Detto tra blog
Da Biancavilla lettera a Mattarella per quelle ragazze massacrate nel 1945

Biancavilla, 25 aprile 2017
Caro Presidente,
anche quest’anno, il 72° della Liberazione, Ella compirà un doveroso pellegrinaggio ai luoghi, dove caddero i combattenti della resistenza antifascista, cosa meritoria e doverosa che condivido in pieno. Ciò detto mi permetto rispettosamente di ricordarLe due cose e, altrettanta rispettosamente, di suggerirLe qualche altra tappa per i Suoi possibili pellegrinaggi. Tempo addietro mi colpì una lettera, pubblicata su un quotidiano, dal generale Arturo Lauchard (cognome francese, generale italianissimo), che rivolgendosi ad un Suo Illustre Predecessore (Oscar Luigi Scalfaro) si rammaricava perché in un suo viaggio in India si era ben guardato «dal portare il suo saluto e quello della Patria –scriveva il generale– agli oltre 600 soldati italiani rimasti per sempre in quel paese straniero, dove erano finiti in prigionia».
E già, sarebbe stato un bel gesto da parte del Suo Illustre Predecessore. Come non sarebbe stato male, tanti anni fa, se un altro Suo Illustre Predecessore, fanatico della Spagna, “amico del Re”, come si definiva con orgoglio (parlo di Sandro Pertini), in uno dei suoi viaggi nella penisola iberica si fosse ricordato di portare un salutino ai 4000 italiani che dormono il sonno eterno nell’Ossario di Saragozza, fascisti ed antifascisti sepolti assieme perché così ordinò il capo del governo del tempo, Mussolini, con telegramma alle autorità diplomatiche nel quale poteva leggersi: «Sono tutti italiani, seppelliteli assieme, onorateli assieme».
Passo ora a suggerirLe alcune possibili tappe per le Sue prossime visite. Le tappe potrebbero essere, per esempio, Biella, Cesena, l’Hotel San Carlo di Arona, il Santuario di Graglia, in Piemonte, Cologna Veneta, paesino su un fiume in provincia di Verona, Casalpusterlengo, ed eventualmente Buglio in Monte, provincia di Sondrio.
Le propongo queste tappe, ma potrei suggerirgliene decine di altre. Sono i luoghi dove trovarono la morte, disarmate dopo essersi arrese ai partigiani, le Ausiliare di cui mi permetto riassumerLe qui le povere storie.
A Biella il 30 aprile 1945, furono catturate, dai partigiani del comunista Moranino, nove ausiliarie in fuga con una colonna di soldati provenienti da Cuneo. Tra le nove ragazze c’erano Marcella Betacchi e Jolanda Spitz, entrambe diciassettenni, entrambe molto religiose. Interrogate le sette Ausiliare, ascoltando il suggerimento dei propri ufficiali, dichiararono di essere prostitute che hanno lasciato la casa di tolleranza di Cuneo per seguire i soldati. Ma Marcella e Jolanda non accettano e si dichiarano con fierezza Ausiliare della Rsi. I partigiani tentano allora di violentarle ma Marcella e Jolanda resistono con le unghie e con i denti. Costrette con la forza più brutale, vengono violentare numerose volte. In fin di vita chiedono un prete. Il prete viene chiamato, ma gli è impedito di avvicinarsi alle ragazze. Morirono sfigurate di botte da quelle belve. Era il 3 maggio 1945.
Seconda tappa del Suo viaggio immaginario: Cesena. Qui Jolanda Crivelli, Ausiliaria, vedova ventenne di un ufficiale repubblicano, fu costretta a denudarsi e fucilata sulla piazza principale della città, dopo essere stata legata ad un albero, ove il cadavere rimase esposto per due giorni e due notti.
Terza possibile tappa, l’Hotel San Carlo di Arona. Qui furono portate dai partigiani le Ausiliare Jole Genisi e Lidia Rovilda, in servizio presso la Guardia Nazionale Repubblicana di Novara (la città dell’ex presidente Scalfaro per intenderci). Essendosi rifiutate di rivelare dove si fosse nascosta la loro comandante provinciale, furono torturate con degli spilloni e ripetutamente violentate prima di essere finite il 4 maggio 1945.
