Cronaca
Almeno in tre uccisi in ambulanza: presunto barelliere della morte

Sono state esaminate cinquanta cartelle cliniche. Su una decina sono stati riscontrati indizi e su tre casi (un uomo classe 1960 e due anziani, tra cui una donna) ci sarebbero le prove dell’atroce attività dell’«ambulanza della morte». Durante il trasporto di malati terminali dall’ospedale di Biancavilla alle loro abitazioni, con un’ambulanza privata, una mano criminale avrebbe iniettato dell’aria nelle vene del paziente, fino a provocarne l’arresto cardiaco. In tal modo, ci si accaparrava un funerale da proporre all’agenzia funebre “amica” (sono due le imprese che figurano nelle carte dell’inchiesta) con una “provvigione” di 300 euro. Sì, 300 euro per fare morire un malato.
Adesso è stato arrestato un barelliere, Davide Garofalo, 42enne di Adrano, vicino al clan, che deve rispondere di omicidio volontario ai danni di tre persone. Crimini che sarebbero stati commessi con l’aggravante di avere agevolato personaggi del clan di Biancavilla e quello dei “Santangelo” di Adrano. All’indagato è stata inoltre contestata l’aggravante di aver agito con crudeltà verso le persone, di aver profittato delle circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa ed infine di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera.
Ma ci sono altri indagati, quindi le indagini non sono chiuse e potrebbero rivelare altri dettagli. Il caso era stato sollevato dalla trasmissione “Le Iene” e l’apertura di un fascicolo della Procura di Catania con l’acquisizione di una cinquantina di cartelle cliniche dell’ospedale era stato anticipato da Biancavilla Oggi.
Secondo quanto ricostruito sulla base delle dichiarazioni di testimoni e dei parenti delle vittime, i malati sono stati uccisi durante il trasporto con ambulanza privata dall’Ospedale (in prevalenza di Biancavilla) alla loro abitazione da Garofalo, presente sull’ambulanza quale addetto ai trasporti, il quale iniettava aria nelle vene delle vittime, cagionandone la morte per embolia gassosa.
Le condotte delittuose, iniziate nel 2012, venivano poste in essere all’insaputa del personale sanitario. Successivamente, al momento della consegna della salma ai familiari, veniva riferito falsamente che il decesso era avvenuto per cause naturali nel corso del trasporto. Attraverso tale condotta gli ambulanzieri incrementavano il loro guadagno, svolgendo altresì il servizio di trasporto e di vestizione dei defunti e percependo un importo di circa 200-300 euro.
Nel corso delle indagini, i militari operanti hanno acquisito numerose cartelle cliniche di pazienti morti dopo le dimissioni dall’ospedale e contemporaneamente hanno sentito numerosi testimoni e parenti delle vittime. Dalle indagini è apparsa evidente l’ampiezza e la gravità del fenomeno, che ha consentito sinora di accertare compiutamente tre episodi. Le indagini proseguono per chiarire i contorni di ulteriori vicende del medesimo tenore.
L’indagine in questione, convenzionalmente denominata “Ambulanza della Morte”, costituisce la naturale prosecuzione della serrata attività intrapresa dalla Procura Distrettuale di Catania e dai Carabinieri della Compagnia di Paternò nel territorio del comune di Biancavilla ad un anno esatto dall’operazione “Onda d’urto” e a nove mesi dall’operazione “Reset”.
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Cronaca
Aggredisce e minaccia la madre: «Ora t’ammazzo», arrestato un 35enne
Intervento dei carabinieri, a seguito di un’accorata richiesta di aiuto di una donna maltrattata

La telefonata ai carabinieri è arrivata da una casalinga 63enne. Un’accorata richiesta di aiuto. Ancora una volta, la donna era stata picchiata dal figlio, che pretendeva denaro per l’acquisto di alcol, droga o giocare ai video poker. Immediato l’intervento dei militari: arrestato un 35enne per maltrattamenti contro familiari ed estorsione.
Appena arrivati nell’abitazione, i carabinieri hanno trovato la donna attorniata dai familiari, marito e tre figli, tra cui il 35enne. La donna, che sin dà subito è apparsa emotivamente provata, pur non volendo affidarsi alle cure dei sanitari, nonostante mostrasse i segni delle percosse, soprattutto sulle braccia e sul collo, ha comunque deciso di confidarsi con i militari, raccontando quanto appena accaduto.
Dalla ricostruzione dei fatti, è quindi emerso come il figlio avrebbe da lei preteso l’ennesima somma di denaro, questa volta di 30 euro, che sarebbe riuscito ad ottenere solo dopo averla aggredita. In quel frangente, provvidenziale sarebbe stato l’intervento del padre 70enne, che in difesa della moglie, sarebbe intervenuto bloccando l’uomo.
Il 35enne, a quel punto, soddisfatto, dopo essere uscito per alcune ore, sarebbe rincasato solo in serata, completamente ubriaco, dando il via ad un nuovo litigio. Dopo aver fatto cadere una bottiglia di birra sul pavimento, si sarebbe infatti nuovamente scagliato contro la povera madre, dandole la colpa dell’accaduto. La reazione dell’uomo sarebbe stata minacciosa: «Colpa tua se la birra mi è caduta a terra, ora t’ammazzo». E poi si sarebbe scagliato contro una porta, danneggiandola insieme ad altre suppellettili.
Effettivamente, anche alla presenza dei militari, il 35enne non si è calmato, proseguendo anzi con le minacce alla madre: «Appena torno (dal carcere) t’ammazzo».
La donna aveva già presentato una denuncia nei confronti del figlio per analoghi fatti. Motivo per cui, i carabinieri hanno stavolta arrestato il 35enne, trasferendolo nel carcere di piazza Lanza, a Catania.
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