intanto che tutti noi possiamo scoprire il significato profondo di “onestà”. Questa parola, ahimè, tanto abusata, s’accompagna con altre sue “sorelle”: libertà, legalità, umiltà ed altre ancora. Il significato di tali termini è cresciuto in secoli di storia pieni di eventi spesso drammatici e ora stanno alla base del cosiddetto “orizzonte valoriale” di ognuno. Per me essere onesto significa essere coerente con i suddetti valori in ogni attimo dell’esistenza, avendo dunque rispetto degli altri e di me stesso. Succede, ecco l’inghippo, che il rispetto noi lo pretendiamo ma siamo però avari quando tocca a noi concederlo. Lo esigiamo, infatti, dai nostri pari, dai famigliri, dagli apolidi immigrati e dai tanti disperati e da chi rappresenta l’autorità, da chi cioè s’è assunto la responsabilità di organizzare la vita della comunità sociale.

Allora se non siamo pronti ancora ad esser generosi, auguri perché il 2018 sia un anno in cui l’onestà trionfi a Biancavilla e tutti dunque portino rispetto nella reciprocità.

Auguro a me stesso d’aver rispetto per gli invalidi e dunque ch’io possa sentire ch’è spregevole mettere l’auto negli spazi ad essi riservati, impedendo l’accessibilità a luoghi pubblici o privati. I marciapiedi sono nati per far sì che i pedoni possano marciare; camminare cioè, senza incontrare ostacoli, auto e moto posteggiate, anzi ben accomodate.

Auguro a me stesso e a tutti d’essere onesto con la mia città e dunque avrò rispetto d’ogni via, vicolo, angolo, d’ogni mattonella e anche delle strade di campagna o di periferia e non le sporcherò con sacchetti della mia immondizia (termine che viene da immondo che vuol dire sporco, lercio, untuoso, fetido, orrido); e anche se non visto, non sputerò per terra, sul pubblico selciato il muco giallastro dei recessi profondi dei miei bronchi influenzati che costringe il piede distratto a portare a casa nidi di germi e di lordure. E auguro poi ai miei concittadini animalisti che portano in quelle stesse strade i loro cani, di portare rispetto per la pubblica igiene e pulizia: se il cane è di loro proprietà anche la cacca è cosa loro ed è giusto raccoglierla; non è educato sporcare, anzi insozzare, le vie centrali e di periferia. Auguro perciò ai miei concittadini, quando marciano per via, di poter alzare la testa finalmente, guardando in alto, rilassati, non costretti agli slalom tra una merda e una sgracchiata catarrosa.

Auguro poi a me stesso d’essere onesto con la casa mia più vasta, quella che molti, con disprezzo, chiamano “palazzo”, lì dove s’amministra l’Ente comunale, regionale o nazionale. Dovremmo aver rispetto per tutte le regole sociali che i nostri governanti han deciso d’adottare in fatto di salute, assistenza, sicurezza, istruzione, fatti culturali, viabilità, quiete e pulizia. Dovremmo pretendere che si rispettino le regole e che le tasse fossero da tutti pagate finalmente, perché non è giusto evaderle e pretendere i servizi che altri pagheranno.

Rispetto vi auguro, miei concittadini, da portare a chi è più debole: agli anziani, che non siano solo un peso o una zavorra o solo un assegno circolare da intascare il primo d’ogni mese; agli ammalati poi che possano star tranquilli a casa, all’ospedale e ove occorresse… pure in ambulanza.

Sì, che regni l’onestà in questa nostra avita cittadina: che s’abbia cioè rispetto per chi lavora, per chi spera con il lavoro d’avere dignità e quindi una famiglia, una casa, una speranza; un lavoro in armonia con le leggi dello Stato, garante dei diritti e dei doveri, dei padroni e dei lavoratori. E se proprio non riesco a dare la paga sindacale all’operaio vuol dire che rinuncerò a fare l’impresario, perché è un peccato fare soldi a danno dei più deboli e indifesi. Anche se son venuti dal Marocco o dalla Romania, sono uomini e hanno una famiglia, anche loro meritano rispetto.

Anche ai preti, poi, sommessamente, voglio fare un augurio: che possano vedere Cristo in chi ha fame ed è lontano dalla terra dov’è nato; che possano investire in Cielo le risorse che arrivano dai fedeli, o dagli Enti preposti a conceder sovvenzioni; che facciano meno processioni e spari e luminarie e ricordino ai credenti e a loro stessi d’attenersi alle opere di misericordia e all’Amore che passa attraverso compassione e carità. Dice Matteo (25, 34-36) infatti: “venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per noi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito”. Auguri e un anno sereno e gioioso a tutti i Biancavillesi.

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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

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