Quarta auspicabile tappa, il Santuario di Graglia. Qui due Ausiliare, Itala Giraldi e Lucia Rocchetti, aggregate a un reparto arresosi dopo aver avuto dai partigiani la garanzia del rispetto delle regole sulla prigionia di guerra, furono trucidate il 2 maggio 1945 assieme ad oltre trenta allievi ufficiali, con le mogli di due di essi ed il loro comandante maggiore Galamini.
Il Suo edificante pellegrinaggio potrebbe poi continuare toccando Cologna Veneta, dove Luciana Minardi, di sedici anni, assegnata al battaglione “Colleoni” della divisione “San Marco” come addetta al telefono da campo e al cifrario, e ricevuto l’ordine di indossare vestiti borghesi e di mettersi in salvo, tornando dai genitori, così aveva fatto. Senonché, a metà maggio, a bocce ferme, chi ti arriva in paese? Un gruppo di partigiani comunisti. Informati, non si sa da chi, che quella ragazzina era stata un’Ausiliaria della Rsi, la prelevano, la portano sull’argine del torrente Guà e, dopo una serie di violenze sessuali, la massacrano. “Adesso chiama la mamma porca fascista”, le grida un partigiano mentre la uccide con una raffica di mitra.
Ancora una tappa? Ma sì, un piccolo sforzo, Casalpusterlengo, è anche una graziosa cittadina. Qui un bel giorno di maggio arrivano, su un autocarro di partigiani, otto Ausiliare prelevate all’ospedale di Piacenza, dove curavano i soldati feriti. Lavoravano in un ospedale? Siano dunque messe contro il muro dell’ospedale, per essere fucilate, decide il “comandante”. Segue una scena spaventosa. Una di esse Adele Buzzoni, supplica che salvino la sorella Maria, unico sostegno per la madre cieca. Un partigiano pietoso (sì che anche tra i partigiani c’erano i partigiani pietosi) afferra per un braccio la Maria e la allontana dal gruppo. Ma, partita la scarica, Maria, vedendo cadere la sorella, lancia un urlo, in seguito al quale viene falciata dal mitra di un altro partigiano.
Una Sua ultima tappa, caro Presidente, potrebbe essere Buglio in Monte (Sondrio), dove il 6 maggio 1945, fu assassinata dai partigiani comunisti l’Ausiliaria Angela Maria Tam, terziaria francescana, dopo aver subito l’inevitabile e sacramentale violenza carnale.
Per le altre eventuali, sempre possibili, quantunque improbabili tappe, la rimando al libro di Luciano Garibaldi “Le soldatesse di Mussolini”, edizioni Mursia. A Lei, caro presidente e ai suoi ultimi predecessori (primo tra tutti l’ineguagliabile Scarlfaro, autentico padre della “…pav condicio” ), piace la par condicio. Espressione latina, mutuata dal diritto fallimentare, che parla di “par condicio creditorum”. Perché, nel frattempo, non fare un piccolo sforzo per attuare la “par condicio mortuorum”? Accetti i deferenti sensi della mia stima.
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Distacchi elettrici e bassa tensione, disagi continui (anche senza temporali)
Biancavilla all’anno zero per infrastrutture: cabine e rete inadeguate provocano ripetuti disservizi


Partiamo da un fatto: non c’è né un uragano né un cataclisma. Nemmeno un temporale. Non si capisce, dunque, per quale motivo, anche quando splende il Sole, debbano esserci distacchi di energia elettrica o “sfarfallii” da bassa tensione. Con la conseguenza che elettrodomestici e apparecchiature attaccate alla rete elettrica vadano continuamente in tilt. Capita spesso. poi. che in coincidenza di black out, i tempi di ripristino del disservizio debbano misurarsi in ore.
È quello che accade in continuazione a Biancavilla, Bastano banali acquazzoni, a volte senza nessuna goccia piovana, e l’erogazione elettrica viene a mancare. Non è concepibile una cosa del genere. Che un guasto possa capitare, fa parte delle statistiche. Che questo determini disservizi, ci sta. Ciò che non può essere tollerato è l’inefficienza nel ripristino del servizio con tempi lunghi o i ripetuti sbalzi di tensione.
Tutto questo evidenzia – ecco il punto cruciale – infrastrutture obsolete e carenza di personale adeguato alle esigenze di una società che dipende ormai dall’elettricità e dalle reti di comunicazioni. Invece, quasi sempre in coincidenza di una mancanza di elettricità si associa pure il tilt del segnale telefonico, sia VoIP che mobile. È evidente che il sistema sia altamente fragile e vulnerabile.
Basta dare uno sguardo verso l’alto per accorgersi che certi cavi elettrici presenti a Biancavilla risalgono a 50 anni fa. Mancano veri investimenti nel nostro territorio e mi chiedo se, dalla valanga di risorse del Pnrr, vi siano progetti e interventi in questa direzione. Anziché promuovere battaglie contro i mulini a vento (leggasi, per esempio, antenne 5G), la politica pretenda e si impegni in una radicale modernizzazione infrastrutturale del nostro territorio. Il sindaco Antonio Bonanno alzi la voce nei confronti di Enel Distribuzione. Un’intera comunità non può subire in continuazione dopo qualche lampo e ad ogni tuono o, peggio ancora, con il cielo limpido e il Sole splendente.
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I carri “riciclati” e l’inutile classifica: appunti sul Carnevale di Biancavilla
Un evento di successo, ma ci sono aspetti da correggere: il montepremi si divida in parti uguali


Il Carnevale di Biancavilla è un evento riuscito. Un successo consolidato. Va dato atto all’attuale amministrazione comunale che ha resuscitato e salvato un’occasione capace di animare un’intera comunità. Protagonisti indiscussi sono i carristi, che – al di là delle qualità artigianali – offrono aggregazione e socialità. A loro va dato il merito principale. Sono loro il vero motore.
Detto questo, a margine di un Carnevale 2025 ormai archiviato, accogliamo la sollecitazione di tanti biancavillesi ad evidenziare una serie di osservazioni critiche, che qui di seguito sintetizziamo, con l’intento di correggere e migliorare l’organizzazione di una manifestazione particolarmente amata e attesa.
Carri comprati e “riciclati”
Non tutti lo sanno, ma i carri di Biancavilla non sono sempre realizzati di sana pianta. È prassi comprarli da altri paesi (sì, c’è un vero e proprio mercato) e “riciclarli”. Si acquistano per intero o solo alcune parti. Insomma, si assemblano dei pezzi, magari riverniciandoli o sottoponendoli ad un ritocco di colori. Altri utilizzano delle basi già pronte. Non essendoci un regolamento che ne impedisca la partecipazione, non è vietato. Ne consegue, quindi, che a Biancavilla (a parte alcune eccezioni) non ci sono artigiani di “carri allegorici” ma assemblatori. È uno scandalo? No, però tutto questo ha delle implicazioni pratiche e logiche.
Classifica e giuria da abolire
Che senso ha, dunque, un concorso che preveda una classifica e una giuria che, per stilarla, debba fare delle valutazioni. Per inciso: i giurati dovrebbero avere competenze, esperienze, titoli e curriculum per emettere un verdetto, credibile e imparziale. Li posseggono? Chiusa parentesi.
Dicevamo della classifica. A parte gli “ex aequo” dal sapore democristiano, di fronte a carri assemblati, parzialmente raffazzonati o creati di sana pianta a Biancavilla, come ci si comporta? Come si fa a giudicare “originale” un carro che in realtà negli anni precedenti è già apparso ad Acireale o a Sciacca? E come è possibile che un manufatto effettivamente originale non venga apprezzato, valorizzato e premiato come tale?
Montepremi in parti uguali
Il problema è facilmente risolvibile: si abolisca la classifica, si evitino i giurati e si preveda un budget complessivo, dividendolo in parti uguali a tutti i carristi. Anzi, diciamo di più: il montepremi venga raddoppiato o si porti a 100mila euro. Sarebbe un formidabile incentivo a realizzare (o assemblare, poco importa a quel punto) carri di maggiore qualità e con più spettacolari effetti speciali.
La politica stia alla larga
Un’ultima osservazione: si faccia un regolamento chiaro. E magari si specifichi un elemento di buon senso che evidentemente, a Biancavilla, è necessario codificare. La politica stia alla larga dai carri. Vedere politici indaffarati attivamente nella partecipazione ai vari gruppi di carristi è cosa inopportuna (per usare un eufemismo), visto che i gruppi beneficiano poi di soldi comunali. L’etica pubblica è materia seria: non può svanire come un pugno di coriandoli in faccia. Il sindaco Antonio Bonanno e il suo staff organizzativo appuntino tutte queste osservazioni: ne facciano tesoro per il prossimo anno.
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